Muore Raffaele Pennacchio, medico malato Sla: presidiava ministero
Corriere.it
Mariangela Lamanna, vicepresidente del Comitato 16 novembre: «Questa morte ce l’hanno sulla coscienza il governo precedente e quello attuale, che ci hanno costretto a fare nove presidi in un anno e mezzo».
«La morte di Raffaele deve pesare sulle coscienze di tutti. Non è possibile portare i disabili gravi a manifestare per chiedere quello che dovrebbe essere un diritto: l’assistenza domiciliare per i malati. Questa morte ce l’hanno sulla coscienza il governo precedente e quello attuale, che ci hanno costretto a fare nove presidi in un anno e mezzo». Sono parole durissime quelle di Mariangela Lamanna, vicepresidente del Comitato 16 novembre Onlus, dopo la morte di Raffaele Pennacchio, il medico di 55 anni malato di Sla morto dopo due giorni di presidio a Roma per chiedere più fondi per l’assistenza domiciliare dei disabili gravissimi. «Dopo l’incontro (con i rappresentanti del governo cui ha partecipato anche Pennacchio, ndr) sembrava semplicemente stanco – prosegue Lamanna -, quando siamo arrivati in albergo si è sentito male. Raffaele era un grande combattente e la notte prima aveva voluto essere davanti al Ministero dell’Economia, dormendo in ambulanza: al chiuso, protetto, ma aveva voluto esserci. La sua morte per noi è un colpo senza possibilità di ripresa».
FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA – Mercoledì l’incontro con i rappresentanti dell’Esecutivo (i sottosegretari alla Salute Paolo Fadda e all’Economia Pierpaolo Baretta, e la viceministro per il Lavoro e le Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra) si era concluso positivamente. «Avevamo appena portato a casa un primo importante risultato – spiega Lamanna -: l’impegno per l’aumento del fondo per la non autosufficienza e per l’assistenza domiciliare ai disabili gravi e gravissimi. Impegno che ci consentiva di poter finanziare il nostro progetto “Restare a casa”. Raffaele all’improvviso si è accasciato sulla sedia. Non è possibile morire così».
«NON STRUMENTALIZZARE TRAGEDIA» – A nome del governo, Fadda, Baretta e Guerra si dicono «molto colpiti e addolorati dalla improvvisa scomparsa di Pennacchio che abbiamo avuto modo di apprezzare per la determinazione e l’impegno». Baretta invita però a «non strumentalizzare questo dramma». Concorda Ileana Argentin, deputata del Pd in commissione Affari sociali della Camera, secondo cui «è inaccettabile che ci siano dei politici che cercano di lucrare e fare consenso con dichiarazioni su fatti dolorosi». «Se la salute delle persone dipende dai conti dello Stato, chi piange la morte di Raffaele Pennacchio, versa lacrime di coccodrillo» scrive invece su Twitter Francesco Storace, leader de La Destra. Maria Cecilia Guerra ha poi aggiunto, parlando a Radio Capital, di essere «molto colpita e addolorata dalla notizia». «La vicenda era stata chiarita e avevamo raggiunto un accordo – spiega la viceministro -: come isolare, d’intesa con il Parlamento, soldi che andranno al Fondo per la non autosufficienza, pur in una situazione di vincoli di bilancio molto stringenti. O come accelerare la distribuzione del Fondo, d’accordo con le Regioni, per l’inizio del prossimo anno. Abbiamo già previsto che il Fondo sia dedicato esclusivamente a favore della domiciliarità, con impegno prioritario per le disabilità gravissime, come la Sla». Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, che ha presentato alla famiglia le proprie condoglianze, punta il dito contro l’Esecutivo: «È vergognoso che il governo sia dovuto arrivare ad assistere a questa protesta estrema dei malati di Sla, lasciati tutta la notte al gelo in attesa dell’incontro con i ministri, prima di intervenire su un tema che riguarda la vita di centinaia di migliaia di persone».
PROMESSE NON MANTENUTE – Il Comitato 16 novembre, del cui direttivo Pennacchio faceva parte, aveva indetto il presidio dopo quello, sempre sotto il Ministero dell’Economia, fatto a giugno. Anche allora il governo si era impegnato a sbloccare in parte il fondo per la non autosufficienza e a garantire la ripartizione regionale delle risorse attraverso cui garantire alle famiglie la possibilità di assistere i propri malati in casa. Ma alle parole non erano seguiti i fatti e il Comitato aveva annunciato una nuova protesta, questa volta a oltranza, con tanto di sciopero della fame e della sete di alcuni dei malati. Tanto che il segretario della Onlus, Salvatore Usala, anche lui malato di Sla, aveva scritto una lettera a papa Francesco chiedendo sostegno alle iniziative del Comitato.
«MIO MARITO MORTO PER LO STRESS» – Che la morte di Pennacchio possa essere conseguenza della sua partecipazione al presidio lo conferma la moglie del medico. «Mio marito è morto per un problema cardiaco presumibilmente legato allo stress del sit-in, che aveva anche richiesto tanta preparazione prima – dice la donna, arrivata nella notte da Macerata Campania, in provincia di Caserta, dove la famiglia vive -. Non era il primo presidio a cui partecipava, ce n’erano stati diversi in precedenza. Si impegnava molto». La camera ardente è stata allestita all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, mentre i funerali si terranno venerdì alle 16.30 a Macerata Campania. «Una manifestazione del genere non è certo salutare per questi malati, che se in fase terminale sono estremamente fragili – conferma Christian Lunetta, neurologo del Centro clinico Nemo di Milano e del Centro d’ascolto dell’Associazione Italiana Sla -. Sono persone tracheotomizzate, a cui bisogna cambiare le medicazioni, che hanno difficoltà motorie, per cui stare all’aperto e in situazioni stressanti può provocare dei danni». Ma la protesta, secondo il neurologo, è giustissima: «Vediamo molte situazioni gravi, con famiglie schiacciate dalla malattia che non hanno un’assistenza sufficiente. Un malato di Sla può costare ai familiari fino a 100mila euro l’anno, una cifra spesso insostenibile».
Fonte: www.corriere.it
24 ottobre 2013