Obama è pronto a cedere ai diktat di Netanyahu


Avvenire


La Casa Bianca avrebbe accettato l’esclusione di Gerusalemme Est dai negoziati sullo stop alle espansioni. Inoltre la “tregua” sarebbe di soli 9 mesi.


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Obama è pronto a cedere ai diktat di Netanyahu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di “congelati” per ora ci sono solo gli entusiasmi suscitati mercoledì dal lungo incontro a Londra tra l’inviato americano per il Medio Oriente Gorge Mitchell e il premier israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu.
Il faccia a faccia di 4 ore sembrava aver aperto qualche spiraglio sulla questione del congelamento degli insediamenti israeliani in territorio palestinese. Alcuni generali avevano lasciato intravedere la possibilità di un accordo addirittura nel giro di poche settimane. Ieri, però, il quotidiano israeliano Haaretz ha rivelato l’esistenza di molti paletti posti d parte israeliana che, se accettati dall’Amministrazione Obama (in prima linea da mesi nella trattativa sul congelamento delle colonie illegali) potrebbero riportare il negoziato ad un punto morto. Secondo il giornale, infatti, gli Stati Uniti avrebbero accolto la proposta delle autorità ebraiche di togliere Gerusalemme Est dalle trattative sul congelamento. Almeno formalmente. Fonti ufficiali hanno spiegato che la Casa Bianca non permetterà la costruzione di nuovi edifici a Gerusalemme Est (che Israele ha annesso nel 1967, ma su cui la comunità internazionale non riconosce alcuna sovranità) pur senza chiedere alle autorità ebraiche di annunciare pubblicamente il congelamento in questa zona. Gli israeliani punterebbero anche al completamento di circa 2.500 unità abitative la cui costruzione è già partita. Inoltre, il congelamento non sarebbe definitivo, ma limitato a soli 9 mesi. Pregiudiziali, queste, che potrebbero essere considerate inaccettabili dal presidente palestinese Abu Mazen, che pure l’altro ieri, dopo il vertice di Londra, aveva per la prima volta manifestato aperture nei confronti del premier Netanyahu, dicendosi disponibile ad un incontro (forse a New York, a margine dei lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu del 23 settembre) sinora rifiutato proprio a causa del nodo insediamenti. Resta da vedere, d’altra parte, se Obama renderà effettiva la concessione su Gerusalemme Est. Dal giorno del suo insediamento, il presidente americano è impegnato in un insistente pressing sulla questione delle colonie. Il congelamento è d lui (e dalla comunità internazionale) considerato un passo prioritario ed essenziale per la ripresa del processo di pace: gli insediamenti, del tutto illegali, impediscono infatti la necessaria continuità territoriale al nascente Stato palestinese. D’altra parte, però, Netanyahu difficilmente potrà fare concessioni all’alleato. Il premier deve vedersela costantemente con la maggioranza della sua coalizione di governo, ostile a qualsiasi piano di congelamento delle colonie. Non bastasse, oltre l 60% degli israeliani, secondo gli ultimi sondaggi, è contrario all’ipotesi. Ieri Netanyahu, durante un incontro a Berlino con il cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha definito “fondamentale” un passo indietro israeliano in merito agli insediamenti viste le “ottime possibilità” in campo in questo momento ha smentito le indiscrezioni riportate da Haaretz. “Voci prive di fondamento”, ha tagliato corto.  Il premier è tornato piuttosto a chiedere “sanzioni paralizzanti” contro l’Iran. Una variabile che “dirotta” l’attenzione sulla pura questione degli insediamenti e che può comunque rientrare nel negoziato. Ma tra due settimane Mitchell sarà a Gerusalemme per incontrare di nuovo Netanyahu. E chiederà di “finalizzare” un accordo, senza troppi ,argini di flessibilità.

Fonte: Avvenire

28 agosto 2009

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