Onu: l’accesso all’acqua diritto umano fondamentale
Paolo Tosatti
Storica risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La proposta è stata presentata dalla Bolivia ed è passata con il voto favorevole di 122 Paesi, nessun contrario e 41 astensioni.
«L’accesso all’acqua potabile è un diritto umano fondamentale». Non è una scritta su uno striscione di uno dei migliaia di comitati che in tutto il mondo si battono per veder riconosciuta a ogni essere umano la possibilità di bere, lavarsi, cucinare e curarsi. È la parte centrale della storica risoluzione approvata la notte scorsa dall’Assemblea generale delle Nazioni unite dopo più di 15 anni di dibatti e scontri all’interno della comunità internazionale. Un documento, che, seppure come tutte le decisioni dell’organo plenario non è giuridicamente vincolante, rappresenta un indubbio passo in avanti per il diritto internazionale e un’importante conquista di principio per la lotta che in molte parti del pianeta organizzazioni, associazioni, sindacati e movimenti hanno ingaggiato contro le politiche di privatizzazione dei servizi idrici intraprese da governi e autorità locali.
La proposta è stata presentata dalla Bolivia, ed è passata con il voto favorevole di 122 Paesi, nessun contrario e 41 astensioni. Nel testo si afferma che «l’accesso a un’acqua potabile pulita e di qualità, e a servizi sanitari di base, sono un diritto dell’uomo, indispensabile per il pieno godimento del diritto alla vita».
Per questo gli Stati e le organizzazioni internazionali sono invitati a impegnarsi per fornire aiuti finanziari e tecnologici ai Paesi in via di sviluppo, e ad «aumentare gli sforzi affinché tutti nel mondo abbiano accesso all’acqua pulita e a installazioni mediche primarie».
Il riconoscimento dell’accesso all’acqua potabile come diritto umano fondamentale rappresenta un passo decisivo per affrontare la questione sempre più urgente della mancanza di risorse idriche per centinaia di milioni di persone. Secondo le stime delle Nazioni unite, ogni anno un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni muore per malattie legate alla carenza d’acqua o di strutture igieniche. Nella risoluzione si ricorda che ancora oggi nel mondo 884 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, e che 2,6 miliardi vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti. In seno al documento l’Assemblea generale ha dunque confermato il proprio impegno a ridurre della metà, entro il 2015, la porzione di popolazione mondiale che non ha possibilità di accedere alle risorse potabili.
Negli ultimi decenni, con il rapido sviluppo della popolazione mondiale, la gestione pubblica del servizio idrico ha spesso incontrato notevoli difficoltà per una cronica mancanza di investimenti e interventi di manutenzione degli impianti. Il risultato è che un crescente numero di Paesi ha affidato la gestione del servizio a grandi società private. In queste circostanze il finanziamento degli investimenti decisi contrattualmente fra governo e gestore è stato ottenuto generalmente tramite considerevoli incrementi delle tariffe sulla vendita dell’acqua, che hanno determinato in più parti del pianeta, dall’America Latina all’Australia, passando per l’Europa, una forte conflittualità fra la società civile e le compagnie private, portando in alcuni casi a vere rivolte contro la privatizzazione delle risorse idriche.
Per queste ragioni l’Assemblea generale ha accolto con favore la richiesta avanzata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite, che ha chiesto che ogni anno l’esperta Onu sulle questioni de diritti umani collegati all’acqua, Catarina de Albuquerque, consegni alla stessa Assemblea una relazione sul tema. Nel documento de Albuquerque dovrà indicare i principali problemi nella concreta applicazione del diritto all’acqua potabile, le carenze registrate nei servizi igienico-sanitari e il loro impatto sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio.
Nelle intenzioni del Consiglio questo strumento rappresenterà un’ulteriore possibilità di favorire il dialogo e il confronto tra i governi, il settore privato, gli enti locali, le organizzazioni della società civile e le istituzioni accademiche per la soluzione di un problema da cui dipende il futuro più immediato del pianeta.
Fonte: Terra
30 luglio 2010