"Mettiamo al bando il nucleare in Italia": ora tocca alla legge


Pietro Scarnera


Intervista a Lisa Clark dei Beati Costruttori di Pace. Il 30 settembre a Ghedi inizia la raccolta di firme per “Un futuro senza atomiche”, legge di iniziativa popolare per il disarmo atomico. Servono 50.000 firme.


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"Mettiamo al bando il nucleare in Italia": ora tocca alla legge

Non c’è posto per il nucleare in Italia. O almeno così dovrebbe essere. Ma secondo il rapporto dell’analista statunitense Hans Kristensen il nostro paese ospita 90 delle 481 bombe nucleari made in Usa ma di stanza in Europa. Cinquanta nella base di Aviano, in Friuli, e quaranta a Ghedi, cittadina in provincia di Brescia. Proprio da Ghedi parte il 30 settembre la campagna “Un futuro senza atomiche” (www.unfuturosenzatomiche.org). Promossa da 54 associazioni pacifiste, la campagna ruota intorno alla raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che dichiari l’Italia “zona libera da armi nucleari”. Il testo è stato depositato il 25 luglio in Cassazione e ci sono sei mesi di tempo per raccogliere le 50.000 firme necessarie. Ne parliamo con Lisa Clark dei “Beati costruttori di pace”.

E’ accettabile la presenza di armi nucleari ad Aviano e Ghedi?

Noi riteniamo che la presenza di armi nucleari sul territorio italiano sia illegale. Per prima cosa perché secondo la Costituzione l’Italia ripudia la guerra, e poi perché nel 1975 il nostro paese ha ratificato il trattato di non proliferazione. Purtroppo per quanto riguarda il diritto la questione è più complicata. La presenza di depositi nucleari statunitensi è sempre stata accettata dalla Nato, anche se i giuristi non sono d’accordo.

Non tutti conoscono la situazione di Ghedi. Che cosa succede nella cittadina bresciana?

A Ghedi c’è una palese violazione del diritto. Mentre ad Aviano le bombe si trovano in una base Nato e vengono caricate su bombardieri americani, Ghedi è un aeroporto militare italiano e le bombe sono trasportate dal 6° stormo dei Tornado. Per questo la raccolta di firme parte da qui, dove la situazione è più grave.

Quali sono gli obiettivi della campagna?

Si tratta di mettere l’Italia in una condizione di rispetto dei suoi obblighi giuridici. La raccolta di firme serve innanzitutto a questo, a rimediare a una contraddizione, ma il segnale che vogliamo lanciare è più alto. Siamo in un momento di grave stallo sui temi della non proliferazione, ma prima di accusare altri paesi, in primis l’Iran, di non rispettare le regole, è importante cominciare a farlo in caso propria. Nessuna trattativa può andare avanti se si continua ad accusarsi a vicenda.

Che atteggiamento ha il Governo su questi problemi?

Il Governo non ci ha mai risposto. Nelle varie interrogazioni parlamentari che sono state presentate sul problema i rappresentanti dell’esecutivo hanno sempre seguito la stessa linea, che è poi quella della Nato: né confermare né smentire. Il 25 settembre, però, è stato adottato un ordine del giorno in cui il Senato impegna il Governo a smantellare le armi atomiche presenti sul territorio italiano.

Cosa succederà il 30 settembre a Ghedi?

Ci sarà una cerimonia di apertura della raccolta firme. I primi due firmatari saranno i sindaci di Ghedi e di Aviano, che fanno parte, fra l’altro, dell’associazione Majors for peace, che ha come presidente il sindaco di Hiroshima, Akiba Tadatoshi. Interverranno naturalmente i rappresentanti delle associazioni pacifiste che promuovono la campagna, fra cui il coordinatore nazionale di Pax Christi don Fabio Corazzina. L’appuntamento è in piazza Roma a partire dalle 10.30. Ci saranno anche uno spettacolo teatrale, un aperitivo e il pranzo.

Quali saranno le prossime tappe di “Un futuro senza nucleare”?

“Attualmente siamo impegnati nella formazione dei comitati locali per la raccolta delle firme. Ne sono nati già una trentina. Non ci accontenteremo però delle 50.000 firme necessarie, ce ne aspettiamo molte di più. La Marcia Perugia-Assisi sarà un passaggio importante della campagna, un grande appuntamento per sensibilizzare e informare tutti i cittadini.

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