Nord del Negev: Israele rade al suolo un intero villaggio di beduini palestinesi
Michela Perathoner
Sono circa 90mila e vivono all’interno dei cosiddetti “villaggi non riconosciuti”: località situate nel deserto del Negev che, considerate illegali dal governo di Israele, non si trovano nelle cartine ufficiali dello Stato.
Eppure, molti dei villaggi in questione esistevano prima della creazione dello Stato di Israele, altri nacquero in seguito all’espulsione di intere tribù beduine da parte dell’esercito israeliano dopo il 1948. Decine di migliaia di cittadini beduini, che rappresentano circa il 25 per cento della popolazione del nord del Negev occupandone solo il due per cento del territorio, vivono senza accesso a servizi base come acqua, elettricità e fognature, in abitazioni- tende- quotidianamente a rischio di demolizione da parte delle autorità israeliane. (Per maggiori informazioni: “Off the map”, documento Human Rights Watch in .pdf)
Come il villaggio di al–Araqib che è stato interamente raso al suolo – riporta l'associazione Palestine Monitor – per ben tre volte in due settimane tra fine luglio e inizio agosto. Secondo l’associazione, il 27 luglio scorso 1500 soldati, accompagnati da circa 500 poliziotti volontari (studenti della scuola superiore locale) avrebbero demolito il villaggio per la prima volta. Gli abitanti avrebbero poi provveduto a ricostruire alcune delle loro abitazioni con l’aiuto di volontari, ma anche queste sarebbero state abbattute dai bulldozer il 4 agosto. Il 10 agosto, poi, le autorità israeliane sarebbero tornate la terza volta per completare la demolizione di al-Araqib.
Secondo Abu Freih e Ye’ela Raanan, rappresentanti del Regional Council for the Unrecognized Villages, organizzazione che opera per la difesa dei diritti dei beduini del Negev, solo alcuni degli sfrattati del villaggio avrebbero a disposizione altre abitazioni dove recarsi. “Almeno 250 persone sono ora rimaste senza un’altra opzione” – ha precisato Ye’ela Raanan.
Come dichiarato dal Negev Coexistence Forum – un’organizzazione per i diritti dei beduini – la località di al-Araqib, uno dei villaggi non riconosciuti da Israele, sarebbe esistito prima della creazione dello Stato di Israele nel 1948 e i residenti vi sarebbero ritornati dopo essere stati sfrattati dallo Stato nel 1951. La maggior parte dei villaggi si trovano, infatti, intorno a Beer sheva (la quarta città israeliana per dimensioni e la “capitale” del Negev), il deserto di Israele: il terreno dove si trova al-Araqib, in particolare, sarebbe considerato dalla bozza di piano urbanistico per Beer Sheva “area ricreativa” e “zona di foresta”.
“Gli ufficiali israeliani sostengono di rispettare semplicemente gli ordini di zona e di costruzione precisando che i beduini possono trasferirsi in sette città esistenti e pianificate dal Governo nonché in una manciata di villaggi recentemente riconosciuti” – spiega l’organizzazione per la tutela dei diritti umani Human Rights Watch.
“Le città esistenti e pianificate dal Governo rappresentano sette delle otto comunità più povere di Israele e non sono adatte per l’accoglienza di nuovi residenti. Molti – se non la maggior parte dei beduini – hanno rifiutato il trasferimento all’interno delle città che hanno infrastrutture minime, un alto tasso di criminalità, scarse opportunità lavorative e terre insufficienti per svolgere le loro attività tradizionali” – sottolinea Human Rights Watch. Trasferendosi, i beduini dovrebbero inoltre rinunciare alle proprie pretese di proprietà, rinunciando a diritti trasmessi di generazione in generazione.
Come riportato sempre da Human Rights Watch, Israele avrebbe demolito, a partire dagli anni '70, migliaia di abitazioni di beduini nel Negev e ben 200 negli ultimi due anni. Numerose strutture sarebbero state distrutte in passato anche ad al-Araqib, mai però l’intero villaggio. Il tutto senza tenere conto delle pretese della popolazione locale, che in molti casi sarebbe in possesso di documenti di proprietà del territorio. L’amministrazione per il territorio (Land Administration), poi, avrebbe utilizzato, a partire dal 2002, erbicidi sui campi degli abitanti del villaggio per spingerli a lasciare la zona: una pratica dichiarata illegale dalla Corte Suprema israeliana nel 2007.
“Abbattere un intero villaggio lasciando gli abitanti senza casa e senza avere esaurito ogni altra opzione di risoluzione della situazione è indignante” – ha dichiarato Joe Stork, vicedirettore di Human Rights Watch, precisando che “gli attacchi alla proprietà di questi cittadini israeliani dimostrano che le politiche discriminatorie di Israele nei confronti dei beduini arabi palestinesi non sono cambiate”.
Fonte: www.unimondo.org
16 Agosto 2010