Migranti, il grazie del Papa a chi li difende dai “mercanti di carne”
Redattore Sociale
Nella Giornata mondiale del migrante e del rifugiato Francesco li invita a “non perdere la speranza di un mondo migliore” e ringrazia chi lavora per accoglierli e difenderli.
Non perdete la speranza di un mondo migliore, vi auguro di vivere in pace nei Paesi che vi accolgono, custodendo i valori delle vostre culture di origine”. E’ il saluto che papa Francesco, al termine della preghiera dell’Angelus, ha rivolto alle migliaia di migranti e rifugiati che lo ascoltavano in piazza San Pietro. “Voi – ha detto il pontefice – siete vicini al cuore della Chiesa, perché la Chiesa è un popolo in cammino verso il Regno di Dio, che Gesù Cristo ha portato in mezzo a noi”.
Ma il papa, nel giorno in cui si celebra la 100esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (in vista della quale aveva già reso noto un suo messaggio), ha voluto pubblicamente manifestare il suo grazie a “coloro che lavorano con i migranti per accoglierli e accompagnarli nei loro momenti difficili, per difenderli da quelli che il Beato Scalabrini definiva “i mercanti di carne umana”, che vogliono schiavizzare i migranti”.
“In modo particolare, ha continuato Francesco, intendo ringraziare la Congregazione dei missionari di San Carlo, i padri e le suore scalabriniani che tanto bene fanno alla Chiesa e si fanno migranti con i migranti”. “In questo momento pensiamo ai tanti migranti, tanti! Tanti rifugiati, alle loro sofferenze, alla loro vita, tante volte senza lavoro, senza documenti, tanto dolore e possiamo tutti insieme rivolgere una preghiera per i migranti e i rifugiati che vivono situazioni più gravi e più difficili”. E a questo punto ha recitato la preghiera dell’Ave Maria insieme a tutta la piazza.
Prima dell’Angelus, nella sua riflessione sulle letture della liturgia odierna, il papa aveva preso spunto dalla figura di Gesù, riconosciuto da Giovanni Battista come “l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” per affermare che la missione precisa di Gesù è stata quella di “liberarlo dalla schiavitù del peccato, caricandosi le colpe dell’umanità”. “In che modo?”, si è chiesto Francesco. “Amando”, è stata la risposta: “Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri”. Essere discepoli di Gesù Agnello di Dio significa – ha quindi spiegato – mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio: è un buon lavoro, noi cristiani dobbiamo fare questo”. “Essere discepoli dell’Agnello – ha aggiunto – significa non vivere come una ‘cittadella assediata’, ma come una città posta sul monte, aperta, accogliente e solidale. Vuol dire non assumere atteggiamenti di chiusura, ma proporre il Vangelo a tutti, testimoniando con la nostra vita che seguire Gesù ci rende più liberi e più gioiosi».
Nel pomeriggio, Francesco si reca in visita pastorale alla Parrocchia “Sacro Cuore di Gesù” a Castro Pretorio: si tratta della parrocchia, nata con San Giovanni Bosco e affidata ai salesiani, di via Marsala, a pochi passi dalla stazione Termini di Roma. Al suo arrivo il papa, dopo aver salutato i parrocchiani nel cortile, si intrattiene in una stanza con una sessantina di persone senza dimora che gravitano nella zona della più grande stazione ferroviaria della città, per poi incontrare un centinaio di rifugiati e una rappresentanza dei volontari della parrocchia. Dopo la messa delle ore 18, il papa incontrerà i bambini battezzati nell’anno con i loro genitori, gli sposi novelli e i giovani. Prima di tornare in Vaticano, ha anche scelto di amministrare ad alcuni fedeli il sacramento della confessione.
Le particolarià della parrocchia sono state illustrate dal parroco, don Valerio Baresi, in un’intervista alla Radio Vaticana: “Ci troviamo con una realtà indubbiamente di degrado – ha detto – legata a molte persone che, o perchè sono migranti, o perchè sono senza dimora, cercano nella stazione la possibilità di ‘campare’. Quindi non possiamo far finta di non vederli, di ignorarli; cerchiamo di avere un’attenzione anche verso queste povertà”. Inoltre “c’è un impegno grande nei confronti dei rifugiati. Noi nell’arco di un anno, riusciamo a raggiungere più di 300 rifugiati che fanno riferimento al Sacro Cuore per attività diverse” (scuola di italiano, studio per la licenza media, scuola guida, scuola di computer, sportello informativo).
Fonte: www.redattoresociale.it
19 gennaio 2014