Oggi a Roma, l’Italia che non si arrende alla crisi
Paolo Serventi Longhi
Parte da cinque piazze verso il Circo Massimo la manifestazione per il lavoro e contro la crisi. Migliaia di persone radunate.
Stanno preparando cartelli e striscioni, stanno arrotolando le bandiere. La partenza è vicina. Si torna a Roma, come nel 2002, come in tante occasioni nelle quali le lavoratrici e i lavoratori di tutta Italia, le pensionate e i pensionati, i ragazzi e le ragazze precari o senza lavoro, gli immigrati, hanno manifestato nella capitale, sede del governo, per rivendicare lavoro e diritti, tutele e redditi dignitosi, falcidiati da una crisi economica dagli effetti sempre più duri.
Un viaggio difficile, forse più difficile di quello del 23 marzo di sette anni fa quando si trattava di difendere lo statuto dei lavoratori. Oggi partire, nonostante la solidarietà e l’affetto di milioni di italiani, rappresenta davvero un sacrificio che non tutti si possono permettere. Ma a Roma saranno in tanti, insieme alla Cgil ed al segretario generale Guglielmo Epifani: dalle regioni e dalle categorie giungono di ora in ora notizie di autobus in più, di posti aggiuntivi sui treni ordinari (quelli speciali sono tutti esauriti). Di carovane di auto e pullmini per coloro che non hanno trovato posto sui pullman e sui treni. Per alcuni sarà una fatica: stanno partendo sapendo che il viaggio durerà 12, 15 forse venti ore. Il treno da Siracusa parte alle 17 di venerdì, la nave da Cagliari alle 19. E’ l’Italia migliore, quella che si mette in viaggio. L’Italia che non si rassegna ad una crisi pesantissima, alle misure inadeguate del governo, ai tagli all’occupazione, ad un lavoro incerto. E’ il Paese che rifiuta gli stereotipi del rampantismo e del qualunquismo berlusconiani, che afferma i valori della solidarietà e della tolleranza. Un Paese che si oppone a chi vuole fare pagare il costo della crisi ai più deboli, ai pensionati, ai lavoratori dipendenti del pubblico e del privato, a chi ha perso un posto sicuro e a chi non lo ha mai trovato. Forse non siamo la maggioranza di quest’Italia cupa e rancorosa, alla ricerca dell’uomo forte, del Capo, ma rappresentiamo una forte opposizione sociale in attesa che si manifesti più nettamente quella politica. E’ l’Italia che sta con la Cgil, con i suoi iscritti che aumentano di anno in anno, con i milioni di lavoratori che hanno votato nel referendum ed hanno detto no alle intese del 22 gennaio.
Fonte: Articolo21
4 aprile 2009