Nel sistema dei media serve una forte discontinuità


Articolo 21


Dopo l’Assemblea generale di Roma l’intervista a Giuseppe Giulietti per fare il punto della situazione dei media. Se ne parlerà anche ad Assisi al al Seminario Nazionale della Tavola della pace venerdì 28 e sabato 1 marzo.


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Nel sistema dei media serve una forte discontinuità

All'indomani dell'assemblea generale che ha visto riunite tante associazioni del settore dei media insieme ad Articolo 21, in una intervista con Giuseppe Giulietti facciamo il punto della situazione dei media. Quali proposte fare, come confrontare il documento con la politica. E parliamo anche di come e con chi Articolo 21 proseguirà le sue campagne. C'è anche tempo per discutere di se e come Articolo 21 sarà rappresentato in Parlamento.

Articolo21 insieme al Comitato per le libertà ha tenuto la sua assemblea nazionale a Roma. Un appuntamento importante per il mondo della comunicazione…
L’assemblea è andata al di là di ogni aspettativa. Ringrazio le migliaia di persone che hanno sottoscritto l’appello, le associazioni e i movimenti che hanno partecipato all’assemblea e confermato che attorno a temi come la legalità, la qualità e la libertà d’informazione, c’è una sensibilità superiore a quella che si percepisce nel dibattito politico. Nella società civile c’è la piena consapevolezza che l’articolo 21 della Costituzione non sia di proprietà della politica, degli editori e dei giornalisti ma riguardi la vita quotidiana di ciascuno. Ed è una cosa molto seria, che va ben oltre il tema del conflitto di interessi di Berlusconi perché è la necessità di rappresentare il mondo, di rappresentare sé stessi e gli altri

Ma non c’è il rischio che Articolo 21 e questa rete di singoli, di associazioni, di movimenti siano sempre le cassandre dell’informazione. L’accusa è soprattutto quella di demolire e non proporre, lei come risponde?
Mi auguro che chi insiste con questa critica abbia voglia di leggere il documento che è scaturito dall’assemblea. Credo, infatti, che su questa materia contenga decine di proposte verificabili, applicabili a costo zero e che garantirebbero la discontinuità nel sistema della comunicazione così come fino ad ora siamo abituati a viverlo.

Discontinuità nel comparto dei media. Non è quello che chiede anche il leader del Pd, Veltroni?
Walter Veltroni dice basta con le pigrizie e i conservatorismi. Anche in questo settore si deve avere il coraggio di andare oltre. E questa sua considerazione, questa sua proposta è musica per le nostre orecchie. Chiunque chieda discontinuità in questo mondo non può che trovare il nostro consenso. E siamo convinti della necessità che questa discontinuità sia netta, radicale, verificabile e che davvero rompa i ponti con un passato che non troviamo entusiasta perché costellato di irrisolti conflitti di interesse, di sentenze aggirate, di professionalità umiliate e di una omologazione sempre più spaventosa tra pubblico e privato. Ed è un passato che è fatto anche di atteggiamenti corrotti. Quindi, per quanto ci riguarda, c’è ben poco da difendere del sistema attuale.

E questa è la fase della “demolizione” di quel che c’è. Ma con quali proposte si ricostruisce un nuovo assetto dei media, con quali regole. E chi le fa queste le regole, chi controlla che vengano applicate?
D’intesa con tutte le altre associazioni, anche se ciascuna gelosissima della sua autonomia, abbiamo lanciato una campagna nazionale in cui chiediamo che la politica rinunci a controllare il sistema mediatico pubblico e privato. Va risolto il conflitto di interessi nel sistema privato che è rappresentato da Berlusconi, ma tutte le forze politiche devono garantire che non intendono più avvalersi della legge Gasparri per la nomina del Cda della Rai. Quella legge, infatti, ha riconsegnato interamente ai partiti il controllo del servizio pubblico. Ed è purtroppo una cosa che piace a molti. Chiederemo a tutti di mettere in pratica questa discontinuità, e che sia attuata la proposta per far diventare la Rai Fondazione arrivando alla definizione di un Amministratore delegato. Ma pretendiamo pure che vengano introdotte pratiche trasparenti per assunzioni, carriere, gestione degli appalti e valorizzazione delle risorse interne. Ci piacerebbe che le cosiddette grandi intese ci fossero a partire dai principi di trasparenza, nella definizione delle regole e nel rallentamento del controllo politico.

Insomma, non una legge contro Berlusconi e il suo potere mediatico?

Bisogna uscire tutti da questa ossessione. Molti hanno rassicurato Mediaset spiegando che non c’è alcuna intenzione di fare del male ad una grande azienda. Ci mancherebbe altro. In Italia bisogna rassicurare Mediaset ma contestualmente anche altri soggetti: chi non ha visto riconosciuti i propri diritti, chi non è entrato in un mercato chiuso, chi aspetta da anni la riforma dell’editoria e del libro. Dobbiamo rassicurare tutti che è finita davvero l’era del conflitto di interesse e delle leggi ad personam, che gli interessi privati non prevarranno su quelli collettivi, che l’Italia, come ogni paese europeo, applicherà le sentenze dell’Unione Europea e che permetterà a ogni soggetto, anche nuovo e nuovissimo, di entrare nel mercato dei media. Del resto oggi non è più tempo di duopolio a nessun livello, l’accesso a questo mercato per tutti è una autentica forma di modernità.

Ci sono molti che sostengono che con le nuove tecnologie e la banda larga non occorrerà antitrust perchè il mercato ampio è garanzia di pluralismo. Quindi tutto questo impegno non è fatica sprecata?
Lo chiedessero a qualsiasi economista anglosassone e liberale. La moltiplicazione dei canali non risolve il tema della concentrazione delle risorse pubblicitarie. E se pochissimi soggetti hanno il controllo dominante sui canali di trasmissione, ci troviamo in aperta violazione dei principi comunitari ma anche costituzionali. Attenti a quel che si dice e si sostiene, perché si rischierebbe di essere bocciati a qualsiasi esame di diritto costituzionale.

Il documento si regge su tre parole chiave: legalità, libertà e qualità. Cominciamo dalla prima…
Mi viene persino da ridere. Solo reclamare l’applicazione del principio di legalità fa capire che il sistema mediatico è malato. E negli anni lo hanno segnalato tutte le più autorevoli agenzie indipendenti internazionali. Le sentenze dell’alta corte di giustizia su Italia 7 e le direttive comunitarie in Italia più volte violate; le sentenze della Corte Costituzionale aggirate, non possono diventare merci sottoposte a trattativa, ma principi che devono trovare piena applicazione. Per questa ragione il Comitato delle libertà con Paolo Serventi Longhi quale coordinatore, tra le prime iniziative ha immaginato un grande appuntamento in sede europea affinché questi principi comunitari siano applicati anche in Italia ma soprattutto perché i grandi temi della democrazia mediatica diventino oggetto di una risoluzione comune in Europa.

Seconda parola: Libertà?
Chiediamo che anche in questo campo si diventi come qualsiasi altro paese europeo. Per questo chiediamo autonomia delle autorità di garanzia (non solo dell’AgCom ma anche dell’Antitrust), modificandone la fonte di nomina che è parlamentare. La libertà passa per la risoluzione del conflitto di interesse, passa dal portare le forze politiche fuori dalla Rai e per l’abolizione della Commissione di vigilanza perché organismo di controllo e non di indirizzo.

La politica dunque esclusa da qualsiasi ruolo?

Certo che alla politica spetta un ruolo. Ma è come in edilizia dove alla politica si chiede però di stendere le linee di un Piano regolatore, non di fare gli amministratori di condominio. Nel settore dei media il ruolo deve essere lo stesso. Quello legislativo e normativo. Poi il controllo deve essere assicurato da una fortissima autorità indipendente sottratta anch’essa al controllo politico e partitico, che sappia scegliere in autonomia di fronte a qualsiasi violazione. Questa è la discontinuità. Siamo disposti tutti quanti ad agire su questo versante?

Rimane l’ultima delle parole chiave: qualità…
Su questo tema Art 21, d’intesa con la Tavola della Pace, Libera, con i canali donne, lavoro, ideeradio, con l’Arci e le tante associazioni laiche e cattoliche, con le associazioni dei giornalisti, dei registi, del gruppo dei Centoautori intende aprire una vera e propria campagna nazionale su iniziative non generiche ma mirate.

Per esempio?
Perché non immaginare una grande proposta di legge d’iniziativa popolare che affermi come i programmi su delitti e processi debbano essere collocati in fascia protetta, dopo la mezzanotte, e i programmi su Cina, Darfur, sulle morti bianche, su quel che accade n Italia e nel mondo in prima serata? Certo, sarebbe una provocazione per fare capire che in questo momento si considera normale che il Grande Fratello e il delitto di Perugia siano in prima serata mentre per vedere i media che danno spazio alla moratoria sulla pena di morte e sulle morti bianche dobbiamo aspettare che ci siano il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Pontefice insieme a tante altre associazioni a pretenderlo. Siamo addirittura giunti al punto di restare allibiti e compiaciuti quando Benigni e Paolini appaiono in tv mentre dovrebbe essere una cosa normale.

Questa, lo diceva anche lei, è una provocazione. Ma c’è una prima proposta concreta?
Dall’assemblea ne è stata lanciata una interessante per dare nuova creatività e nuove idee al sistema. Pubblico e privato potrebbero rintracciare risorse comuni. Il pubblico investendo una piccola cifra del canone, il privato ottenendola dalla pubblicità. Pensiamo ad un fondo comune per la cultura e l’innovazione destinato a promuovere nuovi autori, produttori, creativi e consentire loro di potere immettere nelle reti quelle che ci sono e quelle che ci saranno, nuove produzioni. Un fondo per mettere in movimento nuove creatività in chiave multipiattaforma, dando a tanti giovani un piccolo spazio di opportunità e sottrarre questo mondo al dominio dei signori del format, di cui purtroppo anche il servizio pubblico è vittima da molti anni.
Poi si dovrebbe dare un segnale di discontinuità politica nel nuovo Parlamento. Spero che chi sarà in parlamento depositi questa proposta come la riforma del libro e dell’editoria. Si dia il segnale che lo scenario è cambiato, si proponga questo fondo sull’innovazione e i talenti, si dia sostegno alla diffusione della banda larga, si approvi una legge sull’editoria e il libro che metta insieme il meglio della legge Bonaiuti e del progetto di Ricardo Levi. In quest’ultimo caso rispondendo alle richieste giunte con forza da editori, distributori, edicolanti, autori, sindacati.

Che tipo di risultati può produrre questo documento nella fase politica di queste settimane?

La nostra non è stata un’assemblea elettorale ma una tappa di un percorso che va avanti da anni. Per quel che ci riguarda invieremo il documento con tutte le firme e l’adesione di oltre 10mila persone a tutte le forze politiche e ai candidati alla presidenza del Consiglio affinché, se lo riterranno, si esprimano su questi punti. Il nostro obiettivo è riportare questo tema all’attenzione generale. Non è il conflitto di interessi ma il tema della democrazia mediatica ad interessarci. Non ci interessa avere la risposta sul “caso” Berlusconi, vogliamo attenzione e una rinnovata azione dopo le elezioni anche perché, nonostante la generosità di Gentiloni, forze molto potenti e trasversali sono riuscite a bloccare tutto quel che di buono si era impostato.

Articolo 21 fino ad oggi ha avuto in lei, che è portavoce dell’associazione, un rappresentante in Parlamento. Domani come sarà?
Credo che questi temi vivano a prescindere dai singoli casi e anche rispetto alla mia collocazione futura. Approfitto di questa intervista per ringraziare l’associazione, la redazione del giornale. Il Presidente Federico Orlando e il segretario Tommaso Fulfaro. E anche quegli straordinari parlamentari che hanno collaborato con Articolo 21 e che mi auguro possano essere ancora protagonisti. Penso a Tana de Zulueta, a Nicola Tranfaglia, a Pietro Folena, Antonello Falomi, ai ministri Paolo Gentiloni e Cesare Damiano, a Roberto Zaccaria che sin dall’inizio è stato tra i soci fondatori di Articolo 21 e a Marco Beltrandi e Sergio D’Elia con i quali abbiamo lavorato alla campagna contro la pena di morte o a Roberto Cuillo, Leoluca Orlando e Antonio Di Pietro con i quali ci siamo trovati insieme molte volte condividendo le loro campagne per la legalità. Vincenzo Vita che con Comune e Provincia di Roma ha sempre fornito pieno sostegno iniziative. Ci auguriamo che in Parlamento su questi temi non vi sia una sola persona ma una squadra che lavori per il pieno sostegno dell’Articolo 21

Articolo 21 e questo mondo per quello che afferma, per le battaglie che ha fatto, per il ruolo che ha svolto e svolge merita comunque una rappresentanza parlamentare. L’associazione ha detto sempre che il portavoce di Articolo 21, cioè lei, è il giusto rappresentante parlamentare. Lo ha affermato due anni fa, in campagna elettorale e lo afferma anche oggi, di fronte alla nuova competizione elettorale. Giulietti che farà?
La mia possibilità di tornare in Parlamento non è generica, ma è legata solo e soltanto alle risposte che ci saranno alle questioni che Articolo 21 insieme ad altri ha posto, nel documento e in assemblea generale. E’ del tutto evidente che una mia presenza in Parlamento sia legata, in primo luogo, a poter rappresentare in modo autonomo, indipendente e con la dovuta radicalità democratica, i temi descritti e gli impegni assunti.
La mia esperienza politica è parte di questa grande comunità. Qualunque proposta mi dovesse essere formulata sarà immediatamente riportata sul sito. Abbiamo scelto insieme il percorso della trasparenza e questo dovrà essere portato avanti fino alla fine.

Che ne pensa dell’ipotesi di permettere ai lettori, agli iscritti di discutere insieme, magari attraverso un breve forum on line, cosa fare rispetto ad una eventuale candidatura che potrebbe essere offerta da diverse formazioni politiche?
Ritengo che la discussione e la partecipazione alle scelte sia in linea con quello che abbiamo sempre fatto insieme. Ma in ogni caso al termine di questa consultazione, qualunque sarà la scelta e l’opportunità di una eventuale candidatura, in quel momento essa non potrà mai avere l’obiettivo di orientare i nostri simpatizzanti ad un voto preciso.

In che senso?
Articolo 21 e la rete delle associazioni, sono composte da migliaia di persone, che hanno diverse sensibilità e che voteranno in modo diverso. Abbiamo culture liberali, radicali, cattoliche, riformiste, di sinistra e di estrema sinistra che, credo, non debbano essere condizionate da una candidatura del portavoce o di un singolo rappresentante di Articolo 21. La rappresentanza parlamentare per Articolo 21 è una scelta che appartiene a tutti ma che non obbliga nessuno. Ed è anche per questo che sarebbe una candidatura indipendente e legata alla condivisione del nostro documento. La nostra associazione dovrà continuare ad essere la casa comune di chiunque, moderato o radicale, credente o non credente, abbia a cuore i temi della democrazia nella comunicazione.

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