Nuove sanzioni Ue contro la Birmania per la condanna di Aung San Suu Kyi


Repubblica.it


Misure contro i 14 giudici responsabili del verdetto che confina la leader dell’opposizione in casa per 18 mesi.


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Nuove sanzioni Ue contro la Birmania per la condanna di Aung San Suu Kyi

L'Unione europea estende le sanzioni contro la Birmania ai giudici che hanno condannato la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi ad altri 18 mesi di arresti domiciliari. I nomi dei quattro responsabili del verdetto saranno aggiunti alla lista dei cittadini birmani indesiderati nella Ue e i cui beni vengono congelati. Il congelamento dei beni è stato inoltre ampliato a tutte le società possedute o comunque controllate da esponenti della giunta militare oppure da loro collaboratori a vario titolo. Si tratta, si legge nella nota di Bruxelles, di misure adottate "come reazione al verdetto contro Daw Aung San Suu Kyi, e in considerazione della gravità della violazione dei suoi diritti fondamentali" ('Daw' è un titolo genericamente onorifico consolidato nelle usanze birmane).

Oltre alla Presidenza di turno dell'Unione, ricoperta per il semestre in corso dalla Svezia, a favore di un inasprimento delle sanzioni a carico del regime di Rangoon si erano pronunciati diversi Stati membri, tra i quali la Gran Bretagna, ex potenza coloniale nel Paese asiatico, la Francia e l'Italia.

Il premio Nobel per la Pace, che ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni in stato di detenzione,è stata condannata martedì scorso a tre anni di lavori forzati, poi commutati in 18 mesi ai domiciliari nella sua casa di Rangoon. Suu Kyi è stata giudicata colpevole di aver infranto il regime di restrizione cui era sottoposta facnedo entrare nella sua abitazione un pacifista americano. L'uomo, John Yettaw, è stato a sua volta condannato a sette anni di lavori forzati.


L'ennesima condanna inflitta dalla giunta militare alla leader della Lega nazionale democratica di fatto la taglia fuori dall'attività politica in vista delle elezioni dell'anno prossimo. Una mossa che ha suscitato sdegno in tutto il mondo, anche se poi l'ostruzionismo di pechino ha impedito al Consiglio di sicurezza dell'Onu di adottare un documento contro il regime militare di Rangoon.

Fonte: repubblica.it
13 Agosto 2009

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