Nuova autobomba a Damasco: almeno 10 morti
Emma Mancini - nena-news.globalist.it
Siria nel sangue: fallita la tregua, combattimenti in tutto il Paese. Autobomba uccide 10 persone nella zona di Jaramana popolata da cristiani e drusi.
Un’autobomba ha ucciso oggi a Jaramana, vicino Damasco, almeno 10 persone. Lo ha riferito la tv di stato siriana, precisando che l’attentato e’ avvenuto in via Rawda e che tra le vittime ci sono donne e bambini. Jaramana e’ un’area popolata in maggioranza da cristiani e drusi. Secondo altre fonti i morti sarebbero stati 12 e 15 i feriti.
Nell’ultimo giorno di quello che avrebbe dovuto essere un cessate il fuoco tra governo e opposizioni, l’aviazione siriana ha bombardato la roccaforte dei ribelli a Damasco: centrato stamattina il quartiere di Harat al-Shwam, a Est della capitale siriana.
I bombardamenti contro il quartiere sunnita, secondo i racconti dei gruppi di opposizione, sono cominciati ieri pomeriggio. Esplosioni sono state sentite anche nei quartieri sunniti di Zamalka, Irbin e Harasta: qui, secondo l’Harasta Media Office, acqua e elettricità sono state tagliate. Intanto gruppi di ribelli hanno compiuto raid in postazioni dell’esercito governativo, aprendo il fuoco e uccidendo quattro soldati.
Gli scontri nel cuore della capitale si fanno sempre più cruenti, nessuna delle due parti ha rispettato la misera tregua chiesta dall’inviato speciale di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, per permettere al popolo siriano di celebrare in relativa pace la festività musulmana dell’Eid: ieri truppe governative e gruppi armati ribelli si sono scontrati in tutto il Paese. Per un bilancio finale di 150 morti venerdì, oltre 120 sabato, circa 100 domenica, nei primi tre giorni di supposto cessate il fuoco.
A seguito della richiesta di Brahimi, entrambe le parti si erano dette pronte a far tacere le armi per quattro giorni in occasione dell’Eid (dal 26 al 29 ottobre) e di riprenderle in mano solo in caso di aggressione. Non è chiaro chi abbia rotto la tregua per primo, ciò che è certa è la completa mancanza di volontà nel rispettare l’impegno, in quella che ormai è una guerra civile sempre più sanguinaria.
Un bagno di sangue a cui pare impossibile porre fine e che, secondo Nazioni Unite e associazioni per i diritti umani, a 19 mesi dall’inizio del conflitto avrebbe portato alla morte di 35mila siriani. L’inviato Brahimi, sostituito di uno scoraggiato Kofi Annan che ha lasciato l’incarico l’estate scorsa, non ha reso noto il prossimo passo della comunità internazionale: il dialogo tra il presidente Bashar Al-Assad e le opposizioni – tante e divise – è completamente fermo.
Brahimi si presenterà di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a novembre con nuove proposte per costringere le due parti a sedersi al tavolo del negoziato. L’inviato speciale dovrebbe incontrare questa settimana le autorità cinesi e russe per discutere le eventuali soluzioni per porre fine alla crisi siriana.
E intanto la guerra civile fuoriesce dai confini siriani. In Iraq, le autorità di Baghdad hanno ispezionato un cargo iraniano diretto in Siria per verificare la presenza a bordo di armi dirette all’esercito governativo. La decisione di procedere all’ispezione – l’Iraq è buon alleato di Teheran e l’unico Paese della Lega Araba ad essersi sempre opposto alle sanzioni contro Damasco – nasce dalle pressioni statunitensi, convinte che Baghdad diventi una base di smercio e passaggio di armi e forniture militari per Assad.
Nassir Bandar, capo dell’Autorità per l’Aviazione Civile irachena, ha detto alla stampa che l’ispezione è stata effettuata sabato e non ha portato ad alcun risultato: l’aereo iraniano era pulito – a bordo solo forniture mediche – ed ha ricevuto l’autorizzazione a proseguire il suo viaggio.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
29 ottobre 2012