Lo sviluppo comincia dai diritti: anche a Caserta


Pina Picierno


Questa è una storia che comincia nel 1995. Una storia, quella del CSA Ex Canapificio di Caserta, di una rete di sostegno e aiuto per i migranti e non solo, attraverso sportelli di assistenza, luoghi di incontro, momenti di socialità.


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Lo sviluppo comincia dai diritti: anche a Caserta

Questa è una storia che comincia nel 1995. Una storia, quella del CSA Ex Canapificio di Caserta, di una rete di sostegno e aiuto per i migranti e non solo, attraverso sportelli di assistenza, luoghi di incontro, momenti di socialità.

L’ex canapificio è un luogo particolare: si trova accanto alla Reggia di Caserta, ed è un bene di archeologia industriale; per tutti questi anni è stato lasciato soltanto alle attenzioni affettuose di chi voleva farne un centro vissuto e partecipato. Un presidio di cittadinanza in terra di camorra. Ma le attenzioni affettuose e l'impegno instancabile, purtroppo non bastano: dal tetto entra l’acqua, l'edificio è pericolante , occorre fare dei lavori importanti e si vorrebbe cogliere l’occasione per rendere le strutture dell’ex fabbrica maggiormente adatte alle attività che vengono svolte.

Così Mimma e Fabio, i due ragazzi che coraggiosamente animano le attività del Centro, chiedono un finanziamento alla Regione Campania, da ottenere attraverso i Fondi Europei. E accade anche una specie di piccolo miracolo: ll finanziamento per la ristrutturazione viene concesso.
Ma improvvisamente in tanti, politici, cittadini, esperti, istituzioni, si accorgono dell'esistenza del Centro, si cominciano a sostenere che forse l’area della Reggia di Caserta dovrebbe essere dedicata al turismo, ospitare centri commerciali, alberghi, magari un parco.
Si alzano numerose voci per un trasferimento dell’associazione, e presto si arriva alla conclusione che il centro per i migranti "spaventerebbe" i turisti e che quindi deve essere spostato. Un’esperienza che ha affrontato in solitudine il degrado e l’abbandono negli ultimi 15 anni, improvvisamente, di fronte a un progetto di riqualificazione, diventa un problema. Come a dire: finché le attività per i migranti si tengono in una struttura decrepita, fatriscente e non utilizzabile per attività di business, tutto sommato va anche bene. Ma quando si ipotizza che la stessa struttura può essere messa a nuovo, allora non va bene più.

Pazzesco, ma emblematico di un certo modo, molto italiano, e moltissimo casertano, di concepire le politiche per l'integrazione. In provincia di Caserta. Le poche esperienze che esistono (mi verrebbe da scrivere resistono) a difesa della legalità e dei diritti, come si evince anche da questa storia, sono nate e cresciute attraverso l’impegno paziente di cittadini lasciati colpevolmente soli nell’affrontare battaglie di civiltà.

Ma quello che davvero non capisco è come si possa pensare che in terra di camorra l’economia e il benessere possano esistere senza la cittadinanza, la partecipazione e i diritti di tutti. Anche a Caserta lo sviluppo deve partire dall’integrazione e dai diritti: l’etica libera la bellezza, recitava lo slogan della Giornata contro le mafie di Libera a Napoli. La reggia di Caserta, splendore italiano, patrimonio Unesco, senza un tessuto urbano attorno fatto di socialità e cittadinanza, resterebbe una torre d’avorio circondata dal deserto. Un ex canapificio più bello e più funzionale deve far parte dell’idea di sviluppo che abbiamo per Caserta, che non può certo fare a meno della legalità, dei diritti e dell’integrazione.
 
La conferenza stampa del CSA Ex Canapificio si terrà oggi Mercoledì 11 Novembre alle 11 presso il Centro Sociale, in Viale Ellittico, 27 a Caserta.

Fonte: Articolo21

10 novembre 2009

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