Ma i diritti umani sono ancora a zero
Gabriel Bertinetto
La direttrice di Human Rights in China afferma che il paese ha usato i Giochi solo per obiettivi politici. "Le autorità si sono rimangiate anche la promessa di far manifestare nei parchi di Pechino".
“Il GOVERNO CINESE ha utilizzato in modo sfacciato e con successo i Giochi per raggiungere i suoi obiettivi politici.Ma una facciata cosi attentamente allestita non basta a nascondere uno stato di polizia che calpesta i diritti umani.”Un giudizio tagliato.
Con l’accetta quello di Sharon Kang Hom,direttrice di Human Rights in China, associazione per la tutela dei diritti umani con sede a Hong Kong.Ma si è indotti a condividerne la categoria drasticità,quando si apprende che le autorità della Repubblica popolare si sono rimangiate persino la promessa di consentire manifestazioni di civile,pacifica e vigilata protesta nei tre parchi che avevano loro stesse destinato a quell’uso prima delle Olimpiadi.
Pareva che stessero facendo chissà quale concessione,quando annunciarono la disponibilità a permettere dimostrazioni all’aperto.Poi però delle 77 richieste ricevute nei giorni delle Olimpiadi,neanche una è stata accolta.Secondo le autorità,74 erano state presentate e poi ritirate,due”sospese”,una vietata”.A parte il fatto che non si capisce perché mai 74 gruppi o singoli individui annuncino l’intenzione di manifestare e poi rinuncino subito dopo, a meno che-viene da sospettare-abbiano ricevuto qualche pressione,è impressionante lo scarto assoluto tra le parole e i fatti.
A denunciare questa stridente discrepanza di comportamenti da parte dei dirigenti cinesi è Amnesty International in una prima riflessione a Olimpiadi concluse.Amnesty denuncia una serie di violazioni dei diritti umani avvenute nel periodo delle gare.Attivisti che avevano chiesto per l’appunto di esporre le ragioni della loro protesta nei parchi sono stati condannati,qualcuno alla “rieducazione attraverso il lavoro”.Altri, fra cui alcuni giornalisti, sono stati arbitrariamente arrestati.Internet rimane sottoposta a censura, anche se Amnesty rileva qualche passo avanti da parte delle autorità,che hanno consentito l’accesso a siti prima oscurati, come quello della stessa Amnesty.L’organizzazione è critica verso il Comitato olimpico internazionale(Cio),al quale si rivolge rilevando come sia”davvero giunto il momento che metta in pratica i propri valori-chiave della dignità umana e dei principi etici universali e fondamentali,facendo dei diritti umani un nuovo pilastro dei giochi olimpici”.Un monito per il futuro insomma.
A stadi ormai chiusi, e con le delegazioni straniere intente a fare le valigie, il governo cinese si è liberato di una piccola spina nel fianco.Quella conficcata da dieci militanti democratici stranieri(otto americani,un tedesco di origine tibetana, una britannica),che avevano tentato di inscenare mini-manifestazioni per la libertà del Tibet.Sono stati espulsi alla chetichella tutti assieme fra domenica e lunedì.Accompagnati senza clamori all’aeroporto e imbarcati su voli diretti verso gli Stati Uniti e l’Europa.A cose fatte il ministero degli Esteri si è persino tolto il gusto di impartire una lezioncina ai governi dei Paesi interessati:”Speriamo che insegnino ai loro connazionali diretti all’estero,come rispettare la legge cinese quando si recano in Cina, al fine di evitare che si ripetano episodi simili nell’avvenire”.
I dieci fanno parte dell’organizzazione internazionale”Students for a free Tibet” ed erano stati bloccati dalla polizia in due diverse occasioni,mentre cercavano di innalzare il vessillo tibetano nel centro di Pecchino.Tentativi abortiti nel giro di pochi secondi per l’immediato intervento degli agenti, a dimostrazione di quanto capillare fosse la distribuzione delle forze di sicurezza nella capitale durante i Giochi.Uno dei dieci,il tedesco Florian Norbu Gyanatshang,ha raccontato di essere stato trattenuto quattro giorni in cella e sottoposto a continui interrogativi notturni, ma “questo è niente-ha commentato-se confrontato a quanto hanno dovuto sopportare i tibetani dopo azioni come la nostra”.
Solo negli ultimi mesi a Lhasa e in altre parti della regione himalayana le vittime della violenza poliziesca sono state centinaia,mentre i colloqui fra il governo e i dirigenti autonomisti tibetani non hanno dato sinora alcun esito.E tuttavia Kelsang Gyaltsen,che rappresenta il Dalai Lama agli incontri,ha annunciato che la sua delegazione presenterà in ottobre un “piano per l’autonomia”.Non trovano conferma invece le voci secondo cui li leader spirituale tibetano potrebbe adirittura essere ammesso a visitare la Cina in novembre,in occasione della giornata dedicata alla memoria delle vittime del terremoto di maggio in Sichuan.Sarebbe un evento di portata storica, visto che il Dalai Lama è in esilio da ormai quasi 50 anni.
Nell’altra regione scossa da tensioni nazionaliste,lo Xinjiang,i dissidenti dell’etnia uigura temono una nuova ondata repressiva.Dall’estero il Congresso mondiale degli uiguri denuncia l’arresto di 500 persone mentre erano in corso le Olimpiadi.I familiari sono tenuti all’oscuro di tutto e non sanno nemmeno dove siano incarcerati i loro cari.Diversi attentati sono stati compiuti nello Xinjiang durante le ultime settimane,ma i dissidenti all’estero temono che le forze di sicurezza non cerchino solo gli autori delle violenze,ma colgano l’occasione per colpire l’opposizione turcofona e musulmana nel suo insieme.
Fonte: L'Unità
26/08/2008