Mediterraneo: i numeri, la paura e la menzogna
Valerio Cataldi
Ottomila e trecento le persone soccorse in 72 ore, decine di imbarcazioni stracolme, barche di legno fradicio, gommoni di cartone. I corpi recuperati sono 13 e c’è anche un bambino di otto anni.
In queste ore il Mediterraneo è di nuovo agitato. Pessime condizioni e nessuna barca in arrivo. Il brutto tempo segna una tregua, come succede sempre. Le partenze dalla Libia seguono sempre lo stesso ritmo e ogni anno segnano una impennata in questo periodo. Stavolta sono ottomila trecento le persone soccorse in settantadue ore, decine di imbarcazioni stracolme, barche di legno fradicio, gommoni di cartone. Condizioni di viaggio difficili che continuano ad uccidere. I corpi recuperati sono 13 e c’è anche un bambino di otto anni.
Dicono che il numero dei vivi arrivati finora segni un altro record rispetto allo scorso anno. Giornali e telegiornali parlano di arrivi “senza sosta”, di “boom di arrivi” e la parola “emergenza” risuona ancora ovunque. I marinai lo sanno bene quali sono i ritmi nel Mediterraneo. Sanno perfettamente quando inizieranno ad arrivare i barconi. Ormai lo sanno da almeno dieci anni. A terra invece siamo sempre impreparati, colpiti dall’emergenza come fosse una cosa imprevedibile.
C’è un altro numero che segna un record: è quello dei morti. Almeno di quelli che arrivano chiusi nei sacchi e che riusciamo a contare, ripartendo ogni anno da zero. Perché quello che conta sono le statistiche, un po’ meno le persone.
È un sistema che sta cambiando velocemente aspetto. Ora salvare vite in mare è diventata una attività sospetta. Qualcuno parla di collusione con i trafficanti di uomini anche se i movimenti delle navi di soccorso sono disposti dalla centrale della Guardia Costiera italiana. Nel mirino ci sono le Ong che hanno preso il mare per sostituirsi ad una Europa che con Frontex ha scelto di proteggere le frontiere invece che le persone, vittime di un clima di sospetto che punta alla delegittimazione. Si getta fango su chi salva vite, c’è un pessimo clima nel Mediterraneo.
I numeri dicono che ci sono 175 mila migranti in Italia. Si parla di “sistema dell’accoglienza al collasso”. Insomma sono troppi. Ma il sistema dell’accoglienza in realtà non decolla proprio per il rifiuto di accogliere: il piano concordato con l’Anci non si mette in moto perché ci sono molti sindaci che hanno posto un netto rifiuto. Esattamente quello che succede in Europa che doveva ridistribuire il peso che grava su Italia e Grecia ridistribuendo 16 mila persone, un numero quasi simbolico, ma ci sono paesi che si rifiutano e dopo oltre due anni quel numero così basso ancora non è stato assorbito.
I numeri dicono anche che in Italia ci sono 8.092 comuni. Se tutti fossero d’accordo i 175 mila migranti sarebbero divisi in 21,6 per ogni comune. È davvero un numero da emergenza questo?
I vivi che arrivano hanno segni di torture. Scappano da un paese dove vengono rinchiusi, torturati, stuprati e venduti o rilasciati dietro il pagamento un riscatto. Ma questa non è una emergenza, non è un problema che ci riguarda. Con quel paese, la Libia, facciamo accordi perché se li tengano. Come abbiamo fatto con la Turchia. Gli diamo soldi, tanti soldi. Miliardi di euro. Quelli li paghiamo senza battere ciglio. I soldi per salvare vite in mare invece no. Quelli non li vuole pagare nessuno. E diventano scandalo. Bisognerebbe imparare a cambiare punto di vista. Dovremmo tutti provare a guardare il mondo da una prospettiva diversa, quella che magari un giorno, potrebbe essere la nostra davvero.
18 aprile
Da: www.articolo21.org