Luci ed ombre dell’immigrazione in Italia
Nicola Tranfaglia - Articolo21.org
L’Italia, come è noto, è da alcuni anni il terzo paese europeo per stranieri che vi risiedono più o meno stabilmente con quasi cinque milioni di persone.
L’Italia, come è noto, è da alcuni anni il terzo paese europeo per stranieri che vi risiedono più o meno stabilmente con quasi cinque milioni di persone dopo la Germania di Angela Merkel che ne ha più di sette milioni, la Spagna di Felipe VI che ne ha più di cinque milioni e mezzo e il Regno Unito che ne ha quattro milioni e ottocentomila. Naturalmente le cifre oscillano sempre in relazione al variare costante delle statistiche come ai calcoli degli enti che le certificano ma le classifiche negli ultimi anni sono stabili.
Per un paese come il nostro che in un secolo, dal 1876 al 1976, ha visto partire ventiquattro milioni di emigranti con la punta maggiore, nel 1913 quasi alla vigilia della prima guerra mondiale, di ottocentosettantamila italiani che lasciarono la penisola a cercare lavoro o avventure, si tratta di un record notevole. Ed oggi si può dire che il saldo è incominciato a divenire positivo soltanto negli anni Sessanta del Novecento quando il cosiddetto miracolo economico ha fatto della penisola uno degli Stati europei sviluppati dopo secoli di sottosviluppo. Un primo traguardo di arrivi massicci nel bel paese si può datare forse al 1981 quando arrivarono 321 mila stranieri di cui un terzo destinati a restare stabilmente con noi e un terzo ad andarsene dopo un certo tempo.
Quanto alle leggi che in Italia hanno regolato la presenza degli immigrati gli indirizzi si sono alternati e sono cambiati in relazione alle forze politiche arrivate al governo che raggiunsero di volta in volta la maggioranza parlamentare: nel 1986, almeno sulla carta vennero concessi agli extracomunitari eguali diritti che agli italiani. Insisto sulla carta visto che chi vive con noi sa bene che non basta una legge a cambiare mentalità e costumi che magari risalgono a molto tempo prima. Quattro anni dopo, nel 1990, la legge Martelli regolarizzò duecentomila stranieri già in Italia. E nel 1991 la caduta del regime comunista in Albania rovesciò improvvisamente da noi centinaia di migliaia di profughi-emigranti. Sette anni dopo la legge Turco-Napolitano stabilì alcuni criteri accettabili per l’immigrazione nel nostro Paese ma, quattro anni dopo, con il ritorno al potere di Berlusconi arrivò la Bossi-Fini con l’espulsione degli immigrati irregolari.
Un dato che caratterizza il caso italiano è l’estrema lentezza dell’acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri: ma questo dipende oltre che da norme sbagliate(come quelle nella Bossi-Fini) anche dalla macchinosità e lentezza dell’ amministrazione pubblica italiana prima dell’attesa riforma che speriamo possa esserci nei prossimi anni. Certo è che vale la pena sottolineare come, da una parte, aumenti sempre di più il numero degli stranieri di seconda generazione che nascono in Italia e che, dall’altra arrivino sempre di più dall’Europa orientale, dopo l’89, piuttosto che dagli altri continenti. Così se guardiamo, negli ultimi anni, alle comunità presenti nel nostro Paese scopriamo che sono nettamente in testa i rumeni che hanno superato ormai il milione di unità, seguiti dagli albanesi che sono poco meno di mezzo milione di persone, i marocchini (412mila), gli ucraini (342mila), seguiti dai filippini (139mila) e dai bulgari che hanno raggiunto di recente il traguardo dei cinquantamila. La loro distribuzione sul territorio nazionale riflette il maggior sviluppo economico o anche possibilità di trovar lavoro e di fuggire le crisi economiche o politiche dei paesi da cui provengono. L’ultimo elemento che vale la pena segnalare riguarda l’appartenenza religiosa che conferma che in maggioranza si tratta di cristiani delle varie chiese seguiti da un milione e mezzo di mussulmani.
Quanto alle tragedie che ogni giorno raccontano, con più o meno precisione, i mezzi di comunicazione, vale la pena ricordare che, quando non dipende da caratteristi che di situazioni esistenti nei luoghi di partenza, o dai traffici ormai stabili nel flusso migratorio e che riguarda no il traffico di persone o addirittura di organi, si legano alle nostre leggi ancora legate alla Bossi-Fini o ad altre norme conservatrici o peggio reazionarie e alle difficoltà di azione della nostra amministrazione nei luoghi di accoglienza. Riuscirà a cambiare il nostro paese in un settore così importante? C’è da sperarlo fortemente senza illudersi che tutto avvenga in settimane o mesi.