Napolitano alla Cerimonia del Ventaglio: "Basta ingiurie, serve il dialogo"
La redazione
Con la cerimonia del Ventaglio il presidente si è congedato dalla stampa parlamentare. In vista delle vacanze, l’augurio che "la pausa di riflessione" prepari il ritorno al confronto. Il Capo dello Stato ha chiesto che si proceda alle riforme e alle nomine degli organi di garanzia.
La ringrazio, caro Presidente Terzulli, per le parole di apprezzamento che mi ha gentilmente rivolto e per il tradizionale dono del Ventaglio, che mi fa sentire ancora una volta vicino all'istituzione parlamentare alla quale ho dedicato una lunga parte della mia vita e con la quale la vostra Associazione intrattiene uno speciale rapporto. Mi complimento vivamente con il Direttore e gli altri docenti dell'Accademia Albertina e con il giovane vincitore Aleksa Bracia, europeo di Belgrado.
Lei mi ha, Presidente, rivolto molte domande, com'è abitudine dei giornalisti, e io cercherò di rispondervi senza reticenze. Questa cerimonia è una preziosa occasione, che colgo come negli anni precedenti, per mettere a fuoco alcuni argomenti di attualità.
Innanzitutto, per quanto riguarda questioni di vostro più diretto interesse, condivido la speranza che con i primi incontri del nuovo Presidente della FIEG possa aprirsi la strada a una ripresa del negoziato – senza chiusure e rigidità pregiudiziali – per quel rinnovo del contratto di lavoro che non può rimanere ancora sospeso.
Motivo di allarme è per voi, lo so, anche la questione della libertà d'informazione nel rapporto con il rispetto della riservatezza della sfera privata, con il rispetto dei diritti e della dignità della persona. Si tratta di un equilibrio non facile da segnare, che da tempo appare richiedere una più chiara e cogente definizione.
Mi riferisco all'aspetto della disciplina delle intercettazioni – e in particolare della diffusione non solo dei dati relativi a intercettazioni illecite ma dei contenuti di intercettazioni debitamente autorizzate e tuttavia ancora coperte dal segreto investigativo o ritenute non rilevanti ai fini processuali. Mi riferisco però nello stesso tempo a qualcosa di più ampio : in primo luogo a una corretta concezione del diritto di cronaca, il cui esercizio non può mirare a soddisfare la "mera curiosità voyeuristica" del pubblico – come ha sancito la Corte di Cassazione in sentenze recenti e meno recenti – ma deve corrispondere all'esigenza di informare su "fatti oggettivamente rilevanti per la collettività". E' augurabile che già nell'immediato futuro questo limite venga liberamente osservato da ogni singolo organo di stampa, senza farsi condizionare dal timore della concorrenza nello scandalismo, anche il più volgare.
Ci sono poi altri aspetti ancora, da me richiamati già nel febbraio di quest'anno dinnanzi al CSM sulla base del pronunciamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni contro "la tecnica della spettacolarizzazione del processi" e la suggestione di "teoremi giudiziari alternativi". Questo richiamo – al pari di quelli concernenti l'esigenza di sobrietà e rigore nella motivazione dei provvedimenti del magistrato inquirente – tende non a mortificare ma a rendere ineccepibile e più convincente l'esercizio delle funzioni proprie, da un lato, degli organi di informazione, e dall'altro della magistratura.
Comportamenti corretti da parte di tutti i soggetti responsabili possono favorire l'adozione di discipline legislative misurate, equilibrate, rispettose di tutti i diritti in giuoco da bilanciare opportunamente.
Vengo ora alle domande di carattere più generale che il Presidente Terzulli mi ha rivolto. Com'è cominciata e come si sta caratterizzando la nuova legislatura? Vedete, c'è qualcosa di cui voi giornalisti siete stati bravissimi, in queste settimane, a non perdere nemmeno una battuta : la disputa quotidiana sul tema del "dialogo", la polemica su chi lo voglia e chi no, con chi lo si possa fare, e quale senso possa avere. Una continua, e ormai stucchevole, altalena.
Ritorno perciò sui concetti e sui termini che ho sempre considerato più appropriati : tra le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, deve stabilirsi un riconoscimento e ascolto reciproco, un confronto corretto e costruttivo, fino al momento della decisione su ogni questione. E bisogna, col massimo impegno, cercare convergenze per la soluzione di quei problemi che richiedono risposte condivise : innanzitutto dei problemi di modifica del dettato costituzionale e degli assetti istituzionali.
E il luogo del confronto, così come il luogo delle convergenze necessarie, è il Parlamento : lì, alla luce del sole, senza ombra di equivoci e sospetti, si può mettere alla prova la capacità propositiva di ciascuno schieramento, di ciascuna forza politica. Si definiscono lì anche le agende e le priorità : nei Regolamenti di Senato e Camera è sancito che il programma dei lavori viene redatto tenendo conto sia "delle priorità indicate dal governo" sia "delle proposte avanzate dai gruppi parlamentari".
E' vero, era sembrato che questo potesse essere il segno positivo della fase apertasi con la presentazione del nuovo governo alle Camere. Ma è ora divenuto palpabile il rischio che si ricada invece in un clima convulso di chiusura e di scontro nei rapporti politici e istituzionali : non è quello che il paese vuole e si aspetta, non è quello di cui il paese ha bisogno nell'attuale situazione, complessa e difficile, che richiede innovazioni e riforme, in uno con risposte concrete a esigenze scottanti. Innovazioni e riforme tanto più produttivamente perseguibili e attuabili quanto più si eviti il "muro contro muro" nel Parlamento e nella società. Ci si fermi dunque, sulla china pericolosa dell'esasperazione dei rapporti tra maggioranza e opposizione (che si riflette anche nel non decidere nomine per importanti organi di garanzia). Ci si prenda – tutti – una pausa di riflessione in vista della ripresa autunnale dell'attività parlamentare.
Ci sono punti di principio che possono da tempo considerarsi fuori discussione. Lo schieramento che ha ottenuto la maggioranza e formato il governo ha il diritto-dovere di governare : esso fa le sue scelte e se ne assume la responsabilità, misurandosi nel merito con l'opposizione, in un confronto il più possibile argomentato e aperto. Al governo spetta agire per dare attuazione al suo programma, muovendosi tuttavia nell'ambito delle norme e delle regole vigenti, innanzitutto di quelle costituzionali, fino a quando non vengano eventualmente modificate per rendere più spedito e lineare il procedimento legislativo.
E' solo per richiamare l'attenzione sul rispetto delle regole vigenti che interviene discretamente il Presidente della Repubblica, guardandosi bene dall'interferire nella dialettica parlamentare, dall'assumere un ruolo improprio di colegislatore. E' un discorso che in questi due mesi ha riguardato i provvedimenti sia sulla sicurezza che sull'economia, cui il governo ha ritenuto di dare la priorità : ed è prova di saggezza da parte del governo prestare attenzione a rilievi formulati in modo obbiettivo e nel comune interesse.
Essenziale è, più in generale, garantire un corretto equilibrio tra governo e Parlamento, senza precipitazioni e forzature : la questione del non abusare del ricorso alla decretazione d'urgenza e ai voti di fiducia non è nuova, è annosa, come ben ricorda chi abbia esperienza e memoria della nostra storia parlamentare in anni lontani e vicini, ma ciò non toglie che essa debba essere nuovamente sollevata e seriamente presa in considerazione. So di poter confidare, a questo proposito, sull'attenta vigilanza dei Presidenti del Senato e della Camera.
Ritorno infine sul tema – che merita una distinta riflessione – delle riforme istituzionali, da quelle puntualmente individuate e concertate prima della fine della scorsa legislatura, nella Commissione Affari Costituzionali della Camera, a quelle di attuazione del Titolo V. Comprendo, Presidente Terzulli, le sue dubbiose domande in proposito. Ma in questo campo, piaccia o non piaccia, non c'è alternativa alla ricerca di larghe convergenze. Ho perciò apprezzato – e lo cito come esempio positivo – l'approccio misurato e aperto all'ascolto, con cui è stata avviata l'elaborazione del disegno di legge sul federalismo fiscale.
Parte del discorso sulle riforme che richiedono una ampia condivisione è il capitolo della giustizia. Non se ne dovrebbe da nessuna parte negare la necessità, sotto il profilo degli assetti organizzativi e procedurali da rivedere per assicurare finalmente un più efficace servizio ai cittadini, ma anche sotto il profilo di una ridefinizione di regole e limiti a fini, in particolare, di equilibrio nei rapporti tra giustizia e politica. A quest'ultimo tema ho d'altronde dedicato – nella seduta di febbraio del CSM – un ampio intervento di cui è risultata incontestabile l'obbiettività, l'attenzione verso tutti i lati e i soggetti del problema. Esprimo dunque un forte auspicio affinché il confronto sulla riforma della giustizia venga nei prossimi mesi condotto non già all'insegna delle contrapposizioni irriducibili ma in modo da avvicinare le posizioni e da rendere possibili delle concrete intese. Un forte auspicio, in sostanza, perché tale confronto non venga bloccato dagli aspri dissensi culminati nello scontro sulla legge Alfano.
A proposito di quest'ultima, ne ho nel modo più meditato e motivato firmato la promulgazione, indipendentemente – com'è mio dovere – da sollecitazioni in qualsiasi senso. Mio solo punto di riferimento è stata, nei termini che ho indicato, la sentenza emanata nel 2004 dalla Corte Costituzionale. Ogni altro giudizio sulla legge Alfano appartiene – legittimamente – alla politica : non può coinvolgere o chiamare in causa il Presidente della Repubblica. Si stia attenti, da parte di tutti, a doverose distinzioni di posizioni e di ruoli. Ringrazio quanti nella stampa hanno mostrato di intendere e apprezzare il modo in cui assolvo le mie responsabilità : continuerò a farlo, vi assicuro, con fermezza e serenità.
Cari amici, guardiamo avanti, con maggiore consapevolezza delle difficoltà che l'Italia sta attraversando ma anche delle risorse di cui dispone, del ruolo storico che le viene riconosciuto e delle ragioni di fiducia nel nostro avvenire, che forse cogliamo talvolta meglio in chi ci guarda dall'esterno. Ragioni di fiducia nell'Italia e nell'Europa, nel contributo che ci tocca dare e possiamo dare nel mondo di oggi. Nelle mie missioni all'estero, fino a quella recentissima in Russia, l'ho sentito fortemente.
Dobbiamo mostrarci consapevoli del nostro impegno europeo – che stiamo rinsaldando con la ratifica unanime del Trattato di Lisbona – e dell'omaggio che ovunque viene reso alle tradizioni e al dinamismo del nostro paese. Liberiamoci dalle angustie di una polemica politica che finisce, perdendo il senso della misura, per scadere nella volgarità e nell'ingiuria, per venir meno al rispetto da tutti sempre dovuto alle istituzioni e ai simboli della Repubblica. Solo così potremo corrispondere alle più profonde esigenze e aspettative degli italiani.
Fonte: www.quirinale.it