Libertà per i 19 giornalisti sudanesi arrestati a Khartoum


Antonella Napoli


Appello di Articolo 21 e Italians for Darfur affinché si accendano i riflettori anche sulla rivolta sudanese dopo quelle di Tunisia ed Egitto.


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Libertà per i 19 giornalisti sudanesi arrestati a Khartoum

Un appello al governo del Sudan per chiedere la liberazione di 19 giornalisti, arrestati nell’ultima settimana a Khartoum, e fermare l’ondata repressiva nel Paese che ha visto finire in carcere centinaia di persone tra operatori dell’informazione, attivisti per i diritti umani ed esponenti dell’opposizione. Italians for Darfur e Articolo 21, ancora una volta insieme, lanciano l’iniziativa affinché si accendano i riflettori anche sulla rivolta sudanese dopo quelle di Tunisia ed Egitto.
A quattro giorni dal fermo di sette cronisti, denunciato dal ‘Network of Sudanese Journalists’, con la sola ‘colpa’ di aver seguito la manifestazione del 30 gennaio organizzata nella Capitale dagli studenti universitari, giovedì 3 febbraio altri dodici colleghi sono stati arrestati per aver partecipato a un convegno del Partito comunista sudanese.
Le persone fermate, tra cui cinque donne, lavorano per un giornale dell’opposizione, Al-Maidan, e sono a rischio di torture.
Subito dopo gli eventi del 30 gennaio ‘Italians for Darfur’ e ‘Amnesty International’ avevano chiesto al presidente Omar Hassan Al Bashir di porre fine al giro di vite sulla libertà di espressione culminata con l’azione antisommossa dei giorni scorsi che ha causato la morte di un ragazzo, poco più che ventenne, e il ferimento di decine di manifestanti.
Polizia e Forze di sicurezza hanno usato manganelli e gas lacrimogeni per disperdere i cortei a Khartoum e a Omdurman.
La vittima, Mohamed Abdel Rahman, era uno studente dell’Ahlia University di Omdurman, deceduto in ospedale poche ore dopo la manifestazione a causa delle lesioni subite durante gli scontri.
Un portavoce del Governo, Kamal Ubayd, membro anziano del National Congress Party (NCP), ha smentito che il decesso del giovane fosse responsabilità delle Forze dell’ordine e ha sottolineato che le proteste “limitate e deboli, erano un tentativo da parte di alcuni partiti della minoranza di mettere in imbarazzo il governo”.
Ma i gruppi studenteschi che hanno organizzato la manifestazione rifiutano di essere etichettati come simpatizzanti di questo o quel partito e rilanciano la rivolta annunciando nuove dimostrazioni per il mese di febbraio.
Nel frattempo, l’opposizione ha lanciato accuse e critiche feroci contro la maggioranza, sia per gli arresti arbitrari dei manifestanti e dei giornalisti sia per il peggioramento delle condizioni socio – economiche del Paese. Il leader dell’UMMA Party, Mubarak al-Fadil Al-Mahdi, ha chiesto a nome della coalizione le dimissioni immediate di Bashir per poter dar vita a un governo di transizione, al fine di salvare il Sudan da un’ulteriore degenerazione delle condizioni di vita e di stabilità.
L’uso eccessivo della forza contro chi era sceso in piazza ha suscitato la reazione e la condanna di numerose organizzazioni civili e politiche.
Yasir Arman, leader del Sudan Popular Liberation Movement (SPLM) del Nord, ha dichiarato che i “metodi utilizzati dalla polizia e dalle forze di sicurezza nei confronti dei manifestanti sono stati una palese violazione della costituzione, dei diritti umani e dei costumi della società sudanese”. Arman ha chiesto la liberazione di tutti i detenuti per motivi ideologici tra cui il leader dell’opposizione, l’islamista Hassan Al-Turabi.
Anche l’Associazione degli Avvocati del Darfur ha deplorato l’uso della ”violenza ingiustificata” e ha denunciato le vessazioni contro “cittadini e giornalisti inermi picchiati e umiliati brutalmente”.
Persone normali e coraggiose con la sola colpa di voler esprimere il prorprio pensiero e raccontare le storture di un regime antidemocratico.

Fonte: Articolo21

4 febbraio 2011

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