L’emergenza è una, immediata: aprire Gaza per far sopravvivere un milione e mezzo di persone
Raffaele Crocco
Allegra Pacheco, responsabile OCHA,l’agenzia ONU che si occupa degli affari umanitari in Palestina, racconta la realtà dei Territori occupati e chieda vanga messa fine all’embargo per permettere ai palestinesi di sopravvivere.
Una strada obbligata questa, indicata ieri sera a Betlemme da Allegra Pacheco, responsabile dell'OCHA, l'ufficio della Nazioni Unite che si occupa degli affari umanitari nei territori palestinesi. Lo ha raccontato ai 400 italiani arrivati con la lunga carovana di Time for Responsabilities, la settimana per la pace in Israele e Palestina organizzata dal Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Dritti Umani, la Tavola per la Pace e la Piattaforma delle Ong Italiane per il Medio Oriente.
Pacheco ha disegnato un quadro preciso di quello che sta accadendo nei territori palestinesi, preciso e drammatico, fitto di dati che raccontano l'impossibilità di sopravvivere. I numeri dicono con chiarezza che Gaza – ma anche la Cisgiordania – sono destinate a morire se non si interviene subito.
A Gaza, ad esempio, il 98 per cento delle attività commerciali ha chiuso le serrande. I disoccupati sono saliti di 120mila unità dopo la guerra dello scorso anno. La corrente elettrica c'è in alcune ore del giorno, mancano combustibile, materiali per costruire, medicine. Gli ospedali non funzionano e la rete idrica è diventata una specie di fogna.
Il territorio è nei fatti messo sottochiave dagli israeliani, che non fanno passare uomini o merci. “Si può parlare – ha detto Pacheco – di una forma di punizione collettiva messa in atto contro i palestinesi”. Non va meglio in Cisgiordania, con l'incubo di un muro lungo 708 chilometri che cresce ogni giorno di più – si è arrivati alla metà, al momento – con costi proibitivi – 2 miliardi di dollari sinora – e che di fatto divide i palestinesi da altri palestinesi, oltre che dagli israeliani.
Una tragedia che sta diventando a tinte forti, insostenibile dal punto di vista umanitario. A rappresentarla in modo netto, preciso, sono i 614 ostacoli, trincee e check point che rendono ai palestinesi impossibile ogni movimento in Cisgiordania, come a Gaza. Allora la priorità è diventata: cambiare. E in questo la comunità internazionale deve giocare un ruolo da protagonista. Il tempo – dicono i rappresentanti dell'Onu – sta irrimediabilmente per scadere. È già scaduto.