Obama dice sì al bando delle armi da guerra
Maurizio Molinari
Il presidente statunitense ha deciso di sostenere la legge che sarà presentata al Senato sul bando delle armi d’assalto.
Barack Obama si dice a favore della reintroduzione del bando delle armi d’assalto nel giorno in cui il mondo di Hollywood tradisce le sue contraddizioni sulla violenza nelle grandi produzioni di film.
E’ la Casa Bianca a far sapere che il presidente ha deciso di «sostenere attivamente» la legge che la senatrice della California Dianne Feinstein presenterà al Senato di Washington per riproporre il bando delle armi d’assalto e dei caricatori con numerosi proiettili che è stato in vigore dal 1994 al 2004. Si tratta di un passo frutto della strage di Newtown, commessa da Adam Lanza con un fucile semiautomatico, e al tempo stesso di una sfida alla lobby delle armi della «National Rifle Association» (Nra), nemica giurata di un bando considerato una lampante violazione del Secondo Emendamento della Costituzione. Se Obama va allo scontro con la Nra è perché l’umore nella nazione è cambiato dopo il massacro dei 20 bambini della scuola elementare «Sandy Hook»: i sondaggi di Cbs e Washington Post indicano che, per la prima volta da dieci anni, la maggioranza degli americani è favorevole a leggi più rigide. Il regista liberal Michael Moore tuttavia avverte, via twitter, «certo abbiamo bisogno di leggi migliori sulle armi e sui malati mentali ma serviranno a poco se l’America continuerà ad amare le uccisioni».
E’ un riferimento alle contorsioni di Hollywood, evidenziate dalla scelta del produttore Harvey Weinstein di annullare a Los Angeles la prima di «Django Unchained» sul cui poster campeggiano armi da fuoco e chiazze di sangue. Weinstein è uno dei volti di spicco dello spettacolo ed ha nel curriculum alcuni dei film più violenti. Alla Miramax produsse «Reservoir Dogs», «Pulp Fiction», «The Crow» e «Hellraiser». Proprio in ragione di tali precedenti quando il 20 luglio scorso James Holmes, il killer con i capelli da Jocker, entrò in un cinema del Colorado uccidendo 12 spettatori alla prima di Batman, Weinstein reagì suggerendo a registi come Marty Scorsese e Quentin Tarantino di «vederci e discutere come ridurre la violenza nei nostri film perché è ora di darci un taglio».
Il summit anti-violenza non si è più svolto mentre Hollywood ha partorito almeno altre due pellicole molto violente: «Killing Them Softly» e «Django Unchained». Ironia della sorte ha voluto che quest’ultimo, diretto da Tarantino, avrebbe dovuto essere presentato lunedì, appena 72 ore dopo la strage di Newtown. La Weinstein Company ha così fatto marcia indietro: «Pensieri e preghiere vanno alle famiglie colpite dalla tragedia di Newtown, cancelliamo il previsto evento mentre si svolgerà una proiezione privata».
Ovvero, niente debutto con tappeto rosso e riflettori per «Django Unchained» ma conferma dell’arrivo nelle sale per fine anno, con le sanguinose scene che hanno per protagonisti Leonardo DiCaprio e Jamie Foxx. E’ un debole compromesso che tenta di tenere assieme la volontà di mostrare attenzione per le vittime di Newtown con la convinzione di Tarantino che il suo film ha un messaggio positivo perché «racconta la storia di uno schiavo liberato che tenta di salvare la moglie da un odioso proprietario di piantagione».
A spiccare sono dunque le contraddizioni di Weinstein e Tarantino, evidenziate da un’offensiva di messaggi su twitter che vede molte stelle del cinema gareggiare nel dirsi a favore di un maggiore controllo senza però fare cenni alle responsabilità di produttori e registi di Hollywood: Susan Saradon si domanda «quanto ancora dobbiamo soffrire per avere leggi più rigide», Alec Baldwin è per «limitare l’accesso alle armi semi-automatiche», Eva Longoria lamenta «la possibilità di un ventenne con problemi mentali di accedere alle armi» e Lenny Kravitz ritiene che «le armi devono essere tolte di mezzo».
Fonte: http://www.lastampa.it
19 dicembre 2012