Ponte Galeria, un inferno inutile per gli immigrati
Furio Colombo
Tutto è folle qui, dalla violazione dei più elementari diritti garantiti dai trattati che l’Italia ha firmato, allo sfregio della nostra Costituzione.
Una ragione grave ha indotto un gruppo di senatori e deputati (tutti di opposizione) ad andare a Ponte Galeria, il cosiddetto Centro di Identificazione e di espulsione di Roma, ovvero la prigione di immigrati e profughi catturati a caso, rinchiusi a caso, detenuti senza spiegazioni, senza ragioni e senza capire. Lo stesso giorno, il 25 luglio, altri deputati e altri senatori si sono presentati ai Cie in tutta Italia. È accaduto che il governo Bossi-Maroni (al momento ancora formalmente presieduto da Berlusconi) abbia appena stabilito, in modo del tutto arbitrario e mentre tutto accade, nel mondo e in Italia, tranne che un’emergenza immigrati, che la detenzione cieca, che era di sei mesi, sia adesso improvvisamente diventata una detenzione cieca di un anno e mezzo.
Ho scritto “cieca” perché niente è chiaro o spiegato o documentato in questa brutta storia. Per essere sicuro che resti cieca, il governo Bossi-Maroni ha deciso, contro la Costituzione, di vietare l’ingresso ai giornalisti, impedendo dunque qualunque informazione per i cittadini e per l’opinione pubblica internazionale. Il 25 luglio a Roma c’erano il presidente dell’Ordine dei giornalisti, C’era il segretario della Federazione della stampa. C’erano televisioni e decine di colleghi giornalisti. Dal tetto di uno degli edifici-prigione alcuni detenuti ribelli chiedevano di incontrare i giornalisti e di parlare. Per la stampa non è entrato nessuno.
E purtroppo nessun giornale o Tv (breve eccezione, il Tg3) ha condiviso la protesta o almeno dato spazio a questa notizia non insignificante. Siamo entrati noi, i deputati e senatori, e abbiamo incontrato gente disperata in un carcere costruito con mura altissime, sbarre da massima sicurezza, impianti da grave e pericolosa emergenza. Intorno, con la funzione umiliante dei carcerieri, soldati italiani in divisa da guerra, con l’identificazione tricolore sul braccio, qualcosa che i prigionieri, che sono tutti giovani e prima o poi ritorneranno nel mondo, non dimenticheranno. Dentro funzionari e agenti di polizia, prigionieri a loro volta di una folle invenzione, a cui è stato imposto, nonostante la ben diversa professionalità di fare i sorveglianti, di qua dalle sbarre altissime, che tengono a bada prigionieri che non hanno commesso alcun reato.
Tutto è folle qui, dalla violazione dei più elementari diritti garantiti dai trattati che l’Italia ha firmato, allo sfregio della nostra Costituzione. Tutto, tranne il dolore e il senso di assurdo che viene dal non sapere il perché (l’arresto) e quando (la liberazione). Le mani si protendevano dietro le sbarre e noi le abbiamo strette facendo promesse che, da minoranza nelle Camere, non potremo mantenere.
Due cose però accadranno. I giornalisti non smetteranno di rivendicare il loro diritto (e avranno tutto il nostro sostegno e il sostegno di molti cittadini). E costituiremo, sul modello proposto dai Radicali, un gruppo di giuristi e avvocati per affrontare questo grave problema legale e morale che infetta e degrada la vita italiana.
Fonte:Il Fatto Quotidiano
27 luglio 2011