Morti sul lavoro. Siamo a quota 1000
Stefano Corradino
Fermiamo questo bollettino di guerra. Pensiamo, assumendoci il rischio di essere impopolari, che il millesimo morto sul lavoro dall’inizio dell’anno sia un fatto tragico e che meriterebbe, un servizio di coda di un tg, una breve nelle pagine interne di cronaca.
Negli ultimi due giorni tv e giornali sono stati legittimamente concentrati sull’episodio che ha coinvolto il presidente del Consiglio. Non vorremmo pertanto turbare l’attenzione introducendo un elemento di “disturbo”. Ma pensiamo, assumendoci il rischio di essere impopolari, che il millesimo morto sul lavoro dall’inizio dell’anno sia un fatto tragico e che meriterebbe, se non altro, un servizio di coda di un tg, una breve nelle pagine interne di cronaca.
Loris Pozzi. Elettricista piacentino di 37 anni. E’ morto nel pomeriggio di ieri, mentre stava lavorando ad uno strumento per il controllo del vento. Il palo gli cade addosso, lo colpisce alla testa, uccidendolo sul colpo. E’ l’ultimo infortunio mortale sul lavoro che ci è stato comunicato e che fa scoccare il numero mille nell’inesorabile contatore situato sul nostro sito.
1000 morti sul lavoro nell’anno 2009. Oltre un milione di infortuni, più di 25mila invalidi.
Non c’è giorno che il bollettino di guerra della (in)sicurezza sul lavoro non conti un nuovo decesso o un grave infortunio.
Ieri a Varese due giardinieri si trovavano ad oltre dieci metri d’altezza quando il cestello su cui stavano lavorando ha ceduto ed è precipitato nel vuoto. Nonostante il tremendo volo fortunatamente si sono salvati riportando solo qualche lieve contusione.
Lo stesso giorno un operaio, mentre stava lavorando con un collega a una cisterna del carburante di una stazione autostradale nei pressi di Modena è rimasto ustionato.
Chi invece ci ha lasciato la pelle è stato un operaio straniero di 43 anni, che stava lavorando su un cavalcavia nel Riminese, ed è morto investito da un mezzo dello stesso cantiere che procedeva in retromarcia.
Sarà un nostro chiodo fisso, ma non intendiamo rinunciare a quella che a nostro avviso è una battaglia di civiltà. Perchè pensiamo che in nessun paese civile il lavoro, strumento per il sostentamento e l’inclusione sociale possa essere uno strumento di morte. “Vogliamo lavorare per vivere non per morire”, ripetevano i familiari delle vittime davanti al tribunale in cui si svolgeva il processo sulla Thyssen. All’udienza sull’amianto di Casale Monferrato. Davanti ai cancelli della Umbria Olii di Campello sul Clitunno.
Per questo lanciamo nuovamente l’appello ai media pubblici e privati e alla carta stampata. Parlare degli infortuni non riporterà in vita i caduti sul lavoro ma potrà prevenirne di nuovi. E rallentare la corsa di questo maledetto contatore che enumera donne e uomini sacrificati sull’altare del profitto.
Nota esplicativa sui dati:
Nei nostrs rilevazione sui morti sul lavoro abbiamo compreso anche i cosiddetti “morti sul lavoro in itinere”. Con l’articolo 12 del decreto legislativo 38/2000 viene introdotta, frutto di una vasta casistica giurisprudenziale, la copertura assicurativa per gli infortuni subiti dai lavoratori assicurati:
– durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al posto di lavoro (sono esclusi dalla tutela gli infortuni occorsi entro l’abitazione, comprensiva delle pertinenze e delle parti condominiali);
– durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro ad un altro, nel caso di rapporti di lavoro plurimi;
– durante l’abituale percorso per la consumazione dei pasti qualora non esista una mensa aziendale.
L’occasionalità di lavoro non comporta che l’infortunio, per essere considerato infortunio sul lavoro, debba avvenire durante e nel luogo di lavoro: è essenziale che avvenga per un fatto e un’attività che sia in relazione di finalità con il lavoro.
Fonte: articolo21.info
15 Dicembre 2009