Nuovi crocifissi


Piero Piraccini


Due settimane fa, ad Ancona, in un meeting internazionale sulle politiche di cooperazione fra Italia, Europa ed Africa, si è parlato degli obiettivi del Millennio. Ma serve una politica alta.


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Nuovi crocifissi

Il 21 di marzo non è solo il primo giorno di primavera, è anche il giorno in cui nel 1960, a Sharpville, la polizia sudafricana uccise 70 persone che protestavano contro le discriminazioni verso la popolazione di colore. Da allora si celebra la giornata internazionale contro il razzismo.
Quasi 30 anni dopo, un ragazzo sudafricano che aveva visto la figlia ed il padre uccisi dalla stessa polizia per gli stessi motivi, cercò in Italia una patria che rispettasse quei diritti che la propria gli aveva negato.
Intervistato dalla TV, disse: “Il razzismo è anche qui. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi sarà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”. Quel ragazzo – il suo nome era Jerry Masslo – fu facile profeta: una notte, dopo l'ennesimo giorno trascorso a raccogliere pomodori a Villa Linterno, lo uccisero.
Altri braccianti come lui sono morti. Neri, magrebini, provenienti dall'est europeo.
(A proposito dell'est europeo: è vero, il muro di Berlino è caduto vent'anni fa. Finalmente. Era un nonsenso la sua esistenza. Da allora è iniziato un flusso continuo di immigrati che per oltre il 50% proviene proprio da quell'area. E la parola immigrati significa anche famiglie spezzate, speranze di vite spesso finite nella marginalità se non nella tragedia. E quel mondo che “ha vinto” mostra ogni giorno i suoi piedi d'argilla ed il suo cinismo. Vale la pena ricordarlo).
Dieci anni fa due ragazzini della Guinea – Yaguine e Fodè i loro nomi – decisero di mettersi in viaggio nel vano del carrello di un aereo per venire in Italia. Furono trovati assiderati. Avevano addosso una lettera: “Signori, membri e responsabili dell'Europa, è alla vostra solidarietà e gentilezza che noi gridiamo di aiutarci”.
Due settimane fa, ad Ancona, in un meeting internazionale sulle politiche di cooperazione fra Italia, Europa ed Africa, si è parlato degli obiettivi del Millennio, quelli  che i paesi ricchi si sono prefissati di raggiungere a favore dei paesi poveri, o meglio: impoveriti. Ad esempio l'impegno preso nel 2000 di dimezzare la fame nel mondo entro il 2015, versando una somma annua pari al 7 per mille del proprio PIL. Ad oggi gli affamati invece di diminuire, sono aumentati di circa 300000 unità. I paesi ricchi versano poco, l'Italia praticamente nulla nonostante le solenni promesse a L'Aquila, nel vertice dei G8.
Una triste contabilità dice che 15000 bambini muoiono ogni giorno per fame a fronte dei 3670 milioni di dollari spesi ogni giorno in armi. Dice Diouff, direttore generale della FAO, che se i produttori d'armi per dieci anni consecutivi si astenessero dal produrne per un periodo di 11 giorni,  la somma risparmiata consentirebbe la soluzione del problema della fame.
Ciò significa contrastare il mondo uscito da Berlino che ha sepolto i compromessi sociale e democratico affermatisi nel dopoguerra per un welfare generalizzato con i proventi delle tasse, versate sulla base del principio: chi più ha più paghi, e per un rapporto fra Stati tale che le controversie fossero composte col confronto. Bandendo restrizioni di diritti, rapporti commerciali basati sulla legge del più forte e ricorsi a guerre.
“Nell'Italia del presente, l'ideologia di destra parla di eguali ma all'interno di un ordine gerarchico che ha al primo posto la mono-etnia: “noi italiani” prima e contro gli “altri”, immigrati o non italiani”. (…) così da coniugarsi a concezioni identitarie forti e chiuse all'universalismo, spesso razziste e violente”. Lo scriveva Bobbio 15 anni fa. Considerazioni che trovano conferma in leggi che regolano gli stessi fatti secondo le persone che li compiono, gli italiani diversamente dagli immigrati, come se Costituzione e Dichiarazione universale dei diritti umani consentissero letture differenziate. O nella balzana idea leghista di bandire la presenza degli immigratati per il prossimo Natale, sicché chi proviene da Nazareth o da Betlemme non potrà celebrare la nascita di Gesù.
A dimostrazione di quanto sia stata assurda l'idea di assegnare il Premio Giovanni Paolo II al ministro Calderoli per la dimostrata “armonia con i principi cristiani e con i valori ereditati dalla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica”.
Ogni anno il comune assegna il premio “Cesena, città della pace”. Quest'anno il premio andrà alla fondazione sorta in onore di Jerry Masslo. Un modo per riconoscere l'importanza di un tragico fatto di ieri che parla dell'immigrazione di oggi, del rapporto ineguale fra Nord e Sud del mondo che interviene giornalmente sulle nostre vite, solo che la politica abbia testa e voglia di ascoltare. E di conseguentemente agire per evitare nuovi crocifissi. Ma serve una politica alta. Questo è il problema. 

Editoriale di Piero Piraccini

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