Non si può morire per una scarpa
Paolo Serventi Longhi
Al Zaidi rischia grosso. E’ stato pestato a sangue dai G men americani e dalla polizia, gettato in una prigione e accusato di nefandezze indicibili. L’appello: "La pena deve essere proporzionale al danno arrecato".
Due secoli fa si teorizzava che la penna potesse far più male della spada o della pistola. Il che è vero. Ora bisogna riconoscere che una scarpa lanciata ad altezza giusta (e abilmente schivata) può davvero distruggere ogni residua parvenza di credibilità di una guerra sbagliata, cominciata per rafforzare una amministrazione sull'orlo del fallimento, sulla base di informazioni false e create ad arte.
La scarpa gettata contro Bush da Muntafer Al Zaidi, reporter del canale iracheno Al Baghdadia, rappresenta un gesto simbolico, per quanto violento e certo non condivisibile, di un popolo che continua a vivere la tragedia di una occupazione militare oppressiva e senza senso, il dramma di una nazione che è scivolata direttamente dalla dittatura di Saddam al controllo delle truppe angloamericane. Ora, però, accade che, mentre il presidente americano per fortuna uscente ammette l'errore di una guerra assurda, il governo fantoccio di Bagdad accusa Al Zaidi di "terrorismo", reato per il quale c'è in Iraq la pena di morte. D'altra parte il giornalista, che era regolarmente accreditato alla conferenza stampa, è stato pestato a sangue dai G men americani e dalla polizia, gettato in una prigione e accusato di nefandezze indicibili. Ora rischia grosso, nonostante dalla società irachena giungano appelli ripetuti per salvargli la vita tanto che manifestazioni in questo senso si sono svolte in diverse città del paese. La Federazione Internazionale dei Giornalisti, con sede a Bruxelles, ha invitato i colleghi di tutto il mondo ad evitare di manifestare in modo così forte il proprio dissenso. D'altra parte la penna (oppure il pc, la video camera, ecc.) rappresentano strumenti efficaci, comunque propri della professione. Ma la Ifj ha anche rivolto un appello alle istituzioni internazionali ed ai governi iracheno e degli Stati Uniti per salvare Al Zaidi. Anche noi riteniamo che la pena debba essere proporzionale al danno arrecato, minimo per Bush almeno dal punto di vista fisico. Per questo aderiamo all'appello.
Fonte: Articolo21
19 dicembre 2008