Non c’è pace in Somalia
La redazione
L’acuirsi delle violenze a Mogadiscio riporta il Paese del Corno d’Africa sotto i riflettori della comunità internazionale. Ma ong e organizzazioni chiedono da mesi (inascoltate) un intervento "urgente" per arginare la crisi umanitaria.
La Somalia non trova pace. Il recente riacutizzarsi dei combattimenti a Mogadiscio sta causando decine di morti e centinaia di feriti tra i civili, un nuovo esodo di disperati dalla città. A riferirlo sono ong e organizzazioni internazionali, che da mesi segnalano l’aggravarsi delle condizioni di vita per milioni di somali e lanciano appelli per un intervento “urgente” della comunità internazionale volto ad arginare una emergenza umanitaria definita dagli esperti più critica di quella del Darfur. Secondo le ultime stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), circa 7mila persone hanno abbandonato le loro case a causa degli scontri tra le milizie delle deposte Corti islamiche e i soldati del governo transitorio, sostenuti dalle truppe di Addis Abeba. L’esodo dalla città martoriata dalla guerra va ad aggravare una situazione già drammatica nel Paese del Corno d’Africa, dove oltre un milione di persone sono già sfollate e .
Tra le vittime ci sono molte donne e bambini. L’ultimo attacco riferito da fonti locali parla di almeno dodici civili uccisi e nove feriti in modo grave durante un’incursione dell’esercito etiopico a Baidoa, 250 chilometri a nord ovest di Mogadiscio. In risposta all’esplosione di una bomba piazzata sul ciglio della strada che ha provocato la morte di un soldato etiopico, l’esercito di Addis Abeba ha infatti risposto aprendo il fuoco in tutte le direzioni. A cadere in terra sono stati passanti innocenti. Un’esplosione simile, sempre a Baidoa, il giorno prima aveva ucciso quattro militari e quattro civili.
Prove di dialogo
Negli ultimi giorni ci sono stati altri morti nel nord del Paese e nella stessa capitale, dove una settimana fa in appena 48 ore sono state massacrate 85 persone e ne sono state ferite altre 120, secondo i dati forniti dalla ong locale Elman. Stando a quanto risulta all’organizzazione per la pace e i diritti umani in Somalia, soltanto l’anno scorso sono state circa 6.500 le vittime tra la popolazione. Si tratta dei peggiori scontri scoppiati da diversi mesi nella capitale. La furia guerriglia urbana, soprattutto nei quartieri a nord della capitale, accompagnata dalla paura di agguati dei cecchini e trappole esplosive, non ha permesso di spostare per ore e ore i cadaveri dalle strade. Tra le vittime, ancora una volta per lo più civili, c’erano anche nove religiosi islamici, i cui cadaveri giacevano vicino alla moschea di al-Hidaya. “Erano predicatori innocenti e sono stati barbaramente uccisi dai soldati etiopici”, hanno riferito i residenti. L’eccidio ha sparso il panico nella popolazione e ha contribuito al nuovo esodo dalla città. Colpi di mortaio, bombe e pallottole vacanti sono una continua minaccia per gli abitanti della capitale. I pochi che sono rimasti in città (per non lasciare tutto o perché non hanno abbastanza soldi per partire) restano per lo più chiusi in casa. Le strade sono deserte, pattugliate da carroarmati e mezzi pesanti etiopici. E anche quando le armi tacciono, tra la popolazione il timore di una ripresa dei combattimenti è forte. La gravità della situazione allontana sempre di più la prospettiva del raggiungimento di una soluzione pacifica attraverso il dialogo politico tra il governo di Nur Hassan Hussein e il cosiddetto gruppo di Asmara, che raccoglie gli oppositori all’esecutivo. Le due parti hanno avviato negoziati di pace a Gibuti e a Nairobi, ma l’acuirsi delle violenze ha bloccato le trattative. Estraneo all’intesa, il nucleo duro integralista, che continua a colpire e destabilizzare soprattutto la capitale, che frattanto si è impadronito di altre due città: Guda, sulla costa meridionale, e Dinsor, nel centro del Paese. A Wajid, conquistata due settimane fa, i ribelli fondamentalisti hanno inoltre imposto la ‘sharia’, la legge coranica.
Il dramma dei profughi
Nel 2007 circa 700mila persone sono fuggite da Mogadiscio e si sono accampate in varie parti del Paese. In particolare, nella macchia che circonda la capitale e sulla strada che porta alla cittadina di Afgooye, a 30 chilometri ad ovest di Mogadisico, dove già vivono in condizioni precarie più di 250mila sfollati. Le agenzie umanitarie internazionali e le ong devono anche fare fronte agli enormi problemi legati alla sicurezza, che ostacolano la libertà di movimento e quindi la capacità di raggiungere le vittime degli scontri per fornire loro protezione e assistenza. Testimoni hanno riferito all’Unhcr che nelle ultime settimane più di mille famiglie sono fuggite da due quartieri a nord di Mogadiscio a causa dei continui scontri tra le forze del governo transitorio e degli alleati etiopi da una parte, e i gruppi di insorti, dall’altra. Secondo quanto riportato dalle fonti, negli ultimi giorni decine di civili sono stati uccisi o feriti. Appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno, l’agenzia Onu darà il via ad una nuova distribuzione di materassini, coperte, taniche e teli di plastica a 14mila famiglie (circa 84mila persone) che vivono negli insediamenti sparsi lungo la strada da Mogadiscio ad Afgooye. La prima fase della distribuzione raggiungerà 7mila famiglie.
Appelli senza risposta
Il mondo non si dimentichi della Somalia. E’ l’accorato appello lanciato a fine marzo da quaranta organizzazioni umanitarie, che hanno chiesto alla comunità internazionale e alle parti in conflitto nel Paese del Corno d’Africa di intervenire con urgenza per risolvere la “catastrofica” crisi umanitaria in atto, che coinvolge centinaia di migliaia di somali. Il medesimo appello era stato lanciato da Roma in novembre da ‘ItaliaAiuta’, coordinamento di Ong di cui fanno parte Cesvi, Cisp, Coopi, Cosv, Intersos e Movimondo, da anni attive nella regione del Corno d’Africa. “La crisi che attanaglia la Somalia”, scriveva Oxfam il mese scorso, “si è drammaticamente aggravata, mentre è sempre più difficile per la popolazione accedere ad acqua, cibo e medicinali”, a causa dei frequenti attacchi agli operatori umanitari. Per troppo tempo, proseguiva il comunicato, “i bisogni della popolazione somala sono stati dimenticati”. L’aumento-record dei prezzi di grano e altri cereali, l’inflazione e la siccità spiegato gli oepratori dal terreno, hanno esarcebato una situazione che peggiorerà ulteriormente se tarderà, come sembra destinato ad accadere, l’attesa stagione delle piogge.
Fonte: AGI Mondo ONG