Libano senza governo e spaccato da crisi siriana
NEAR EAST NEWS AGENCY
Il premier Mikati ha annunciato le dimissioni dopo il mancato accordo sui servizi segreti e la legge elettorale, frutto della spaccatura nel paese tra pro-siriani e anti-Assad.
Erano nell’aria da giorni e ieri in tarda serata sono state annunciate. Il premier libanese Najib Mikati, con un discorso alla nazione trasmesso in diretta dalla televisione di Stato, ha dato le dimissioni. L’atto dovrà essere approvato oggi dal presidente Michel Suleiman.
«La salvezza del Libano» potrà avvenire «solo attraverso il dialogo» e «con la formazione di un governo di salvezza nazionale», ha detto il primo ministro dimissionario, che poi ha rivolto un invito a «tutte le forze» (politiche), che «devono assumersi le loro responsabilità per portare il Libano fuori dall’incertezza». «La nuova legge elettorale non sarà approvata nei tempi previsti dalla Costituzione», ha quindi aggiunto Miqati, sottolineando come sia stata «impedita la formazione di una Commissione elettorale».
Mikati è stato alla guida di un governo in cui ha un ruolo di primo piano il movimento sciita Hezbollah alleato del presidente siriano Bashar Assad nella guerra civile che devasta la vicina Siria. Contro il governo sono schierate le opposizioni filo-occidentali capeggiate dal partito “Mustaqbal” dell’ex premier Saad Hariri, un leader sunnita impegnato a sostegno della ribellione contro Assad. Una spaccatura tra governo e opposizione che ben rappresenta un paese che nelle parole del capo di stato Suleiman deve rimanere neutrale rispetto alla crisi siriana ma che in realtà è sempre più coinvolto. Alla base delle dimissioni di Mikati ci sono le divergenze sull’organizzazione delle elezioni legislative di giugno, su una possibile nuova legge elettorale e sulla proroga dell’incarico a uno dei comandanti dei servizi di sicurezza. Ieri durante la riunione del governo, i ministri di Hezbollah si sono opposti alla conferma nella carica di capo dei servizi di sicurezza interna del generale Ashraf Rifi, vicino all’opposizione anti-siriana. Ma la disputa più lacerante è riesplosa sulle elezioni legislative in programma a giugno. Hezbollah e una parte dello schieramento cristiano (Corrente dei Patrioti Liberi, dell’ex capo di stato maggiore Michel Aoun) ad esso alleato hanno chiesto che si vada al voto solo dopo aver cambiato la legge elettorale in termini apparentemente più favorevoli agli sciiti. Contrari i sunniti e il resto dei cristiani. E’ prevedibile uno slittamento della consultazione elettorale prevista tra due mesi. Secondo il ministro dell’interno Charbel il voto potrebbe essere rinviato di due anni.
A pesare sulle decisioni di Mikati sono state anche le pressioni della sua comunità di appartenza, quella sunnita. Da lungo tempo il premier dimissionario viene accusato dai sunniti e da “Mustaqbal” di «reggere il gioco» agli sciiti e a Hezbollah e, in ultima analisi, al regime di Damasco.
Per questo motivo colpi d’arma da fuoco in segno di festa sono stati esplosi a Tripoli, città portuale nel nord del Libano nota come roccaforte dell’islamismo sunnita più radicale e per l’appoggio che in vari modi (anche con l’invio di combattenti) fornisce all’Esercito libero siriano, la milizia dei ribelli anti-Assad.
Le manifestazioni di gioia a Tripoli sono avvenute in contemporanea con l’inizio del cessate il fuoco tra i miliziani sunniti che appoggiano i ribelli siriani e quelli della minoranza alawita che sostiene Assad. Le due fazioni nelle ore precedenti si erano scontrate con violenza facendo almeno cinque morti, tra i quali un soldato, e 26 feriti. Il quartiere di Bab Tabbaneh, popolato da sunniti, e la vicina collina di Muhsen, abitata dagli alawiti, ieri sera erano presidiati da ingenti forze militari chiamate a far rispettare il cessate il fuoco e impedire lo scontro settario che nell’ultimo anno e mezzo a Tripoli ha fatto decine di morti.
Fonte: Nena News
23 marzo 2013