Piombo Fuso. l’Idf non è responsabile
Giorgia Grifoni - nena-news.globalist.it
E’ stata archiviata per “inconsistenza di accuse” l’indagine interna all’esercito israeliano per l’attacco missilistico, il 5 gennaio 2009, alla casa della famiglia al-Samouni in cui persero la vita 21 civili. L’ennesima assoluzione di Israele per un conflitto che ha provocato 1400 morti in 22 giorni.
I soldati israeliani non sono responsabili per la morte dei 21 civili palestinesi nel bombardamento della casa nella quale si erano rifugiati durante l’operazione Piombo Fuso contro la Striscia di Gaza, nel gennaio 2009. A stabilirlo è un’inchiesta interna delle Forze di sicurezza israeliane (Idf), conclusa martedì scorso dopo che il procuratore militare, il generale di brigata Dani Efron, ha dichiarato che “dalle indagini è emerso che le accuse sono inconsistenti. Nessuno dei soldati e degli ufficiali coinvolti ha agito in maniera negligente”. Secondo il maggiore Dorit Tuval, procuratore militare aggiunto per le questioni operative, “nell’uccisione dei civili i soldati non hanno agito per volontà o conoscenza, e nemmeno con fretta o negligenza”. Semplicemente, un missile ha colpito un’abitazione a caso.
LA VICENDA. Amira Hass, sul quotidiano Haaretz, racconta invece un’altra versione dei fatti. Il 4 gennaio 2009, un giorno prima del massacro, i comandanti della brigata Givati avrebbero ordinato a decine di membri della famiglia al-Samouni, nascosti in un edificio di tre piani, di trasferirsi in un’abitazione più piccola al lato opposto della strada di proprietà di Wa’el al-Samouni. I soldati avevano visto numerose donne, bambini, anziani e uomini disarmati spostarsi nell’altra casa. Alcuni uomini erano persino usciti, la mattina del 5 gennaio, per cercare un po’ di legna per il tè. Loro stessi hanno raccontato quanto si sentissero sicuri per la vicinanza dell’esercito e per il fatto che proprio i soldati li avessero raggruppati in quella casa. Secondo le testimonianze di ex-militari raccolte da Haaretz e dal gruppo Breaking the Silence, il comandante della brigata Givati Ilan Malka avrebbe poi concluso – grazie ad alcune immagini ad infrarossi – che nell’abitazione si trovavano uomini palestinesi armati. Avrebbe quindi ordinato un attacco missilistico aereo sulla casa. Il bilancio è stato di 21 morti e 40 feriti.
IL RAPPORTO GOLDSTONE. Secondo il legale del movimento per i diritti umani B’tselem, Yael Stein, “le modalità con cui l’esercito si libera da ogni responsabilità su questo caso mostra nuovamente il bisogno di un corpo investigativo esterno all’Idf”. Eppure di inchieste esterne sull’attacco israeliano a Gaza nei mesi di dicembre 2008 e gennaio 2009 ce ne sono state. Nell’aprile del 2009, ad esempio, l’Onu affidava a Richard Goldstone, ex-procuratore del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia e per il Ruanda, l’incarico di indagare su tutte le violazioni dei diritti umani compiute durante il conflitto. Il rapporto, 575 pagine diffuse il 15 settembre 2009, accusava sia le Forze di difesa israeliane che i combattenti palestinesi di gravi violazioni di diritti umani, di cui alcuni possibili crimini contro l’umanità. Contestato sia da Israele che dai Palestinesi come “di parte”, il documento è stato approvato un mese dopo dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.
IL RAPPORTO MCGOWAN-DAVIS. Nel 2011, però, Goldstone ritratta il suo rapporto in un’intervista al Washington Post, scagionando Israele dall’accusa di aver colpito volutamente civili palestinesi. Il motivo? Qualche mese prima era stato diffuso il rapporto su un’inchiesta guidata dall’ex-giudice di New York Mary McGowan Davis, sempre per conto dell’Onu. Nel documento si legge che “Israele ha dedicato risorse significative per indagare su oltre 400 accuse riguardo le operazioni militari”, mentre Hamas non ha condotto neanche un’indagine sui lanci di missili verso la città di Sderot. Nel rapporto si giunge altresì alla conclusione che gli attacchi palestinesi siano mirati a obiettivi civili, mentre nel caso dei pesanti bombardamenti israeliani – tra i quali quelli al fosforo bianco – i civili “non furono colpiti per scelta”. Proprio quello che è accaduto alla famiglia al-Samouni: come spiega Goldstone nella stessa intervista “il bombardamento della loro casa fu la conseguenza dell’errata interpretazione dell’immagine di un drone da parte di un comandante” e che adesso “un ufficiale è sotto inchiesta per aver ordinato quell’attacco”.
ALTRE INDAGINI E WIKILEAKS. Goldstone e McGowan-Davis non sono state le uniche inchieste condotte sull’accaduto. Un mese dopo il cessate il fuoco, l’ufficio del procuratore generale di Ankara aveva cominciato a investigare sui crimini commessi a Gaza dopo che un’organizzazione islamica per i diritti umani aveva presentato un reclamo. Nello stesso periodo, un giudice spagnolo aveva avviato un’inchiesta sull’operato di sette ufficiali israeliani per l’omicidio mirato di esponente di Hamas nel 2002, che aveva ucciso anche 14 civili tra i quali sette bambini. Con una risoluzione – sulla base del rapporto Goldstone – del novembre 2009, il Consiglio di Sicurezza aveva ordinato a Israele e all’Autorità Palestinese di condurre delle proprie indagini per le accuse di crimini contro l’umanità. Nel febbraio 2010 il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon le aveva dichiarate “poco indipendenti, credibili e conformi agli standard internazionali”. Nell’aprile del 2011, invece, la rivista Foreign Policy aveva citato alcuni cablogrammi esclusivi di Wikileaks in cui l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu Susan Rice faceva pressioni sul segretario generale Ban Ki-Moon perché ritrattasse le sue raccomandazioni per un’indagine più approfondita sugli attacchi agli edifici dell’Onu a Gaza. Secondo Wikileaks, Ban Ki-Moon avrebbe rassicurato la Rice confermandole che stava lavorando assieme alla delegazione israeliana e dicendole che sarebbe rimasta soddisfatta del risultato ottenuto.
In un’altra rivelazione si legge che gli Stati Uniti e Israele avrebbero fatto pressioni anche sul Consiglio per i Diritti Umani, che poi avrebbe appuntato Goldstone per l’inchiesta su Gaza. Una schiera di indagini inutili, vista la decisione di qualche mese fa della Corte Penale Internazionale di non procedere alle accuse alle autorità israeliane di crimini contro l’umanità, in quanto la Palestina, e quindi Gaza, “non esiste”.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
3 Maggio 2012