Le guerre non guerre
Ennio Remondino
Cosa è una guerra? Oggi potremmo parlare di petrolio o di “sicurezza”, la sicurezza di chi la guerra la decide. Persino di democrazia: sempre la “loro” forma di democrazia. L’atto di preda è considerato episodio da cronaca nera
Attorno alla parola Guerra e ai suoi strumenti, ruota il principale e più micidiale equivoco dell’umanità. Che cos’è una guerra? Quand’è che lo scontro tra gruppi armati ha diritto al titolo ufficiale di guerra? “Guerra: scontro armato fra eserciti di due o più Stati”. Sarebbero dunque gli Stati a fare la guerra. Fosse per il Devoto e Oli e lo Zingarelli, l’ultima “Guerra vera” sarebbe quella mondiale, la seconda. Dal 1945 in poi, nessuno Stato ha dichiarato ufficialmente guerra ad un altro Stato, eppure da allora abbiamo avuto centinaia di guerre. Le ho contate, e sono state 160. Guerre che stando al vocabolario non possono essere chiamate guerre, ma che hanno prodotto decine di milioni di morti, di feriti, di mutilati e di profughi. Anche ciò che sta accadendo a Gaza è una guerra-non-guerra condotta da uno Stato contro un non-stato. Fosse che anche le vittime di quelle “Guerre non guerre”, siano “Morti non morti”?
Stando al vocabolario e alla diplomazia internazionale, quelle di Corea e del Vietnam non sono state guerre. Come non è stata guerra l’intervento militare della Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, nel 1991 contro l’Iraq che aveva invaso il Kuwait, o i bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia, nel 1999, o l’intervento americano del 2001- 2002 in Afghanistan, e l’azione armata angloamericana nuovamente in Iraq nel 2003. Se quelle guerre non si possono chiamare guerre, un trucco deve esserci. Giochi di prestigio con le parole. Con la scusa di trovare sinonimi alla parola guerra ho scritto di “conflitto”, “intervento militare”, “bombardamenti”, “azione armata” dell’uno contro l’altro, e su quelle guerre vi ho già propinato una versione tutta mia. Le Guerre Ufficiali e quelle che non hanno diritto al titolo, realizzano in ogni caso sempre lo stesso prodotto: morte e distruzioni.
A fare la differenza non è neppure il numero della gente che si ammazza. Dall’antichità sappiamo di guerre tra piccolissimi eserciti o affidate alla sfida di pochi “campioni” e sappiamo anche d’assalti di predoni con migliaia di protagonisti. La differenza fra una Guerra Ufficiale e la violenza di bande armate non è dunque legata alle dimensioni. Saranno le ragioni dell’uso della forza a fare la differenza? Il predone cerca il bottino, mentre gli eserciti cosa cercano? Le legioni romane e prima di loro gli eserciti greci, persiani o egiziani imponevano ai popoli vinti la loro supremazia, la loro lingua e le loro regole. Oggi potremmo parlare di petrolio o di “sicurezza”, la sicurezza di chi la guerra la decide. Persino di democrazia: sempre la “loro” forma di democrazia. L’atto di preda è considerato episodio da cronaca nera. La violenza meglio organizzata, quella che mette in riga i suoi protagonisti armati dietro qualche buona ragione e una bandiera, è considerata invece dramma di cui scrivere e attraverso cui “fare la storia”. La cronaca finisce sul giornale ed il giorno dopo incarta l’insalata, la Storia che è scritta sui libri spesso incarta la verità. La guerra che non ottiene una cronaca onesta nei confronti di chi la subisce, finisce per svilire chi la fa e riesce persino a condizionarne il racconto. Esattamente come la guerra-non-guerra di Gaza.
Fonte: Articolo21 e Dnews
gennaio 2009