Libia, voto: favoriti Fratellanza ed ex jihadisti
Geraldina Colotti - nena-news.globalist.it
Si prevede successo del Partito della giustizia e della ricostruzione, l’ala libica dei Fratelli musulmani, e degli ex jihadisti di Abdelhakim Belhaj.
In un clima di forte tensione, la Libia si è recata ieri alle urne. I seggi sono rimasti aperti dalle 8 di mattina alle 20, ma i risultati – ha fatto sapere la Commissione elettorale – «non si conosceranno prima di lunedì o martedì». Gli iscritti a votare erano 2,7 milioni (l'80% degli aventi diritto). Si sono presentati 3.707 candidati per 72 circoscrizioni complessive. Per le candidature individuali sono stati previsti 120 posti, 80 per le liste dei partiti politici.
Come in Tunisia e in Egitto, gli islamisti sono i grandi favoriti: il Partito della giustizia e della ricostruzione (Pgr), l'ala libica dei Fratelli musulmani, diretto da Mohammad Hassan Sowan, e il Partito della nazione (Pn), fondato dal jihadista pentito Abdelhakim Belhaj. Nella corrente non religiosa, quella dei cosiddetti partiti «liberali», la più quotata risulta l'Alleanza delle forze nazionali, una coalizione di 58 partiti, guidata dal ricco uomo d'affari ed ex numero 2 del Cnt, Mahmoud Jibrill.
Su 1.554 seggi, un centinaio è però rimasto chiuso a causa dei sabotaggi, soprattutto nell'est del paese. Le province della Cirenaica, dove milizie e capi tribù avevano già tentato di proclamare l'autonomia il 6 marzo, hanno boicottato il voto. A Ajdabiya ieri un uomo è stato ucciso mentre tentava di rubare un'urna. Sotto accusa la ripartizione dei seggi nella futura Assemblea nazionale: 100 all'ovest, 60 all'est e 40 al sud.
L'Assemblea nazionale designerà il governo e il Primo ministro e redigerà la nuova costituzione per preparare poi le legislative del 2013. Il Consiglio nazionale di transizione (Cnt), messo in sella dai paesi dell'Alleanza atlantica durante l'intervento armato dell'anno scorso, dovrebbe sciogliersi con la costituzione dell'Assemblea. «Il popolo libico è fedele all'Islam come religione e come legge», ha dichiarato il portavoce del Cnt, Saleh Daroub, auspicando che nella nuova costituzione la legge islamica (la sharia) diventi la principale fonte legislativa «e senza che questa decisione venga sottoposta a referendum».
Privo di credibilità, contestato dalla piazza per mancanza di trasparenza e messo in questione dalle organizzazioni umanitarie che denunciano il moltiplicarsi delle pratiche di tortura sui detenuti, il Cnt assicura che lavorerà alla «riconciliazione». Il paese però è sempre più frammentato, in preda alla guerra per bande e alle rivalità claniche. Venerdì un funzionario della Commissione elettorale è morto mentre trasportava materiale elettorale a bordo di un elicottero preso di mira da gruppi armati, a sud di Bengasi. Dove i miliziani hanno bloccato metà delle esportazioni petrolifere del paese. Intanto le grandi compagnie petrolifere che hanno avuto campo libero con l'intervento armato, devono affidarsi alle milizie presenti nelle zone estrattive. Le armi rubate nei depositi militari si vendono a peso d'oro a beneficio di bande armate e milizie radicali islamiche, soprattutto nella regione del Sahel, dove arriva la rete di al-Qaeda del Maghreb islamico (Aqmi). A 8 mesi dal linciaggio e l'uccisione di Muammar Gheddafi, la guerra civile – ufficialmente conclusa il 23 ottobre del 2011 – sembra solo aver moltuplicato i contendenti.
Quella di ieri è stata la prima scadenza elettorale dal 1965, quattro anni prima che Gheddafi prendesse il potere e lo conservasse per 42 anni. Un'occasione enfatizzata dalle cancellerie di quei paesi occidentali che hanno visto la produzione petrolifera tornata com'era prima della guerra civile (1,6 milioni di barili al giorno). Il mercato per la ricostruzione promette circa 200 miliardi di dollari in vent'anni. Le compagnie di sicurezza private costituiscono una grossa fetta del business. Facile prevedere che la tanto decantata «stabilità democratica» non sarà per domani.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
8 Luglio 2012