Mine antiuomo, Roma taglia i fondi per la bonifica


Tiziana Guerrisi


Nel giro di 3 anni le risorse del fondo per lo Sminamento Umanitario nato nel 2001 sono state ridotte del 50%, e la finanziaria non lascia ben sperare. Lo denuncia la Campagna Italiana per la messa al bando delle mine anti-uomo in occasione della pubblicazione di “Landmine Monitor Report 2007”


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Mine antiuomo, Roma taglia i fondi per la bonifica

Mentre in molti paesi la bonifica dalla mine procede a passo lento, l’Italia continua a tagliare le risorse destinate al fondo per lo Sminamento Umanitario istituito con la legge 58 del 2001. Una tendenza non dell’ultima ora, come dimostra il taglio del 50 % al fondo negli ultimi tre anni: una politica avviata dal governo Berlusconi ma che non ha visto con il centro-sinistra inversioni di tendenza, tanto che altri 284.342 euro sono stati sottratti dai 2.207.000 previsti nell’ultima finanziaria. Lo ha reso noto la Campagna Italiana contro le Mine che ha presentato ieri il rapporto “Landmine Monitor Report 2007” sullo stato di avanzamento delle clausole per la messa al bando delle mine decise a Ottawa nel 1997. Di questo passo saranno 14 i paesi che bucheranno la tappa del 2009 (i dieci anni dalla ratifica del trattato). Dalla Bosnia-Erzegovina alla Cambogia, ma anche Chad, Perù, Tajikistan, Tailandia, e Yemen.
Nel 2006, in ogni caso, ben 140 kmq di campi minati e 310 kmq di aree di battaglia sono stati bonificati. Oltre 217.000 mine antipersona, 18.000 mine anticarro e 2.15 milioni di ordigni inesplosi (ERW) sono stati rimossi, soprattutto in Afghanistan e Cambogia (da soli rappresentano il 55% delle aree di sminamento). Il 2006 ha anche visto diminuire il numero di governi che continua a impiegare ancora le mine anti-uomo e nella lista nera, ormai, rimangono solo la Russia e la Birmania.
Il rapporto segnala anche un calo rilevante delle vittime accertate delle mine antipersona ( si parla del 16% in meno rispetto al 2005), ma i dati non considerano un’altra piaga, altrettanto drammatica: la presenza in molti paesi delle submunizioni prodotte dalle cluster bombs, le cosiddette “bombe a grappolo”. Il libano, ricordano alla Campagna Italiana per la messa la bando delle mine, proprio a causa delle submunizioni cluster gli incidenti sono cresciuti del 10 %.
E se non c’è differenza tra un ferito da mina ed un ferito da cluster bombs, la differenza è evidente dal punto di vista normativo perché le “bombe a grappolo” non sono ancora illegali nel nostro paese: il disegno di legge 1824 che punta a equipararle alle mine anti-uomo (proibite dalla legge 374 del 1997) è, infatti, ancora fermo in Commissione Bilancio dallo scorso luglio, nonostante le proteste di associazioni e alcuni parlamentari. Sembra che lo stallo dipenda dalle lentezze del Ministero della Difesa nel fornire il pacchetto di informazioni necessarie a quantificare l’impegno finanziario per la nuova legge. Proprio in questo contesto i tagli su una finanziaria già parsimoniosa, insomma, segnano una pesante battuta di arresto nell’impegno italiano anche per fronteggiare le esigenze di oltre 473.000 persone sopravvissute a questi micidiali ordigni.

Fonte: Lettera22.it

13 novembre 2007 

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