Leggi razziali del terzo millennio
Shukri Said
La memoria ritorna alle leggi razziali adottate nel novembre 1938. Dov’è la differenza tra quella stagione dell’umanità europea e quella che si sta vivendo attualmente in Italia e in Francia?
Ci è stato ricordato che quella dei mutui subprime del 2008 è stata una crisi economica paragonabile a quella del 1929, ma evidentemente non è questo il solo ritorno nel terzo millennio degli aspetti negativi di quegli anni lontani, ma evidentemente non ancora troppo. Il Presidente francese Sarkozy ha infatti detto che intende togliere la cittadinanza ai francesi di origine straniera che commettono delitti particolarmente gravi contro esponenti delle forze dell’ordine ed ha inoltre creato disposizioni per l’espulsione di appartenenti alle etnie Rom e Sinti.
Di fronte a questa escalation, in Italia si è fatto a gara tra chi ha affermato che Sarkozy ha imitato le nostre recenti disposizioni sull’immigrazione e chi ritiene che vada emulato più di quanto da noi non si sia ancora fatto. In questo clima, inevitabilmente la memoria ritorna alle leggi razziali adottate in Italia nel novembre 1938 sulla scia di quelle tedesche del 1933, premessa e promessa dell’Olocausto. E viene anche da ricordarsi che quelle leggi non erano solo contro gli ebrei, ma anche contro i Rom, i Sinti, i disabili, gli omosessuali, i comunisti, i polacchi, gli slavi e quanti altri erano considerati indesiderabili. Ma indesiderabili da chi? Da chi, riconoscendosi ariano, si ergeva a razza privilegiata, a cittadino di serie A tanto superiore rispetto a quello di serie B, da poterne decidere il destino sino a disporne della stessa vita.
Dov’è la differenza tra quella stagione dell’umanità europea e quella che si sta vivendo attualmente in Italia e in Francia? Forse c’è, ma è sottile e assai più evidenti e impressionati sono le similitudini. Come ha ricordato anche Linda Crimermois su migrare.eu, stabilire che la cittadinanza possa essere negata ai francesi di origine straniera e non anche, a fronte degli stessi reati, ai francesi indigeni, significa creare una discriminazione tra i cittadini neppure in ragione della loro nascita, bensì in ragione della loro discendenza; significa affermare che le colpe dei padri ricadono sui figli laddove la colpa consiste semplicemente in un dato casuale come il luogo di nascita.
Sfugge a questi campioni della diversità che se Papa Ratzinger fosse nato in Giappone, sarebbe stato scintoista. Sfugge, addirittura, che lo stesso Sarkozy non ha origini francesi ed ha anzi origini gitane, come ha affermato Rudolf Sarkozy, re degli zingari austriaci. E d’altra parte, in un’Italia ormai stabilmente inserita in Europa, che senso ha vagheggiare la padania, le origini celtiche, la festa del Po, se non quella di celebrare una diversità etnica, una razza padana padrona e, quindi, superiore alle altre, anzi, a qualunque altra? Ecco dunque riaffacciarsi in Europa gli spettri delle discriminazioni e delle disuguaglianze che rendono ancora più meritevoli i creatori del 27 gennaio come Giorno della Memoria in ricordo della Shoa.
Quella celebrazione non è per nulla un ferro vecchio del secolo scorso, ma un impegno che deve essere ancora più rafforzato al giorno d’oggi, quando Eppure molti tra i francesi dichiarano che le recenti indicazioni del Governo Sarkozy sulla perdita della cittadinanza e sull’espulsione dei nomadi rispondono ad un’esigenza di sicurezza eccezionale perché eccezionali sono stati i fatti di Villeneuve e di Saint-Aignon in cui le forze dell’ordine sono state pesantemente attaccate da popolazioni di origine straniera. Questi sentimenti rendono evidente che funziona la propaganda che di quegli incidenti ha esaltato l’origine dei manifestanti, anziché l’efferatezza delle reazioni della gente. Un problema di ordine pubblico è stato trasformato in un problema razziale.
Gli osservatori della politica d’Oltralpe hanno segnalato che le nuove indicazioni normative di Sakozy hanno anche l’intento di recuperare quella notevole parte dell’elettorato che si è spostata a destra, su posizioni xenofobe non dissimili da quelle che in Italia ha assunto la Lega Nord, ma proprio la scelta di strumentalizzare a fini politici il razzismo rende il problema ancora più grave per il cinismo che la sottende. Situazione analoga in Italia dove, pur in totale assenza di fenomeni d’ordine pubblico come quelli francesi, nondimeno abbondano amministratori locali e nazionali che si cimentano a chi la spara più grossa contro i diversi i tutti i tipi, stranieri in testa.
Il diffondersi di questi atteggiamenti in quell’Europa a cui si volevano a tutti i costi collegare le origini cristiane, non promette nulla di buono. Si è arrivati al punto che le lezioni di civiltà, tolleranza e accoglienza le impartisce una monarchia assoluta come il Vaticano alla patria dell’illuminismo,alla prop agatrice degli ideali di liberta, uguaglianza e fratellanza, a chi, come la Francia, ha sviluppato più di ogni altra nazione le condizioni delle repubbliche democratiche moderne. Se una crisi economica come quella del 1929 ha potuto ripresentarsi nel terzo millennio, cosa ci autorizza a considerare Auschwitz semplicemente il luogo di una lontana memoria?
di Shukri Said, segretaria e portavoce di Associazione Migrare migrare.eu
Fonte: l'Unità
25 agosto 2010