Non c’è pace senza disarmo!
La redazione
La storia ci ha insegnato che la guerra non è mai una soluzione e che le conseguenze non si limitano ai disastri sul campo, ma durano per decenni. Possiamo dire che gli interventi di prevenzione o pacificazione, anche i più complessi, hanno un costo economico e sociale molto più basso per la collettività.
Fermare l’industria degli armamenti è l’unica via per la pace globale!
La guerra si nutre da sola, il celebre adagio consegnato ai posteri da Tito Livio è tragicamente attuale, ma non ineluttabile. L’autofagia dei conflitti armati si può fermare con il coraggio di non girarsi dall’altra parte e di scegliere azioni concrete per favorire la pace.
La finanza etica dalla sua nascita esprime il suo fermo no alle attività e ai settori legati alle armi. Da oltre 20 anni Banca Etica ed Etica Sgr portano avanti questa mission; una scelta di campo coerente sempre più apprezzata dai risparmiatori e dalle organizzazioni che chiedono prima di tutto concretezza ai propri valori, anche nelle scelte finanziarie.
La storia ci ha insegnato che la guerra non è mai una soluzione e che le conseguenze non si limitano ai disastri sul campo, ma durano per decenni. Con il senno di poi possiamo dire che gli interventi di prevenzione o pacificazione, anche i più complessi, hanno un costo economico e sociale molto più basso per la collettività.
L’inizio di una guerra, anche se annunciata e probabile, è sempre uno shock che crea dilemmi etici sul che cosa fare per fermarla. Il Gruppo Banca Etica è nato anche grazie alla spinta del movimento pacifista italiano e in Etica Sgr, fin dalla nascita, abbiamo cercato di tradurre in pratica finanziaria il rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
La selezione dei titoli che compongono i nostri fondi esclude, da sempre, investimenti in attività e società legate agli armamenti o in imprese che hanno legami con la produzione ed il commercio delle armi. Siamo convinti che demilitarizzare i rapporti tra gli Stati e far crescere una cultura del dialogo non armato può aiutare a trovare altri modi per risolvere quelle controversie internazionali che rischiano di diventare pretesto per la guerra.
Impedire l’escalation del conflitto e la minaccia nucleare
Il nesso tra sviluppo economico e sociale e un cessate il fuoco globale è ben illustrato nell’Agenda per il disarmo, il piano delle Nazioni Unite per la sicurezza integrale. L’Agenda mostra come la proliferazione delle armi, anche in Paesi che non sono in guerra, impatti negativamente su tutte le sfere della vita umana compromettendo la realizzazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nel programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu.
Un’analisi condotta dall’International Peace Bureau trasla il costo di alcuni armamenti in termini di beni e servizi sanitari: una nave militare Fremm vale lo stipendio di 10.662 medici per un anno (media Paesi Ocse); per un caccia F-35 si spende quanto per allestire 3.244 posti letto in terapia intensiva; un sottomarino nucleare di classe Virginia costa come 9.180 ambulanze. Secondo l’autorevole Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), che dal 1966 effettua ricerche sulla sicurezza internazionale e gli armamenti, le risorse riservate al comparto militare a livello globale dai Governi ammontano a poco più di 1.910 miliardi di dollari, il 2,2% del Pil mondiale, che equivale a una spesa media di 249 dollari a persona. La metà di questi fondi basterebbe per avere un’assistenza sanitaria globale e per ridurre significativamente le emissioni di carbonio.
La corsa agli armamenti non previene i conflitti
L’Italia nel 2019 (dati SIPRI) ha destinato alle spese militari 24 miliardi di euro, l’1,4% del Pil. Nel 2021 la spesa è aumentata arrivando a 25,8 miliardi, equivalenti a 68 milioni al giorno mentre le previsioni per il 2022 indicano che la spesa arriverà a 104 milioni al giorno, equivalenti a 38 miliardi l’anno, ovvero il 2% del Pil italiano. Alle radici di questo obiettivo un accordo informale del 2006 tra i Ministri della Difesa dei Paesi Nato.
Il primo Trattato per mettere al bando le armi nucleari
Una soluzione concreta verso la creazione di un mondo libero finalmente dal ricatto bellico è l’adozione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW). Il primo strumento giuridico legalmente vincolante che mette al bando le armi atomiche. Ne vieta lo sviluppo, lo stoccaggio, l’uso e anche la minaccia di uso. Il Trattato, entrato in vigore il 22 gennaio 2021, è stato finora ratificato solo da sei 6 Paesi europei (l’Italia non figura tra questi) e da nessuna delle potenze nucleari mondiali.
Tuttavia, a un solo anno dall’introduzione del TPNW, una ricerca di ICAN e PAX ha rilevato che questo cambiamento nel panorama legale sta già influendo le scelte degli investitori mondiali: solo l’anno scorso sono state 121 le istituzioni finanziarie (fondi pensione, gestori del risparmio e compagnie assicurative) che hanno deciso di smettere di investire in società che producono armi nucleari, generando un significativo calo di valore per gli azionisti delle 25 società al mondo coinvolte.
Etica Sgr insieme a Rete Pace Disarmo è tra i sostenitori della campagna “Italia Ripensaci” nata per traghettare l’Italia verso il disarmo nucleare e farla aderire con consapevolezza al Trattato per la proibizione delle armi nucleari.
Gli investimenti etici generano sviluppo sostenibile e depotenziano l’industria bellica
La pratica finanziaria del Gruppo Banca Etica si fonda da sempre sulla consapevolezza che la corsa agli armamenti possa danneggiare ogni aspetto della vita umana. Etica Sgr cerca quotidianamente di tradurre in un valore misurabile il suo rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ecco perché i nostri fondi rifiutano ogni investimento in società che hanno a che fare con la produzione e il commercio di armamenti.
Non solo: la selezione alla base degli investimenti dei fondi di Etica Sgr esclude anche titoli di stato di paesi che prevedono la pena di morte, o che non garantiscono le libertà civili, la libertà di stampa e i diritti politici. È escluso anche il settore estrattivo di fonti fossili.
Non è un caso che i fondi etici di Etica Sgr non investono in aziende russe e bielorusse, così come nei titoli di stato di questi due paesi. Evidenziamo anche che, ad oggi, è sospeso l’investimento dei fondi in titoli appartenenti al settore finanziario (con l’eccezione di alcuni Green Bond per il fondo Etica Impatto Clima), fortemente impattato dalla volatilità di questi giorni. Questo fa sì che le maggiori banche esposte sulla Russia non siano presenti nell’universo investibile dei fondi di Etica Sgr.
La finanza etica mette al centro dell’attività economica e finanziaria le persone e il Pianeta e agisce sempre con l’obiettivo di riformulare i fini e i mezzi della finanza per creare un valore economico che promuova il bene comune e collabori a costruire un futuro di tutti e per tutti.