Per un “diario” delle guerre e delle tragedie dimenticate
Valter Vecellio
Prendete una carta geografica del pianeta, guardate l’Africa, immensa, ricca (potenzialmente), difficile da capire. Soprattutto insanguinata.
Prendete una carta geografica del pianeta, guardate l’Africa, immensa, ricca (potenzialmente), difficile da capire. Soprattutto insanguinata, continente dove si consumano si combattono guerre senza quartiere, e poi micidiali malattie, fame endemica; e una quantità di immense tragedie che si preferisce ignorare. Perché tanti, troppi sono gli interessi in gioco; e chi non sa, non “disturba”. Ecco le zone di crisi più acuta.
Repubblica Centrafricana: da anni è dilaniata da una guerra che vede opposti musulmani a cristiani; migliaia i morti, milioni gli sfollati. Non esiste più un’autorità che può dirsi tale e tale sia riconosciuta.
La Libia: morto Gheddafi, nel 2011, nel modo in cui non sappiamo, è nel caos, terreno di conquista e preda di milizie che non si sa bene a chi facciano capo, e di al Qaeda. Gli jihadisti di Andar al-Sharia hanno proclamato la nascita di un emirato a Bengasi; la produzione del greggio è scesa ai minimi storici, il paese è al collasso, nessuno controlla nessuno.
La Nigeria: La famigerata setta islamica Boko Haram, affiliata ad al Qaeda, vuole istituire in Nigeria un emirato; i miliziani di Boko Haram sono tristemente noti per le uccisioni in massa di cristiani e per il sequestro di donne, che vengono trasformate in concubine o vendute come schiave. Anche la Nigeria galleggia su un mare di petrolio, uno di quei paesi che fanno gola sia agli Stati Uniti che alla Cina.
Il Mali: è preda da un paio d’anni di una feroce guerra civile. Dopo il golpe del 2012 ci sono praticamente due Mali: i fondamentalisti di Ansar al-Din e gli jihadisti del Mujwa hanno proclamato un emirato nel Nord del paese. Per fermarne l’avanzata sono a suo tempo intervenuti i mirage francesi. I risultati non hanno portato i frutti sperati: da che mondo è mondo, le guerre si vincono sul campo, non con i cosiddetti bombardamenti “mirati”.
La Somalia: da un paio d’anni il gruppo islamista al-Shabaab, affiliato ad al Qaeda, controlla le grandi regioni meridionali del paese. E da questi territori che i guerriglieri islamisti compiono le loro incursioni e raid in Kenya.
Il Sud Sudan: indipendente da tre anni, anche questo paese è preda del caos più tragico: migliaia i morti, almeno un milione gli sfollati. Lo scontro tra il presidente Salva Kiir e il suo vice Riek Machar ha reso questo paese uno dei più pericolosi dove vivere. La posta in gioco, gli enormi giacimenti di petrolio, ma anche l’altro preziosissimo liquido: l’acqua.
Poi attenzione meritano Algeria, Angola, Egitto, Etiopia, Mauritania, Sudan… Un rapporto sugli “Obiettivi del Millennio”, elaborato dall’ONU, certifica che il numero di persone dell’Africa sub-sahariana che vivono in estrema povertà e indigenza, dal 1990 al 2010 è aumentato di oltre il 40 per cento: 414 milioni di esseri umani. Un continente in uno stato spaventoso di arretratezza, nonostante le enormi potenzialità: un dato è significativo: la Nigeria, considerata la più grande economia dell’Africa, produce meno elettricità dell’isola-Stato di Singapore.
Dietro i “barconi della speranza” (e spesso della disperazione e della morte), gli immigrati clandestini, i fuggitivi da regimi corrotti e assassini, c’è tutto questo. Forse, se venisse data la possibilità di conoscere queste realtà, le cause e le implicazioni, gli interessi in gioco e gli spregiudicati, cinici comportamenti delle grandi potenze, tante scempiaggini e corbellerie alla Matteo Salvini o alla Fratelli d’Italia ce le potremmo risparmiare; e, per il futuro, anche evitare la quantità di gravi errori commessi nel recente passato e in cui si persiste nel presente.
Fonte: www.articolo21.org
25 dicembre 2014