Le donne di Gaza raccontano 10 anni di embargo e 50 di occupazione


Redattore Sociale


Si chiama “Dieci letture di un decennio bloccato” la mostra realizzata da Azione contro la fame per raccontare la vita nella Striscia durante l’embargo, concentrandosi sulle capofamiglia donne. Oggi a Gaza quasi la metà delle famiglie soffre di insicurezza alimentare


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donne-Gaza

GAZA – Amira ha un negozio di alimentari, come Ibitsam, madre di 10 figli ma che ne ha visti morire 4 per cancro, meningite e asma. Eman è una fotografa. Asbita e sua suocera Wedad allevano pecore. Sono solo alcune delle protagoniste di “Dieci letture di un decennio bloccato” (Ten Readings of a Blocked Decade), mostra itinerante che viaggerà da Gaza a Gerusalemme e poi a Bruxelles per mostrare la vita delle donne di Gaza dopo 10 anni di embargo via terra, aria e mare. Si sono lasciate ritrarre dal fotografo palestinese Wissam Nassar e hanno raccontato le loro storie per “aumentare la consapevolezza a livello internazionale dell’impatto del blocco e della guerra sulla vita quotidiana dei civili”. La mostra è stata realizzata da Azione contro la fame, organizzazione umanitaria internazionale che, da quasi 50 anni, combatte cause e conseguenze della malnutrizione in 47 Paesi.
Le 10 protagoniste della mostra fanno parte delle 160 donne che hanno ricevuto il supporto di Azione contro la fame per ricostruire le loro imprese, danneggiate o distrutte. “Sono tutte capofamiglia. Alcune di loro hanno perso la casa e il lavoro durante tutte le tre guerre – 2009, 2012, 2014 – e sono state sfollate tre volte – spiega Elena Dikomitis, responsabile Advocacy di Azione contro la fame per gli Opt (i territori palestinesi occupati) –. C’è chi ha perso marito, figli, nipoti, spesso colpiti da disturbi da stress post-traumatico: almeno 790 sono rimaste vedove solo durante l’ultimo conflitto. Altre sono doppiamente vittime: i matrimoni precoci e la violenza di genere sono molto diffuse nella Striscia di Gaza”.

In mostra, i primi piani scuri delle donne in contrasto con le immagini colorate delle loro attività: saloni da parrucchiera, piccoli mercati, allevamento di conigli. C’è anche lo studio fotografico di Eman, mamma di due bambine. La sua casa ha le finestre rotte, coperte di fogli si plastica: “Ora non possiamo permetterci di ripararla – ha raccontato agli operatori di Azione contro la fame –. Avevamo uno studio fotografico in famiglia: ho cominciato a 14 anni, scattavo foto ai matrimoni. Prima di avere la mia attrezzatura, spendevo quasi tutto il mio profitto per noleggiarla”. Con l’aiuto di Azione contro la Fame, ha acquistato la propria macchina fotografica e ora guadagna circa 5-6 volte di più di prima. In famiglia è lei l’unica ad avere un reddito: il marito per motivi medici non può lavorare e ha bisogno di assistenza medica continua. La figlia maggiore soffre dalla nascita di problemi all’orecchio, e tutto il sussidio mensile del Ministero degli affari sociali va in medicine. I ricordi dell’ultima guerra sono freschi: “Potevamo appena pagare le nostre bollette. Non potevamo permetterci di cucinare con il gas e usavamo pezzi di panno al posto dei pannolini. Rinunciavo alle mie razioni di cibo pur di dar da mangiare alle mie figlie e a mio marito”. Oggi insegna le basi della fotografia alle ragazze che fotografa ai matrimoni.
Giugno 2017 non segnerà solo i 10 anni d’embargo, ma anche i 50 di occupazione del territorio palestinese.A oggi, l’80 per cento degli abitanti da Gaza dipende da aiuti esteri; con l’embargo il Pil si è dimezzato; il 40 per cento della popolazione riceve acqua solo due volte a settimana; quasi la metà delle famiglie della Striscia soffre di un’insicurezza alimentare che varia da moderata a grave e il 42 per cento della popolazione è disoccupata. Le donne che hanno beneficiato di questo progetto provengono dai governatorati di Rafah e Deir Al Balah, identificati come le aree con il tasso di insicurezza più elevato a Gaza. Attraverso corsi di formazione manageriali e sviluppo di business plan, le beneficiarie sono riuscite a rilanciare la loro attività persa o danneggiata, imparando contemporaneamente a progettare in anticipo. Nel piano industriale di ciascuna, le priorità sono state individuate in tre fasi: un periodo di stabilimento iniziale di 3 mesi, uno di stabilizzazione di 12 mesi e uno di consolidamento di 2 anni. “Il mio momento preferito? Il corso di formazione: ho incontrato tutti i tipi di donne lì. Abbiamo anche parlato di molti problemi personali, oltre che a condividere idee di lavoro: è stato bellissimo”, sorride Amira. (Ambra Notari)

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