L’Italia a rischio razzismo
Avvenire
Ferita la campionessa Daisy Osakue. «Colpita perché sono nera». A Salerno la Lega chiede «la lista dei pregiudicati stranieri». Agrigento, picchiato gambiano.
«Non volevano colpire me come Daisy, volevano colpire me come ragazza di colore». Un uovo, scagliato come una pietra da un’auto in corsa, l’ha colpita in pieno volto, ferendola seriamente a un occhio. Lei è Daisy Osakue, la primatista italiana under 23 di lancio col disco. Ha rischiato di non poter partecipare agli Europei di atletica. Vittima di un’aggressione mentre rientrava nella sua casa di Moncalieri.
È notte fonda quando Daisy arriva al Pronto Soccorso dell’Oftalmico. In un primo momento si parla addirittura di un intervento, che avrebbe messo fine al suo sogno di volare a Berlino. Per fortuna è soltanto un grande spavento. «In Germania ci vado anche se cascasse il mondo», dice la ragazza, a cui i medici hanno riscontrato una «abrasione all’occhio sinistro». Le indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Torino sono in pieno svolgimento. Si cerca un Fiat Doblò, probabilmente lo stesso che a Moncalieri è stato segnalato ai militari dell’Arma in altre due occasioni. E sempre per il lancio di uova contro i passanti: un pensionato nella notte tra il 14 e il 15 luglio, tre donne – non di colore – la sera del 25 luglio.
La cronaca di questi giorni insegna che non ci vuole molto a passare dalle parole alle vie di fatto. A Salerno il numero 2 della Lega in Campania ha chiesto al prefetto di voler cortesemente fornire la lista di tutti gli «immigrati pregiudicati». Il problema, sembrerebbe, sono le «aree divenute dei veri e propri ghetti dove si spacciano sostanze stupefacenti», insistono i leghisti delle Due Sicilie che nella fretta di bussare anche al questore avrà dimenticato di menzionare i suoi concittadini con qualche frequentazione di camorra.
Se i politici se le suonano a colpi di tweet, poi in strada si trova sempre qualcuno disposto a passare alle maniere forti. Non solo Luca Traini, il mancato stragista di Macerata, il ragazzo dalla testa rasata, il grilletto facile e il cuore a destra. Una volta denunciati, i colpevoli accampano sempre qualche scusa. Come il pensionato del vicentino che ha centrato sparando dal terrazzo un operaio di Capoverde. «Stavo provando la nuova carabina ad aria compressa sparando ai piccioni», ha detto ai carabinieri.
La notizia della Lega che chiede i nomi dei pregiudicati stranieri è stata riportata con sconcerto dal quotidiano “La Città di Salerno”, che da giorni registra episodi tra razzismo e farsa. Il Comune di Camerota, ad esempio, ha ottenuto i fondi per contrastare il commercio abusivo sulle spiagge. Palinuro invece no, e il sindaco si arrabbia: «Ora i vù cumprà verranno tutti da noi…».
Quando va bene li insultano. Altre volte li picchiano. Ieri in Sardegna un gruppo di giovani ha avuto da ridire al momento di ordinare una birra. «Non vogliamo essere serviti da quello lì». Quello lì è Mamadou Niang, cameriere 18enne di origine senegalese, che vive e lavora a Cala Gonone, sulla costa di Dorgali (Nuoro). Protagonisti, non un gruppo di naziskin berlinesi in cerca di abbronzatura, ma quattro ragazzi sardi poi buttati fuori dal proprietario del locale. «Non volevo crederci», ha raccontato Dionigio Mereu Fronteddu, il titolare. «Razzismo? Ma no, è solo ignoranza. Sono persone che hanno un orizzonte limitato», ha commentato Mamadou.
A Partinico, nel Palermitano, è stato identificato e denunciato Gioacchino Bono, operaio di 34 anni, accusato di «lesioni personali aggravate dai motivi razziali». L’uomo ha insultato e picchiato un 19enne africano, mentre almeno altre persone lo tenevano fermo. E proprio sull’identità dei complici che si stanno concentrando gli accertamenti. Il senegalese, da due anni ospite di una comunità, si era rivolto ai carabinieri. Sul ragazzo nessuno in paese ha niente da dire, ne parlano come di un modello di integrazione, con una borsa lavoro nei cantieri navali di Palermo e un comportamento che anche gli investigatori definiscono impeccabile. Sempre in Sicilia un gambiano è stato accerchiato, insultato e schiaffeggiato da un gruppo di ragazzi che volevano prendergli delle sigarette. Dembo Tambado, 18 anni, è stato accolto ieri mattina dal sindaco di Agrigento, Lillo Firetto, che lo ha abbracciato a nome della comunità.
Il capitolo delle aggresioni fisiche è lungo, ma sono quelle verbali, di rado denunciate, a sconfessare chi invece vorrebbe lasciar correre derubricando la faccenda al livello di banali intemperanze. Due giorni fa ai carabinieri di Giulianova si è presentato Ubrahima Diop, senegalese di 39 anni residente a Roseto degli Abruzzi (Teramo), dove vive con la moglie italiana e il figlio di 16 anni. Aveva bussato a uno sportello dell’Asl per chiedere come rinnovare il suo libretto: «Vattene», gli ha risposto un impiegato, «questo non è l’ufficio del veterinario». La cosa che lo ha ferito di più non è stato il venire paragonato a una bestia, «ma l’indifferenza degli atri tre impiegati presenti, nessuno ha preso le mie difese. Non ho reagito, da persona civile mi sono recato a sporgere regolare denuncia».
L’omicidio di Sacko Soumalya, il giovane del Mali ucciso a Vibo Valentia il 3 giugno mentre stava prendendo da una fabbrica abbandonata del materiale per costruirsi una baracca, non è stato un caso isolato. Il 26 luglio a San Cipriano d’Aversa, in provincia di Caserta, due ragazzi in scooter hanno sparato con una pistola ad aria compressa colpendo al volto un 22enne della Guinea, ospite in un centro di accoglienza. La settimana scorsa un’africana è stata rapinata e picchiata da due italiani a Rimini. La ragazza, incinta, è stata trascinata a terra e presa a calci contro il pancione: «Tornate a casa vostra. Ti facciamo abortire, sporca negra».
Da gennaio ad oggi gli episodi più gravi, con stranieri aggrediti non solo verbalmente, sono più di trenta. Quando individuati, i responsabili hanno sempre escluso la matrice razzista. Le vittime erano tutte di colore.
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Avvenire
31 luglio 2018