Pacifisti inquieti con molti se e molti ma
La redazione
Il botta e risposta tra Emanuele Giordana, direttore di Ecoradio “In piazza per la pace, ma dov’era l’Arcobaleno?” e Angelo Bonelli, presidente dei verdi “Io mi schiero dalla parte delle popolazioni”.
Emanuele Giordana
direttore Ecoradio
Caro Angelo, da pacifista e ambientalista sono andato al corteo per l’acqua pubblica, il no al nucleare e i referendum. Inizialmente sembrava vi avrebbe partecipato anche il movimento per la pace, nella sua più larga accezione o, se vogliamo, il popolo arcobaleno. Io, che considero la pace come l’acqua e le energie rinnovabili un bene comune, ci sono andato sperando di vedere, con le bandiere blu, anche quelle arcobaleno. Ma ce n’erano davvero poche anche se non stento a credere che tutti i presenti fossero nell’animo pacifisti pur con tutti i se e i ma che la vicenda libica ha proposto, introducendo il tema della protezione. Ho invece appreso, nel dibattito ospitato da Ecoradio – come servizio pubblico abbiamo cercato di dar conto di tutte le voci, compresi i se e ma, del dibattito di questi giorni – che i pacifisti manifesteranno il due aprile, tra una settimana! Perché? Ho letto i distinguo introdotti sulla manifestazione del 26 e posso in parte comprenderli, ma solo in parte.
Il desiderio di pace e di risolvere i contenziosi senza violenza è, mi pare, un bene comune. Per raggiungerlo i modi e gli strumenti possono essere tanti, compresa la “No-fly Zone”, come i Verdi hanno spiegato e cosa di cui abbiamo dato volentieri conto. Ma io, da cittadino, non capisco perché, pur con i se e i ma, non potessi spendermi il 26 anche per la pace oltre che per l’acqua. La manifestazione del 26 sarebbe anzi stata l’occasione per unire forze diverse e con opinioni differenti che forse dovrebbero iniziare un dibattito serio non solo dopo che le bombe sono cadute. Prima semmai, quando si è in tempo per evitarle. Invece no, per dire che amo la pace dovrò aspettare una settimana e, tra una settimana, essere incluso nell’area dei puri e duri, dei senza se e senza ma, col rischio di far carta straccia del dibattito ineludibile sulla protezione dei civili imposto dal caso libico (e non solo).
Come sai mi sono espresso contro la “No Fly-Zone” proprio su questo giornale perché ritenevo che il copione fosse prevedibile: più che la protezione dei civili un’esibizione muscolare, l’invevitabile passaggio delle consegne alla Nato, un litigio continuo sulle cabine di regia e, intanto, una bomba qui e una là senza che ancora sia chiaro se si devono proteggere i civili o cacciare il rais, far prevalere un diritto umanitario non ancora codificato o sparare nel mucchio sperando che la guerra, che di solito si alimenta da sola, smetta per incanto.
Ciò non di meno non posso eludere il problema della protezione né ignorare il Consiglio di sicurezza (pur con tutti i limiti, abbiamo bisogno che sia sempre di più l’Organizzazione per le Nazioni Unite, che vorremmo riformata e senza veti, ad esprimere la volontà della comunità internazionale). Ma non mi sento nemmeno lontano da chi combatte la sua guerra quotidiana, come fa Emergency, negli ospedali, o chi, come tanti insegnanti o studenti, combatte la battaglia della pace sui libri. Mi sembra che al pace abbia tante voci, come il pianeta, con tutti i dubbi, le perplessità, le domande che una società matura deve farsi. Invece pare che in Italia se sei contro la guerra puoi stare da una parte sola della barricata. O di qui o di là. In nome di un principio, raramente di un ragionamento. E sempre dopo, quando la bomba è già scoppiata.
Una manifestazione per l’acqua e la pace mi sarebbe piaciuta. Sarò un illuso e forse un revisionista, un “pompiere”, chissà.
Certo sono uno cui i se e i ma non mancano mai, come la voglia della pace. Sono un cittadino, ambientalista e pacifista, che ha a cuore i beni e i destini comuni e certe battaglie vorrei vederle largamente condivise. Così che il 2 aprile andrò in piazza. Con la bandierina blu dell’acqua pubblica.
Angelo Bonelli
presidente dei Verdi
Questo non è un particolare ma la sostanza di questa vicenda. Vicenda che ha anche un profondo squallore provocato dall’uso delle armi. Il vero squallore di tutta questa storia sta nel com’è stata applicata la risoluzione dell’Onu o, meglio, mal applicata.
Ad esempio, la Francia, che fino a poco tempo fa voleva vendere i reattori nucleari EPR alla Libia, ha assunto un protagonismo sospetto o il ruolo indecente dell’Italia che fino qualche mese fa stringeva accordi commerciali e politici con Gheddafi. La scarsissima credibilità di queste nazioni ha messo in secondo piano, agli occhi dell’opinione pubblica, l’intervento a difesa delle popolazioni.
Il limite di tutto ciò sta nell’Onu. Il mondo ha bisogno di una polizia internazionale sotto controllo dell’Onu che possa intervenire rapidamente per evitare conflitti e difendere le popolazioni civili quando stanno per essere massacrate. Quello che, ad esempio, non è stato fatto con il Ruanda dove oltre un milione di persone sono state uccise: uno dei più grandi genocidi nella storia dell’umanità, compiuto nel totale immobilismo della comunità internazionale. L’Onu deve creare un sistema di prevenzione dei conflitti e di mediazione politica perché quando si sganciano le bombe è troppo tardi. Tutto ciò non si fa e, di fronte ad un’Africa che esplode per la crisi economica e per la richiesta di democrazia, l’Europa dimostra ancora una volta di non esistere: è sempre più evidente che non esiste una politica estera europea.
Questo è un mondo governato da forti e sporchi interessi economici come quello del petrolio e dell’uranio. Ma di fronte alla coerenza legittima di chi dice «né con Gheddafi né con le bombe» io mi schiero con le popolazioni civili per impedire che le bombe cancellino la loro vita.
Sabato 2 aprile anch’io sarò a manifestare, per impegni già presi, a Taranto. Protesterò insieme a tanti cittadini contro la guerra dichiarata dalla diossina alla popolazione di quella città. In dieci anni sono morte 20mila persone a Taranto: la città più inquinata d’Europa.
Ma i miei sentimenti e la mia sofferenza sarà anche lì a Roma con voi, a Bendasi e con gli immigrati e profughi che in queste ore fuggono in cerca di una vita migliore.
Fonte: Terra, il Riformista