Libano in fiamme, Abra assediata
NEAR EAST NEWS AGENCY
Proseguono le violenze a Sud del Paese dei Cedri: l’esercito occupa il quartier generale di Assir, lo sheikh si dà alla fuga. Kerry in Arabia Saudita per parlare di Siria.
A pochi giorni dall’incontro di Doha degli 11 Paesi “Amici della Siria”, conclusosi con un nuovo appello ad inviare armamenti ed equipaggiamento ai gruppi di opposizione, oggi il segretario di Stato americano Kerry vola in Arabia Saudita.
La petrolmonarchia occupa da tempo un posto in prima fila nella corsa alla caduta di Assad: la riunione di oggi tra la delegazione statunitense e quella saudita, prevista nella città di Jeddah, servirà a definire ulteriori misure di coordinamento per sostenere i “ribelli” dall’esterno. “Se gli Stati Uniti non fanno niente e il resto del mondo non fa niente, allora la Siria sarà travolta e le condizioni saranno peggiori di quelle attuali – ha detto in un’intervista Kerry – Ovvero il crollo totale con radicali ed estremisti in grado di arrivare alle armi chimiche e liberi di usarle come base per condurre azioni contro l’Occidente e gli Stati Uniti”. Dito puntato, quindi, sull’Iran e su Hezbollah, che negli ultimi mesi ha svolto un ruolo centrale a fianco del presidente Assad, garantendogli vittorie strategiche.
I passi verso quello che si sta definendo giorno dopo giorno come un vero e proprio intervento esterno proseguono, seppure l’amministrazione Obama appaia più cauta del previsto. Sì alle armi, ma indecisione sulla no-fly zone che i ribelli chiedono da mesi. Le stesse titubanze sull’utilizzo presunto di armi chimiche da parte di Bashar al-Assad è prova di prudenza, forse derivante anche dal fatto di trovarsi di fronte ad uno spettro di opposizioni composito e affatto in grado di definire un fronte unito e unico.
E i settarismi religiosi e politici stanno ormai contagiando il vicino Libano: dopo l’agguato di domenica contro unità dell’esercito libanese, oggi le truppe governative proseguono negli scontri a fuoco con gruppi armati radicali a Sud del Paese. L’attacco ad un checkpoint militare nel villaggio di Abra, vicino Sidone, si era concluso con la morte di almeno 12 soldati. Immediata era stata la risposta di Beirut che in poche ore aveva riassunto il controllo del villaggio.
Ma nella notte gli scontri sono continuati vicino al porto di Sidone dopo un raid compiuto dall’esercito in un edificio occupato da circa 250 fedelissimi dello Sheikh Assir, il religioso che ha incitato alle violenze contro lo Stato accusandolo di essere prono al volere di Hezbollah. Decine gli arresti tra i membri del gruppo radicale sunnita, mentre l’ufficio di Assir ad Abra veniva quasi completamente distrutto. Lo sheikh, su cui da ieri pende un mandato di cattura, è riuscito a darsi alla fuga. Il bilancio dei soldati uccisi sarebbe intanto salito a 16.
In breve le violenze hanno contagiato anche il Nord e la sensibilissima città di Tripoli, dove ieri uomini armati hanno aperto il fuoco contro posti di blocco: cinque feriti, tra cui due poliziotti.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
25 Giugno 2013