Lungo i fiumi laggiù in Babilonia
Renato Sacco
La guerra in Afghanistan, iniziata nel 2003, ha messo il Paese in ginocchio, forse definitivamente. Quando si torna da una visita in qualche luogo segnato da sofferenza, miseria o guerra, si vive male il ritorno: c’è fatica e una paura di “adattamento”.
È sempre così. E non credo capiti solo a me. Quando si torna da un viaggio, da una visita in qualche luogo segnato da sofferenza, miseria o guerra, si vive male il ritorno nel quotidiano, c’è una fatica e una paura di 'adattamento', di dimenticare e far quasi finta di niente, che tanto la vita continua… Se poi ti capita di guardare qualche TG, allora ti monta anche la rabbia in corpo, nel sentire raccontare le bugie o le sciocchezze e le banalità che diventano 'la notizia' più importante.
Mi capita anche ora, di ritorno da Baghdad. Ho incontrato amici che conosco, con Pax Christi, da anni. È stata una visita di amicizia, di condivisione. Non per fare un reportage o uno scoop, non scortato da soldati o con addosso il giubbotto antiproiettile, ma semplicemente per vivere qualche giorno con loro, condividendo la quotidianità e dire loro 'non vi abbiamo dimenticati'. Una quotidianità fatta di piccole e grandi fatiche: il caldo che supera i 50 gradi, l’energia elettrica che viene erogata solo qualche ora al giorno; il rumore assordante e continuo dei generatori (ma il gasolio per farli funzionare costa… nonostante l’Iraq sia il Paese del petrolio); la tensione che si avverte nelle strade piene di militari e polizia; un traffico caotico, simbolo del caos che c’è nel Paese, senza Governo da 6 mesi; i segni evidenti della paura (giustificata…) con muri di protezione ovunque, check point, controlli ecc..
Se è vero che le truppe USA se ne vanno, i mercenari, i contractors restano, e forse aumentano. Una vita davvero faticosa. E la gente – lo si avverte anche senza parlare – è stanca. Stanca di tutto e non vede vie d’uscita. Questa guerra iniziata nel 2003 ha messo il Paese in ginocchio, forse definitivamente. Ho visto Baghdad conciata molto peggio dall’ultima volta, nel novembre 2003. Molti cercano di scappare dalla città e se riescono lasciano anche l’Iraq. Anche perchè continuano i rapimenti e le uccisioni.
Ma queste poche righe scritte per L’opinione di… non volevano essere un articolo di riflessione su quello che vive oggi l’Iraq, il ritiro delle truppe, gli interessi in gioco, i vari scenari di guerra. Le prospettive buie di un Paese che va verso la divisione – chissà se c’è lo zampino del Generale USA che prima è stato nei Balcani, poi in Iraq, e ora in Afghanistan?
Volevo solo salutare i lettori condividendo un’esperienza prima di tutto umana. Condividere la testimonianza delle 4 Piccole Sorelle di Gesù che vivono nel silenzio la loro presenza a Baghdad, altre sono a Mosul e Erbil. Condividere il sorriso accogliente di altre 4 donne, musulmane, che casualmente ho incontrato sul taxi che ci portava da Baghdad verso Kirkuk, al nord. Erano le quatto e mezza quando siamo partiti, era buio e la lingua non aiutava la comunicazione. Abbiamo dormicchiato. Ma quando il sole ormai era alto, svegliandoci abbiamo cominciato a parlare e la mamma delle tre figlie mi dice che 40 anni fa, da bambina, era stata in una scuola italiana, qualche parola in memoria c’era ancora, allora i volti si sono illuminati, la loro gioia nel sapere che qualcuno dall’Italia è andato fino a Baghdad per amicizia…: “la prossima volta vieni a casa nostra, ti ospitiamo noi”; scambio di numeri di telefono… baci e abbracci. Anche questo è Baghdad. Così come volevo dire delle poche parole che mi rivolge, timidamente, ovviamente in arabo, un’altra donna, Noa, che qualche giorno alla settimana lavora come segretaria nella parrocchia dove sono ospite, da mons. Warduni, il vescovo ausiliare del Patriarcato caldeo. “Grazie per essere venuto fin qui, in questi momenti così difficili”. La mattina dopo, mentre beviamo il thè si sente uno scoppio molto forte, abbastanza vicino. Scopriamo poi che sarà una giornata di attentati, di autobombe, di morti e di feriti.
Se la cosa fa notizia, ne parlano anche i nostri Tg, altrimenti neanche una parola (come il Tg1 delle 20 del 25 agosto).
D’altronde, lo accennavo all’inizio, le notizie sono altre, riguardano i potenti e i poteri forti, magari anche qualche illustre prelato che bacchetta chi osa richiamare a una questione morale. Diamine, la morale riguarda il 6° e 9° comandamento, non il non rubare e la lotta per il potere!
E poi la notizia di oggi, è quella dei cavalli arrivati dalla Libia (non i poveri cristi respinti che muoiono nelle prigioni o nel deserto) e gli incontri del Colonnello con il Cavaliere.
Allora mi viene in mente, ma forse è una citazione impropria e lo ammetto un po’ emotiva, un’altra donna, nel libro dell’Esodo al capitolo 15: “Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il ritornello: “Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere!”.
Fonte: Mosaico di pace, L'opinione di…
30 agosto 2010