Le interviste della Marcia: il lavoro come diritto


La redazione della Marcia


I cassintegrati della Merloni: ridateci il nostro futuro!


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Le interviste della Marcia: il lavoro come diritto

Più passa in tempo e più la situazione si fa pesante per i cassintegrati dell’Antonio Merloni allo stabilimento di Colle di Nocera. Nadia Mirti, una delle prime lavoratrici donne in un’azienda ancora a prevalenza maschile, ha visto andare in frantumi il proprio sogno di lavoratrice, di indipendenza economica e di realizzazione professionale. Di questi giorni la notizia della proroga dell’amministrazione straordinaria ancora per un anno, come si vive da cassintegrati?

Nella più totale incertezza. La mancanza di identità e le ripercussioni in termini di dignità, che scaturiscono dallo svolgere una professione, si abbatte come una tempesta sulla vita di ogni lavoratore e, inevitabilmente, sulla propria famiglia. A rimetterci la stabilità economica. Ripercussioni incisive e sferzanti sono anche in termini di tranquillità psicologica e di equilibrio domestico. Si tratta, in alcuni casi, anche di futuri spezzati per le nuove generazioni: alcuni figli di colleghi cassintegrati non hanno potuto proseguire gli studi universitari a causa dell’incertezza economica che attanaglia i propri genitori. Smettendo di studiare, sono andati a nutrire le file dei disoccupati agli uffici di collocamento. Reagire e cercare un nuovo lavoro? La cassa integrazione ci garantisce un minimo di sostentamento e ci permette di rimanere attaccati ad un sogno, quello di riprendere a lavorare. Lavorare alla Merloni, fino a poco tempo fa, significava essere occupati in un’attività quasi parastatale. Per gli over 40, come me, non avendo maturato specifiche professionalità, le possibilità di lavoro soprattutto nel nostro territorio sono pressoché nulle: nessuno risponde ai curricula inviati e ciò che viene offerto sono solo contratti atipici per pochi mesi. Come siete visti dalla società?

Quello che fa male è che la società ci vede come dei falliti, come un problema sociale, come cittadini di seconda classe. Noi percepiamo un’entrata senza lavorare. Quello che vorrei ricordare a tutti è che noi vorremo tornare a lavorare, a produrre e a contribuire a rilanciare la nostra regione. Vorremo tornare alla nostra vita, che ci è stata strappata. A respirare questo clima non siete da soli…

Infatti. I nostri figli hanno imparato da piccoli cosa voglia dire perdere il lavoro e vivere nella precarietà. Il mercato del lavoro che li vede come un problema, cerca di escludere anche i propri genitori. La sfiducia verso la società ci accompagna nel nostro dramma.

Cosa chiedete alle istituzioni?

Alle istituzioni chiediamo di trovare al più presto un imprenditore che sappia rilanciare la produzione dello stabilimento di Colle di Nocera anche attraverso un processo di innovamento e di sviluppo. Riguardo alla questione dell’Irpef e al doppio Cud, uno per la cassa integrazione e uno per la manciata di giornate di lavoro che ci permettono di fare, chiediamo di sospendere e prorogare il pagamento dell’imposta per i lavoratori cassintegrati della Merloni sulla falsa riga di quello che è stato fatto in occasione del terremoto in Umbria, ma anche sperimentato in altre regioni.

Perugia

15 maggio 2010 


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