Libia, Bahrein, Yemen: è sempre rivolta
NEAR EAST NEWS AGENCY
Sono decine i morti della rivolta nell’Est della Libia. Gheddafi minaccia una repressione “devastante”. Ma l’insurrezione scuote anche altri dittatori e monarchi arabi alleati degli Usa.
Attraverso i «comitati» di quella rivoluzione «verde», della quale Muammar Gheddafi forse conserva solo un pallido ricordo, il leader libico minaccia una «repressione devastante» della rivolta senza precedenti che sta affrontando da quattro giorni e che si concentra, per il momento, nell’Est del Paese. Anche ieri Bengasi (la seconda citta’ del paese), Baida e vari centri abitati verso il confine con l’Egitto sono stati teatro di manifestazioni e scontri. Il bilancio di morti e feriti è pesante. Negli ultimi 3 giorni, secondo Amnesty International, almeno 46 persone sarebbero state uccise dalle forze di sicurezza. Per Human Rights Watch invece i morti sarebbero 84, un bilancio derivante da interviste telefoniche con ospedali e testimoni. Secondo il vicedirettore di Hrw per Medioriente e Africa settentrionale, Joe Stork, «le forze della sicurezza di Gheddafi hanno aperto il fuoco contro i civili e ne hanno uccisi a decine solo perchè chiedevano un cambiamento”. Lo stesso giornale del figlio “riformista” di Gheddafi, Seif al Islam, a riferire di almeno 20 morti a Bengasi e sette a Derna.
A Bengasi, migliaia di dimostranti sono scesi in piazza ed alcuni di loro hanno occupato l’aeroporto per impedire l’arrivo di rinforzi. In alcune zone della città è stata sospesa l’erogazione della corrente elettrica e per tarpare le ali della protesta, Facebook da ieri sera era stato reso inaccessibile. La navigazione su Internet resa più difficoltosa durante la notte, oggi è del tutto bloccata. Anche le comunicazione telefoniche per tutta la giornata di ieri sono risultate ardue. Due poliziotti sono stati impiccati dai manifestanti ad Al Baida (terza città del Paese) mentre a Bengasi la sede della radio è stata incendiata. Ci sono state vittime anche in due prigioni durante tentativi di evasione in due carceri. Invece a Tripoli, roccaforte del regime, nessun incidente e Gheddafi si è anche fatto vedere nel centro della capitale dove è stato accolto con entusiasmo da una folla di sostenitori.
Ma il vento della rivolta soffia anche su altri Paesi arabi. In particolare sul Bahrein, dove l’esercito ieri ha sparato di nuovo contro i manifestanti e sullo Yemen, dove diverse persone sono morte in scontri tra manifestanti pro o contro il presidente Saleh. In Giordania 8 persone sono rimaste ferite in tafferugli tra sostenitori e oppositori di re Abdallah. In Bahrein la coalizione Wefaq, principale gruppo di opposizione sciita, ha respinto l’offerta di dialogo avanzata da re Hamad, ribadendo che prima il governo dovrà rassegnare le dimissioni e ritirare i soldati dalle strade di Manama. Ieri sono stati almeno 50 i feriti durante i funerali dei 4 manifestanti uccisi nei giorni scorsi. Re Hamad Isa al-Khalifa aveva chiesto al figlio maggiore Salman di avviare colloqui a livello nazionale per risolvere la crisi.
Invece in Egitto ad una settimana dalla fine dell’era Mubarak, Piazza Tahrir ieri si è nuovamente riempita di manifestanti (almeno due milioni) per celebrare la «giornata della vittoria» e per tenere alto lo spirito della rivoluzione del 25 gennaio. Ma in un’altra piazza del Cairo si sono riuniti alcune migliaia di nostalgici del vecchio regime.
Fonte: NenaNews
19 febbraio 2011