Le notti bianche degli innocenti


Stella Prudente - Pubblico giornale


“Ieri c’è stata l’ennesima strage di innocenti, nove piccoli sono finiti sotto le macerie. Se c’è una dimostrazione del fallimento di qualsiasi primavera mediorientale è la guerra continua di Gaza. Sono i corpi di quei bambini che non avranno altre notti bianche”.


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A Gaza ho visto un bambino morire per arma da fuoco. Doveva avere all’incirca sei anni, si era intrufolato fra le maglie di filo spinato che segnano la Philadelphi Route, quel corridoio che marca il confine fra  l’Egitto e Israele nell’estremità sud dell’enclave palestinese. Gli avevano sparato dalla torretta di un checkpoint israeliano, faceva ancora buio poco prima dell’alba e lui portava con sé un sacchetto di frutta, nient’altro. Ma  potevano essere armi. Dovevano avergli urlato qualcosa per fermarlo, lui impaurito aveva tentato di proseguire la fuga. Niente da fare. Con quel bambino passai un paio d’ore, fra ospedale e obitorio. Ero l’unica giornalista straniera a Khan Yunis, i suoi  genitori straziati mi chiesero un atto di testimonianza. Dovevo filmare, fotografare, scrivere ciò che vedevo. Gli rimasi incollata.
Ma non è stata la cosa più scioccante di quella permanenza nella Striscia. Quello che più mi colpì, quell’estate del 2004, quando ebbi la malsana idea di farmi prestare la casa da un’amica cooperante per comprendere più da vicino una realtà di cui scrivevo senza capire, furono le notti dei bambini. Notti bianche. Che è il motivo per cui a Gaza girare a piedi non fa mai paura nemmeno molto tardi o dove l’illuminazione è carente. C’è sempre qualche ragazzino che gioca a palla, gira in monopattino o chiacchiera per le scale. Sempre. I bambini non dormono, mi spiegarono i medici, perché il sorvolo costante dei caccia israeliani e gli spari – in giro ci sono armi ovunque – li mettono inconsciamente in stato di allerta. Ci sono studi e indagini dell’Onu a dimostrarlo. Tornai a Gaza per poche ore durante Piombo Fuso, alla fine del 2008, la situazione era identica. Bambini per le strade, gli occhi impauriti e i corpi sempre più esili per la fame.
Ieri c’è stata l’ennesima strage di innocenti. Nove piccoli sono finiti sotto le macerie, stritolati da una guerra in cui sono nati e probabilmente i loro genitori moriranno. L’assedio via terra, cielo e mare di questa Palestina sembra diventato l’unico strumento nelle mani di Israele per assicurarsi il diritto all’esistenza con l’Egitto ormai governato dai “fratelli musulmani” di Hamas, la Siria nel caos e il fantasma nucleare iraniano. Lo stato ebraico è isolato. La Turchia di Erdogan gli ha voltato le spalle da tempo (e più precisamente dall’arrembaggio alla nave turca Mavi Marmara nel 2010). Gli americani hanno rieletto Obama  che, visto da Tel Aviv, continua a passare come un amico degli arabi e dei musulmani. Se c’è una dimostrazione del fallimento di qualsiasi primavera mediorientale è la guerra continua di Gaza. Sono i corpi di quei bambini che non avranno altre notti bianche.

Fonte: Pubblico giornale
19 novembre 2012

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