Le parole per dirla
Bruna Peyrot, Reporter di pace
Le parole di Bruna Peyrot, reporter di pace, sono le sette parole che hanno alimentato sia il Forum che la Marcia per la pace. Sono i “valori in corso”: non violenza, giustizia, libertà, diritti umani, pace, responsabilità, speranza.
Erano scritte ovunque. Erano sviscerate in ogni Laboratorio. Erano i “valori in corso”: non violenza, giustizia, libertà, diritti umani, pace, responsabilità, speranza. A rifletterci un po’ su, si scopre che ognuna contiene l’altra, proprio come le scatole cinesi o una grande matrioska. Se a bruciapelo a chi cammina, o al bar quando con gli amici si prende un caffè o ancora in una pausa da seminario si chiede: ma per te cos’è davvero.. e si cita una delle parole – valori, la risposta è un circolo. Cos’è la libertà? Vivere in pace. Cos’ la responsabilità? Rispettare la giustizia. Cos’è la non violenza? Rispettare i diritti umani.
Queste sette parole hanno alimentato sia il Forum della pace che la Marcia. Nel primo hanno guidato le riflessioni, nella seconda si sono impresse nei corpi perché era per loro che si stava camminando, dentro di loro, con loro. Erano scolpite nei piccoli gesti, negli sguardi lanciati al paesaggio, nella pacca sulle spalle al vicino stanco che voleva fermarsi. Parole diventate quasi dei mantra. Ed è importante che sia così: davvero dobbiamo assumere queste parole come vestiti nuovi, come nuovi abiti in questo vecchio mondo in crisi. Sono parole che ogni epoca, ogni generazione può – deve – impegnarsi a suonare per sé e per la propria epoca, trovarne la musica più adatta al loro quarto d’ora di storia. Non sono parole nuove queste sette sorelle, sono idee – o dee? – antiche. Vengono di lontano.
Sulla non violenza ha detto tutto Aldo Capitini e non si può che incitare giovani e adulti a leggerlo, studiarlo, commentarlo oltre che applicarlo. La giustizia è stata rincorsa nei secoli dalle masse sfruttate, dall’antica Roma con i fratelli Gracchi, in cui era intesa come “dare a ciascuno il suo” e anche prima fino alla richiesta di diritto e rispetto delle rivendicazioni dei movimenti operai dell’ultimo secolo. La libertà forse è una parola nata con l’uomo e con la donna, in ogni civiltà e in ogni parte del globo. Da Aristotele a Marx, la libertà è divenuto un oggetto filosofico e la Rivoluzione francese l’ha coniugata con la fratellanza e l’uguaglianza.
L’elenco dei diritti umani si è ampliato nel corso dei secoli, ha accompagnato lo sviluppo dell’umanità intera fino a raggiungere, nel presente, anche gli animali e la terra. Viviamo, come afferma Norberto Bobbio, “l’età dei diritti” ma ciò non basta a garantirli, pur se tutti ne parlano. Essi hanno senso solo se di volta in volta, di epoca in epoca, di nazione in nazione, di popolo in popolo li realizziamo pienamente nella storia della contingenza. La Pace: non è più un’aspirazione al monastero separato dal mondo, è un modo vivere le relazioni umane, le culture, le rispettive storie , in ultima analisi è star bene nel mondo con tutti. Infine responsabilità e speranza. La prima è un imperativo etico al quale il secolo “breve”, appena passato ha consegnato alcuni buchi neri, come ha dimostrato il processo ad Adolf Eichmann, presso il Tribunale distrettuale di Gerusalemme, nel 1961, lo stesso anno della prima Marcia per la pace. Eichmann dovette rispondere di quindici imputazioni commesse contro gli ebrei, crimini contro l’umanità compiute da un nazista che declinava ogni responsabilità perché aveva come “valore” l’obbedienza ai superiori. Infine, la speranza, che i vocabolari di solito definiscono “ attesa viva e fiduciosa di un bene futuro” , qualcosa di più di un “bene”, è la scommessa che il futuro restituirà più grandi questi valori per cui oggi lottiamo.