Olimpiadi, la Ue valuta il boicottaggio
Gabriele Carchella
Nicolas Sarkozy mette di nuovo in dubbio la sua presenza a Pechino, mentre all’interno dell’Unione europea si accende il dibattito sui giochi cinesi.
La Francia non scoglie la riserva. Il presidente Nicolas Sarkozy parla di nuovo di olimpiadi, per ribadire che non sa ancora se a Pechino, l'8 agosto, sarà presente per la cerimonia inaugurale dei giochi. “Mi riservo il diritto di decidere in base a come la situazione apparirà in quel momento”, ha dichiarato da Londra dove è in visita di stato. Promette quindi di prolungarsi la querelle olimpica che divide Parigi e Pechino. Un’assenza della Francia sarebbe un duro colpo per la Cina. Nel secondo semestre del 2008, infatti, Parigi avrà la presidenza dell'Unione europea. Per l’occasione, Sarkozy ha detto che si consulterà con gli altri paesi dell'Ue per decidere sull’opportunità di un boicottaggio europeo. Il premier britannico Gordon Brown ha però preso le distanze, confermando che sarà a Pechino. A dispetto delle divergenze, il presidente francese ha ricordato che i due paesi sono comunque in sintonia sulla crisi tibetana: “Siamo scioccati da quanto è successo e profondamente preoccupati. Vogliamo che si rilanci il dialogo nel pieno rispetto della integrità territoriale cinese”. Intanto, l’ipotesi di un boicottaggio europeo prende quota, soprattutto tra i leader della nuova Europa: hanno già annunciato la loro assenza all'inaugurazione il presidente ceco Vaclav Klaus, il premier polacco Donald Tusk e il presidente estone Toomas Hendrik Ilves.
Ma l’Ue rimane divisa. Da una parte, il presidente del parlamento europeo Hans-Gert Poettering ha invitato a Bruxelles il Dalai Lama e chiesto ai leader europei di disertare l'apertura dei giochi. Dall’altra, l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Javier Solana, ha assicurato che a Pechino ci sarà. I 27 paesi dell'Ue cercheranno di raggiungere una posizione comune già a partire dal consiglio informale dei ministri degli Esteri in programma oggi a Brdo, vicino alla capitale slovena Ljubjana. Nel frattempo, il Dalai Lama continua a ripetere che le olimpiadi sono un’opportunità per ricordare alla Cina il rispetto dei diritti umani: “Per essere un buon ospite per i giochi olimpici, la Cina deve migliorare i suoi record nel campo dei diritti umani e della libertà religiosa”. In un estremo tentativo di sgonfiare la polemica, la Cina ha precisato che la decisione di invitare i leader politici spetta formalmente ai comitati olimpici nazionali e non alla Cina. Ma la sostanza non cambia: l’assenza all'inaugurazione equivale a un no rivolto a Pechino. Il braccio di ferro valica i confini della politica, per coinvolgere star dello spettacolo e della cultura. Come l’attore indiano Aamir Khan, a cui i tibetani esuli in India hanno chiesto di non portare la torcia olimpica a Dehli. O come lo scrittore cileno Luis Sepulveda, che paragona la Cina all’Argentina dei miliatari: “In Cina lo sport servirà a fare dimenticare le violazioni dei diritti umani, come era avvenuto durante i mondiali di calcio in Argentina del 1978 con il dramma dei desaparecidos”. In Italia, la regione Liguria invita a intraprendere ogni azione utile per porre fine alla repressione, compreso il boicottaggio. Un’ipotesi ritenuta possibile anche dal sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti. E il mondo dello sport non sta a guardare. Per l'ex velocista Pietro Mennea, “il boicottaggio può produrre effetti solo se è totale“.
Fonte: Lettera22
Quotidiani locali del Gruppo Espresso
28 Marzo 2008