Obama alla (ri)conquista dell’Iraq


Michele Giorgio - Near Neast News Agency


Il presidente americano vuole dal Congresso nuovi poteri di guerra. Contro l’Isis, ma nel mirino forse c’è anche la Siria.


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President Barack Obama pauses as he speaks to reporters about the fiscal cliff in the Brady Press Briefing Room at the White House in Washington, Friday, Dec. 21, 2012. (AP Photo/Charles Dharapak)

Molto diverso da George W. Bush in politica interna e in economia, Barack Obama nelle vicende internazionali invece assomiglia sempre di più al suo predecessore guerrafondaio. Anche lui propugna la guerra come mezzo di risoluzione delle crisi internazionali, dall’Ucraina al Medio Oriente. Nel suo mirino ora c’è soprattutto lo Stato Islamico, l’Isis, almeno ufficialmente. Ieri il presidente Usa ha richiesto al Congresso, ossia ai compagni di partito, i Democratici, e agli avversari Repubblicani, nuovi poteri di guerra contro l’Isis sulla base però di alcune condizioni: un’autorizzazione limitata che non vada oltre i tre anni ma che allo stesso tempo non preveda limiti geografici e l’esclusione dell’impiego di truppe statunitensi. Il via libera del Congresso, ha sottolineato Obama, dovrà servire a mostrare al mondo che gli Usa sono «uniti nella determinazione a combattere la minaccia (posta dall’Isis)…Una minaccia alla stabilità dell’Iraq, della Siria, del Medio Oriente e alla sicurezza nazionale (degli Stati Uniti)». Obama ritiene di avere già l’autorità per condurre la guerra contro l’Isis. Lo sta facendo da sei mesi in base all’autorizzazione concessa dal Congresso nel 2002 a George W. Bush per la guerra in Iraq.

È perentorio il tono della lettera che Obama che ha inviato a deputati e senatori. «Se non affrontato – avverte il presidente – l’Isis diventerà una minaccia che andrà oltre il Medio Oriente e arriverà anche negli Stati Uniti». Un ammonimento frutto delle ultime informazioni giunte dall’intelligence americana: circa 20 mila foreign fighters si sono uniti all’Isis in Iraq e Siria e almeno altri 3.400 residenti in Paesi occidentali avrebbero provato a farlo, tra i quali circa 150 statunitensi. Non è detto però che le cose procederanno alla velocità che vorrebbe il presidente. Il New York Times ieri spiegava che la discussione potrebbe durare mesi prima di arrivare al voto. 

Con la sua richiesta Obama ha cercato di soddisfare i Repubblicani che non amano la sua politica in Medio Oriente e da anni gli chiedono l’uso del pugno di ferro contro i presunti nemici dell’America, e allo stesso tempo di venire incontro ai democratici, o almeno a una parte di essi, che non vogliono un nuovo massiccio coinvolgimento americano in un conflitto dalla durata e dagli sviluppi imprevedibili. Obama con l’elmetto ha subito convinto i Repubblicani. «Non sono d’accordo sulla politica estera del presidente…ma i nostri nemici e i nostri alleati devono sapere che parliamo con una voce sola… (votare la richiesta) è la cosa giusta da fare», ha detto il deputato repubblicano Jeff Falke.

Il presidente chiarisce nella lettera che l’autorizzazione richiesta al Congresso «fornirà – a suo avviso – la flessibilità necessaria per condurre operazioni a terra in limitate circostanze, blitz delle forze speciali contro la leadership dell’Isis o l’uso di forze a terra per la raccolta di informazioni di intelligence e individuazione di obiettivi da colpire. Allo stesso tempo precisa di non volere operazioni su larga scala e a lungo termine come quelle in Iraq e Afghanistan.

Fonte: http://nena-news.it

9 febbraio 2015

 

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