"Piombo fuso" e la politica assente


Santo Della Volpe - articolo21.org


Nel caso dell’operazione "piombo fuso" in atto a Gaza, la guerra è diventata lo sbocco dell’impossibilità di una qualsiasi forma di risoluzione politica e di convivenza mai neanche cercata o tentata.


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"Piombo fuso" e la politica assente

La guerra, da sempre, è la prosecuzione  della politica, o meglio è l’assenza della politica, quando cioè le parti non riescono a trovare con la diplomazia, la forza e le sponde giuste per convivere. Ma nel caso dell’operazione “piombo fuso” in atto a Gaza, la guerra è diventata lo sbocco dell’impossibilità di una qualsiasi forma di risoluzione politica e di convivenza mai neanche  cercata o tentata. La guerra  e l’attacco israeliano hanno semplicemente coperto un buco nero nel quale si agitavano da mesi forze contrapposte,dentro il mondo israeliano ed il mondo arabo-palestinese. E per questo questa guerra è sicuramente tra le più difficili ma anche tra le più brutte che si  siano sinora viste. Non solo perchè,in quella zona ,che è tra le più densamente popolate del mondo, ogni tipo di attacco, aereo o  terrestre, coinvolge necessariamente la popolazione civile, donne,bambini e uomini già provati dal solo fatto di vivere in povertà sin dalla nascita …Ma anche perché la guerra di oggi sancisce il fallimento di ogni  possibile via di accordo con Hamas e forse anche con AL Fatah, cioè con il mondo palestinese.
La tregua di 6 mesi tra Hamas ed Israele si è consumata senza che Hamas  abbia mai cercato un accordo con Israele. Ed il governo di Olmert, ora dimissionario, non ha mai  tentato un dialogo con Hamas, preferendo alla politica le frontiere chiuse, le sanzioni economiche ed anche il taglio delle forniture elettriche. Perché per parlarsi, le due parti  dovevano almeno riconoscere la reciproca esistenza, almeno sulla carta geografica. Hamas ha preferito preparare il riarmo e la resistenza dando per scontato che alla scadenza della tregua, si sarebbe tornati alla guerra. Israele non ha mai cercato la politica come risoluzione di questo conflitto, non avendo mai riconosciuto l’esistenza di Hamas come soggetto politico, tanto meno del governo di Hamas ,nonostante sia stato scelto dagli abitanti di Gaza in una competizione elettorale, anche se poi si è impadronito del governo escludendo con la forza i membri di Al Fatah.
 Il fatto è che mentre i grandi paesi del mondo  hanno continuato a guardare che la tregua scorresse,facendo poco più che gli spettatori,mentre anche Blair  si ritirava dal Medio Oriente senza aver portato a casa  uno straccio di programma di pace, (constatando forse la incomunicabilità tra le parti), Hamas preparava la guerra, così come Olmert preparava gli aerei ed i carri armati. E la scintilla è scoccata, questa volta, quando il cinismo politico di entrambe le parti ha voluto dare massimo risalto alla guerra. Natale trascorso con i razzi Kassan sugli insediamenti israeliani, l’ultimo giorno (sabato per giunta) della settimana di festa ebraica per bombardare Gaza da parte israeliana; perché Hamas aveva bisogno di uscire dalla sua crisi politica e dalle difficoltà create alla popolazione  di Gaza da un embargo  veramente disastroso, con l’arma delle folle in piazza e dei missili contro Israele ,come provocazione che sapeva già dove finiva. Farsi colpire da Israele per Hamas è un modo per rafforzarsi , attrarre su di sé la solidarietà internazionale, costringere gli stati arabi moderati a schierarsi  e rompere un accerchiamento politico che aveva messo Hamas in una posizione di debolezza .
Colpire Gaza per Israele non è solo una reazione ai missili sulla propria popolazione di confine; è lo sbocco finale di una politica di esclusione  che dovrebbe portare all’eliminazione di Hamas e creare con la forza lo spazio politico per un ritorno di Al Fatah a Gaza, così da poter intavolare una trattativa di pace (e da una posizione di forza) con Abu Mazen.
Ed è questo il vero problema, l’errore politico del governo israeliano:  pensare che con la guerra si possa costruire la pace, che reagendo con i bombardamenti alle provocazioni di Hamas si possa far cadere il governo di Gaza che invece, e lo si sa da tempo, proprio  sull’idea del martirio fonda la propria politica. E’ vero che con il governo di Gaza che vuole a priori l’eliminazione di Israele, è difficile cominciare a parlare. Ma è proprio sulla pazienza del dialogo che si fonda la speranza di un futuro di pace, non certo con le prove di forza che, come ammesso anche in passato da persone come il compianto Rabin, portano solo ad incancrenire la situazione del conflitto decennale israelo-palestinese.
Per questo motivo il primo appello da varie parti del mondo,il Papa soprattutto, è stato per lo Stop ai bombardamenti, anche se l’Onu ha ancora una volta dimostrato la propria impotenza in questa regione del mondo . Ma,se si vuole che la politica prenda poi il sopravvento, bisogna subito fermare la guerra e le vittime civili.
Tanto più che questa guerra porta con sé anche un’altra tragedia. Lo scontro tra Al Fatah ed Hamas fa delle vittime anche in questo conflitto. Un esempio è il tragico episodio del carcere di Gaza dove le guardie di Hamas hanno chiuso dentro i reclusi uomini di Al Fatah,ben sapendo che sarebbero stati vittima dei raid aerei. E così è stato. Altro cinismo copre il cinismo della guerra,il più sporco dei modi per risolvere le controversie politiche. Abu Mazen ha risposto dicendosi pronto a riprendere il controllo della striscia di Gaza se Israele dovesse eliminare Hamas,cercando così uno spazio politico. Ma Al Fatah,che ha perso il controllo della striscia di Gaza anche per le proprie responsabilità governative dopo la morte di Arafat,ora rischia di essere stritolato tra  Hamas che grida aiuto e riceve solidarietà , facendo riversare in piazza migliaia di persone a proprio sostegno in varie parti del mondo, e la politica del ministro degli esteri israeliano,e probabile prossimo primo ministro, Tzipi Livni,basata sulla distruzione di Hamas e sostenuta da quel residuo di stati del mondo che pensano di fare la guerra al terrorismo con i raid aerei ed i carri armati.
Chiudere in una morsa il governo palestinese della Cisgiordania è un altro errore strategico (soprattutto di Israele) che i paesi occidentali non possono permettere. Significherebbe chiudere definitivamente ogni prospettiva di pace, alimentare altra guerra , ad esempio portando alla riapertura del fronte in Libano (dove noi italiani siamo presenti in forze e come forza di pace, cuscinetto tra Hezbollah e Israele).Porterebbe ad altro terrorismo internazionale (anche in Europa purtroppo…), ad altri muri,come quello insulso di cemento armato al confine tra Israele e Cisgiordania, rendendo definitiva l’incomunicabilità tra i popoli. Mentre è proprio il contrario che bisogna avere il coraggio di affermare  oggi: la pace come diritto delle popolazioni civili, la politica che riprenda in mano il rapporto tra le nazioni,spegnere i motori dei bombardieri per ridare alla diplomazia lo spazio che oggi non ha più in questo pozzo nero del Medio Oriente. Fermare Hamas è possibile se si da’ spazio politico ai palestinesi trattati come popolo, non come persone da affamare per cinismo politico. Fermare Hamas è possibile fermando anche la reazione di  Israele ,la cui civiltà politica e giuridica non dovrebbe più accettare la guerra come metodo di soluzione dei conflitti. La stella di David dovrà prima o poi riprendere in mano la bandiera della pace di Rabin e di quella parte di israeliani che chiedono di chiudere  con la pace 60 anni di guerre ed odio. Ed infine questa tragedia in corso dovrà suggerire al prossimo governo di Tel Aviv di  aprire gli occhi di fronte al pericolo di venire  accerchiata in futuro solo dal rancore dei popoli confinanti.
 E quindi la comunità internazionale, il prossimo presidente americano Barak Obama, l’Europa e l’Italia devono uscire allo scoperto fermando le bombe e costringendo alla trattativa anche chi non vuole riconoscere l’altro governo,anche a costo di inviare  a Gaza un contingente ONU che garantisca le popolazioni civili. E soprattutto  facendo in modo che gli sforzi di trattativa di Abu Mazen non siano spenti dai clamori della guerra.
I palestinesi hanno bisogno di riconoscimento politico ,non di umiliazioni.
Israele ha bisogno di sicurezza:non di guerre ma di politica.

Fonte: Articolo21

29 dicembre 2008

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