L’Egitto liberi Patrick! Firma la petizione!
La redazione
L’amico di Patrick Zaky: “Anch’io rapito e torturato in Egitto, ora temo per lui”. L’attivista che vive e lavora a Berlino da qualche anno è in prima fila per liberazione : sono dovuto scappare dal Paese!
FIRMA LA PETIZIONE SU CHANGE!
«Sono stato rapito dalle forze di sicurezza statali» in Egitto «e interrogato per 35 ore», «non ho subito elettroshock ma sono stato picchiato, bendato e legato. Mi hanno privato del sonno e hanno cercato di distorcere il tempo».
È la drammatica testimonianza che fa all’Ansa Amr Abdelwahab, cittadino egiziano 29enne che vive e lavora a Berlino da qualche anno, amico di Patrick George Zaki, arrestato venerdì al Cairo e tuttora detenuto, in prima fila tra coloro che in tutta Europa ne stanno chiedendo la liberazione.
Dopo essere stato così interrogato «sono stato rilasciato, ma hanno continuato a chiamarmi per le indagini più volte e quindi mi sono reso conto che ero in pericolo e dovevo scappare dal Paese», racconta Amr. Questo accadeva nel luglio 2015, dal settembre di quell’anno Amr non ha più messo piede nel suo Paese natio, l’Egitto. «Come ingegnere del software ho avuto subito diverse offerte di lavoro in Europa e sono partito subito».
Ai tempi dell’Università, Al Cairo, risale la sua conoscenza con Patrick Zaky. I due si sono avvicinati con l’inizio della rivoluzione egiziana nel 2011 e poi nel 2012 Amr racconta di Patrick, in prima fila per lui espulso dall’università «per motivi politici». Ora l’amico ricambia il favore in un certo senso, e parla a nome di migliaia di attivisti e amici tra Egitto ed Europa che in questi giorni hanno messo in piedi una straordinaria mobilitazione, sul web, nelle piazze, non solo a Bologna.
Proprio la petizione lanciata da Amr su Change.org sabato per chiedere la liberazione di Patrick ha superato 80mila firme. «In questi ultimi 9 anni ho imparato la lezione a mie spese – dice Amr all’Ansa – Niente è più importante che coinvolgere le persone. Le persone sono il vero potere». «Pagherò un prezzo per aver fatto sentire la mia voce per Patrick, lo so – aggiunge – ma è tempo che si conosca il prezzo che paghiamo. Il mio più grande timore è che questo prezzo che noi egiziani paghiamo per la nostra sicurezza sia per nulla. E questo accadrà soltanto se le persone cominceranno a ignorare le nostre storie».
Alla domanda se ci sia il timore di essere spiati e controllati dalle forze di sicurezza egiziane anche all’estero, Amr risponde:«Assolutamente sì. Ci sono state tante storie su questo in passato, una volta ho incontrato un ricercatore che stava scrivendo una tesi di master proprio su questo argomento».
La Stampa