Le chiacchiere uccidono come e più delle armi
L’Osservatore Romano
«È necessario un gesto di conversione nostro. Le chiacchiere sempre vanno su questa dimensione della criminalità». L’omelia del Pontefice nella messa celebrata nella cappella di Santa Marta.
Le chiacchiere uccidono come e più delle armi. Su questo concetto Papa Francesco è tornato a parlare questa mattina, venerdì 13 settembre, nella messa celebrata nella cappella di Santa Marta. Commentando le letture del giorno, tratte dalla lettera a Timoteo (1, 1-2.12-14) e dal Vangelo di Luca (6, 39-42), il Pontefice ha posto in evidenza come il Signore, dopo aver proposto nei giorni scorsi atteggiamenti quali la mitezza, l’umiltà e la magnanimità, «oggi ci parla del contrario», ovvero di un «atteggiamento odioso verso il prossimo», quello che si ha quando si diventa «giudici del fratello».
Papa Francesco ha ricordato l’episodio evangelico nel quale Gesù rimprovera colui che pretende di togliere la pagliuzza dall’occhio dell’altro senza vedere la trave che è nel suo. Questo comportamento, il sentirsi perfetti e quindi in grado di giudicare i difetti degli altri, è contrario alla mansuetudine, all’umiltà di cui parla il Signore, «a quella luce che è tanto bella e che è nel perdonare». Gesù, ha evidenziato il Santo Padre, usa «una parola forte: ipocrita». E ha sottolineato: «Quelli che vivono giudicando il prossimo, parlando male del prossimo sono ipocriti. Perché non hanno la forza, il coraggio di guardare ai propri difetti. Il Signore non dice su questo tante parole. Poi, più avanti dirà: colui che ha nel suo cuore l’odio contro il fratello è un omicida. Lo dirà. Anche l’apostolo Giovanni lo dice molto chiaramente nella sua prima lettera: chi odia il fratello cammina nelle tenebre. Chi giudica suo fratello è un omicida». Dunque, ha aggiunto, «ogni volta che giudichiamo i nostri fratelli nel nostro cuore, o peggio quando ne parliamo con gli altri, siamo cristiani omicidi». E questo «non lo dico io, ma lo dice il Signore», ha precisato aggiungendo che «su questo punto non c’è posto per le sfumature: se parli male del fratello uccidi il fratello. E ogni volta che facciamo questo imitiamo il gesto di Caino, il primo omicida».
Ricordando quanto in questi giorni si parli delle guerre che nel mondo provocano vittime, soprattutto tra i bambini e costringono molti a fuggire in cerca di un rifugio, Papa Francesco si è chiesto come sia possibile pensare di avere «il diritto di uccidere» parlando male degli altri, di scatenare «questa guerra quotidiana delle chiacchiere». Infatti, ha detto, «le maldicenze vanno sempre nella direzione della criminalità. Non ci sono maldicenze innocenti. E questo è Vangelo puro». Dunque «in questo tempo che chiediamo tanto la pace è necessario forse un gesto di conversione». E ai “no” contro ogni tipo di arma diciamo «no anche a questa arma» che è la maldicenza perché «è mortale». Citando l’apostolo Giacomo il Papa ha ricordato che la lingua «è per lodare Dio». Ma, ha aggiunto, «quando usiamo la lingua per parlare male del fratello e della sorella la usiamo per uccidere Dio» perché l’immagine di Dio è nel nostro fratello, nella nostra sorella; distruggiamo «quella immagine di Dio».
E c’è anche chi, ha ricordato il Santo Padre, tenta di giustificare tutto questo dicendo «se la merita». A queste persone il Papa ha rivolto un invito preciso: «Vai e prega per lui. Vai e fai penitenza per lei. E poi, se necessario, parla a quella persona che può rimediare al problema. Ma non dirlo a tutti». Paolo, ha aggiunto il Pontefice, «è stato un peccatore forte. E dice di se stesso: prima ero un peccatore, un bestemmiatore, un violento. Ma mi è stata usata misericordia. Forse nessuno di noi bestemmia, forse. Ma se qualcuno di noi spettegola certamente è un persecutore e un violento».
Il Pontefice ha concluso invocando «per noi, per la Chiesa tutta, la grazia, della conversione della criminalità, delle maldicenze nell’umiltà, nella mitezza, nella mansuetudine, nella magnanimità dell’amore verso il prossimo».
Fonte: L’Osservatore Romano
14 settembre 2013