Manchester, il terrore Isis reagisce all’intesa tra Trump e il mondo arabo


Mario Platero


La pace fra israeliani e palestinesi sarebbe la risposta migliore. Ma Israele resiste a un nuovo processo di pace. Sbaglia, la risposta agli attacchi deve essere il dialogo, sarebbe un’arma molto più potente della ritorsione contro un nemico evanescente.


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Manchester

L’America ha seguito per prima il drammatico, orrendo attacco terroristico di ieri notte in Inghilterra. Un attacco per mostrare la vitalità di un Califfato che sta perdendo territorio a vista d’occhio e che già sa, nel suo intimo, che sarà sconfitto. Soprattutto dopo la dichiarazione di guerra senza quartiere giunta dall’Arabia Saudita. Ma intanto reagisce, con un commando suicida imbottito di esplosivi e di chiodi per fare quante più vittime possibile. Una reazione diretta alla dichiarazione contro gli estremismi “non musulmani” firmata da oltre 50 Paesi islamici e dall’America alla conferenza di Riad di domenica scorsa.
L’attacco è stato vigliacco come sono sempre vigliacchi questi attacchi degli estremisti contro giovani, giovanissimi inermi, di nuovo a un concerto, come capitò a Parigi. Questa volta il concerto era di Ariana Grande, questa volta a Manchester. Diciannove morti, diciannove vittime sacrificali sono state la risposta dell’Isis, del Califfato all’appello di Donald Trump per l’unità del mondo islamico contro gli estremismi che «appartengono al male». Questa coalizione di oltre 50 Stati ha voluto significare la differenza fra l’estremismo terrorista “contro la vita” e una religione, quella islamica, che con l’ebraismo e il cristianesimo, come ha detto Trump, condivide quella radice comune che ci porta ad Abramo. Cinquanta Paesi che hanno firmato un documento per forgiare un’alleanza.
Era ancora sera quando è giunta la prima notizia di un’esplosione a Manchester e la risposta americana alla notizia è stata preoccupata, avvilita, ma composta.
In quel momento, a Gerusalemme, il presidente americano dormiva. È stato svegliato subito. Fra poche ore andrà a Betlemme, simbolo del cristianesimo, della natività, della Palestina che aspira a uno Stato, per incontrare Mahmoud Abbas, per incoraggiare il dialogo per la pace. Dobbiamo sorprenderci che ci sia stato l’attacco a Manchester? No, dopo lo schieramento di Riad contro il terrorismo, era nelle carte. Dobbiamo avere paura? No.

 

Proprio ieri sera mentre giungevano i primi dispacci d’agenzia con le notizie del bagno di sangue, in una sala privata a New York, c’era l’anteprima del film “Churchill” che racconta le ore drammatiche dello sbarco in Normandia, quando decine di migliaia di giovani andavano incontro alla morte al momento dell’attacco per salvare l’Europa e il mondo dal nazismo. Churchill tormentato non voleva dare l’ok per il “D day”, per salvare le loro giovani vite dal massacro.
Poi la vittoria, e un discorso che passò alla storia. La resistenza migliore è quella di continuare a vivere le nostre vite nella più assoluta normalità: la guerra, diceva Churchill la si vince al fronte ma la si vince soprattutto a casa con la resistenza nelle nostre famiglie. Forse il discorso di Trump di oggi non passerà alla storia come è passato alla storia quello di Churchill, ma la coincidenza della proiezione di questo film su alcuni schermi americani con il messaggio di Trump per la sfida al terrorismo ci mostra un’amara differenza: allora i giovani morivano in guerra contro un nemico ben definito, ora i giovani muoiono perchè vanno ai concerti. E il nemico ci elude. La pace fra israeliani e palestinesi sarebbe la risposta migliore. Ma Israele resiste a un nuovo processo di pace. Sbaglia, la risposta agli attacchi deve essere il dialogo, sarebbe un’arma molto più potente della ritorsione contro un nemico evanescente.
In serata il presidente americano volerà a Roma, dove mercoledì incontrerà Papa Francesco. In Vaticano Trump si presenterà con un messaggio importante, preparato dalla simbologia di un viaggio che fin qui lo ha portato nei luoghi sacri più importanti di tutte e tre le principali religioni monoteistiche: Islam, Ebraismo e Cristianesimo sono tutte religioni figlie di Abramo, ci ha ricordato il presidente americano e vogliono significare la differenza fra «religioni per la vita» e «una religione per la morte». Non dovrebbe essere difficile scegliere dove schierarsi. E non c’è dubbio che oggi, dopo questo attacco, Papa Francesco farà eco al messaggio di Trump: solo l’unità potrà vincere le sfide comuni.

23 maggio

Da: http://www.ilsole24ore.com

 

 

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