Per gli americani la guerra è finita ma l’Iraq è una polveriera
Il Sole 24 Ore
Con la partenza dell’ultima brigata da combattimento americana dal territorio iracheno, la guerra in Iraq, durata circa sette anni e mezzo, è virtualmente finita…
Con la partenza dell'ultima brigata da combattimento americana dal territorio iracheno, la guerra in Iraq, durata circa sette anni e mezzo, è virtualmente finita. Il video diffuso dalla Nbc ha mostrato i 4.000 soldati Usa della Quarta Stryker Brigade della Seconda divisione di fanteria che nel corso della notte hanno attraversato il confine tra Iraq e Kuwait. Il calendario dell'amministrazione Obama prevede che dopo il 31 agosto restino in Iraq 50mila militari senza funzioni di combattimento ma solo con un ruolo di assistenza e di addestramento e circa 2mila di personale civile. L'esercito iracheno avrebbe voluto che le truppe americane rimanessero altri dieci anni. Nel paese in realtà si combatte ancora una guerra segreta.
Entro la fine del 2011, secondo l'accordo siglato tra Washington e Baghdad, l'insieme delle truppe americane sarà fuori dall'Iraq. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley, parlando in diretta sulle immagini del passaggio della frontiera dell'ultimo blindato Usa, ha evocato un «momento storico», sottolineando comunque che l'impegno americano in Iraq resta fondamentale: «Non mettiamo fine al nostro impegno per l'Iraq, abbiamo ancora un importante lavoro da fare».
Il conflitto iracheno, costato la vita a 4.400 soldati americani e nel quale gli Stati Uniti hanno versato mille miliardi di dollari «ha avuto dei costi enormi». «Abbiamo investito pesantemente in Iraq e dobbiamo fare tutto quello che ci è possibile per salvaguardare questo investimento e per garantire all'Iraq e ai Paesi vicini una situazione pacifica utile ai nostri interessi e ai loro», ha dichiarato ancora Crowley. Con una lettera datata 18 agosto, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, commenta la fine della missione di combattimento in Iraq: «Oggi, ho il piacere di annunciare che grazie a un servizio straordinario delle nostre truppe e dei nostri civili in Iraq, la nostra missione di combattimento si concluderà entro questo mese e che stiamo per ultimare un ritiro sostanziale delle nostre truppe».
Il ritiro dei soldati Usa dall'Iraq rappresenta un ottimo affare per le società di security private defenestrate dall'Afghanistan. Per compensare il ritorno a casa delle truppe combattenti sono in arrivo 7.000 contractor, cui sarà affidata – di fatto – la sicurezza del Paese, sempre a spese dei contribuenti americani. Contractor, che dal massacro del 16 settembre 2007 a Baghdad in cui gli uomini della Blackwater uccisero 17 civili, non sono affato amati in Iraq. Come rivela il New York Times il dipartimento di Stato spenderà 100 milioni di dollari solo per realizzare due avamposti fortificati nel nord del Paese – ricco di risorse petrolifere – per scongiurare grazie ai contractor scontri tra l'esercito regolare e le forze curde dei guerriglieri peshmerga. Dall'ottobre del 2011 – tre mesi prima che l'ultimo soldato Usa avrà lasciato il Paese – sempre il dipartimento di Stato assumerà la responsabilita di addestrare la polizia irachena.
Altri cinque basi avanzate fortificate saranno sparse nel resto del Paese. A gestirle ci penseranno sempre gli uomini delle agenzie di sicurezza private che svolgeranno gli stessi compiti affidati finora all'esercito: gestiranno i radar, cercheranno ordigni improvvisati (Ied) piazzati sul ciglio della strada, faranno volare i droni (aerei senza piloti) e forniranno il personale necessario alle forze di reazione rapida per aiutare i civili.
La situazione politica interna continua a essere in una fase di stallo con i due principali partiti che hanno sospeso i colloqui sulla formazione del nuovo governo cinque mesi dopo le elezioni. Nel paese regna ancora il caos. È una polveriera. Continuano a susseguirsi attentati contro i militari e anche i civili. L'ultimo due giorni fa davanti a una caserma militare ha fatto 60 morti e 120 feriti. Il kamikaze si è fatto saltare in aria intorno alle 7,30 del mattino (le 6,30 in Italia). L'edificio, che ospitava il ministero della Difesa durante il regime di Saddam Hussein, si trova nel quartiere di Baab al-Muatham. Secondo una fonte del ministero dell'Interno, le vittime sono in maggioranza reclute.
L'attentato contro il centro di addestramento è stato il più sanguinoso in Iraq dallo scorso 8 dicembre, quando una serie di esplosioni coordinate uccise nella capitale 127 persone. Solo ad agosto, sono 200 i morti nel Paese, mentre 535 persone hanno perso la vita a luglio, il mese peggiore dal 2008.
La violenza nel Paese è aumentata con l'inizio del Ramadan, una settimana fa. La nuova ondata di attentati ha sollevato la preoccupazione che l'esercito locale non sia ancora preparato per far fronte da solo alla sicurezza. Ma dagli Stati Uniti è stato nuovamente confermato che migliaia di soldati saranno ritirati dal Paese alla fine del mese, come da programma.
Fonte: il Sole24Ore
19 agosto 2010