L’acqua che non c’è… un sindaco Tuareg racconta
Misna
A soli 32 anni Alkassoum Djadah è forse il più giovane sindaco del Niger. Eletto sette mesi fa, è alle prime armi in politica ed è la prima volta che viaggia fuori dal suo paese.
“Non so esattamente come poter incontrare potenziali partner, ci hanno indicato alcuni stand, ma provo a parlare con più gente possibile. Forse qualcosa uscirà dall’incontro organizzato dal sindaco di Marsiglia con tutti i rappresentanti delle collettività locali. Non posso tornare a mani vuote: la mia gente ad Azagor attende il mio ritorno con aspettative, anzi, con soluzioni ai nostri problemi di acqua”.
La MISNA incontra Djadah in uno dei viali del Parc Chanot, dove si svolge questa settimana il VI Forum mondiale dell’acqua. Il turbante bianco lo rende inconfondibile. E’ un tuareg, esponente della vasta comunità nomade sparsa nella fascia del Sahara, in particolare in Niger e in Mali. Eletto nelle fila del Partito nigerino per la democrazia e il socialismo (Pnds, al potere) il giovane sindaco di Azagor, un comune di 14.000 abitanti nella regione meridionale di Maradi, gode del nuovo impulso dato al governo di Niamey dal primo ministro, un tuareg del nord, Rafini Brigi. Djadah si trova al Forum con una delegazione di altri sei sindaci in rappresentanza dell’Associazione delle municipalità del Niger (Amn). Il presidente della Repubblica nigerina, Mahamadou Issoufou, è uno degli ospiti d’onore dell’appuntamento marsigliese.
Viene naturale andare a sederci in una delle tende allestite nello spazio “Terre aride e oasi” ideato dall’associazione ‘Cari’, un’Ong francese che porta avanti progetti di sviluppo in regioni del Maghreb e del Sahel. E’ la prima volta che il Forum mondiale dell’acqua lascia spazio alla società civile e, anche se la ”tendopoli nel deserto” è collocata in un punto un po’ nascosto della fiera, la sua presenza segna un passo avanti importante nella speranza di un nuovo approccio decisionale nelle politiche globali.
“Il nostro problema non è la mancanza di acqua potabile. E’ la mancanza di acqua” spiega il sindaco alla MISNA. Non piove, non ci sono fiumi, l’unico modo per avere acqua è scavare pozzi fino alle falde sotterranee. “Ma non è un lavoro semplice, non tutti sono in grado di farlo, ed è anche costoso”. I pozzi tradizionali – ce ne sono una decina nell’area di Azagor – non offrono alcuna barriera contro eventuali infestazioni. Persone e animali bevono la stessa acqua. Il comune dispone inoltre di 22 pozzi di cemento, costruiti dallo Stato con l’aiuto di partner esterni. “E’ quest’acqua, quella dei pozzi cementati, che noi chiamiamo acqua ‘potabile’, perché grazie ai contorni di cemento entra meno sporcizia” dice il rappresentante locale con un misto di ironia e serietà . Ma non finisce qui: per tirare l’acqua in superficie serve la forza di un asino o di un cammello, e per coloro che vivono fuori città, quella delle gambe per camminare chilometri.
“Non riusciamo a capire come sia possibile nel XXI secolo non avere acqua potabile a disposizione. Persino laddove grandi multinazionali estraggono risorse con cui guadagnano miliardi, come nel caso del Niger il colosso francese dell’uranio Areva, manca l’acqua per le popolazioni locali. E’ una grande ingiustizia. Come tutti abbiamo diritto all’acqua”. Al Forum di Marsiglia il sindaco ha sentito dichiarazioni “rassicuranti” ma “troppo teorici: servono azioni, adesso. Non sono venuto fin qui per sentire discorsi, ma per trovare persone, organizzazioni, che aiutino il mio comune ad avere acqua” insiste Djadah.
Il bilancio annuale di 27 milioni di franchi Cfa di cui dispone (circa 41.000 euro) lascia poco margine di manovra al sindaco di Azagor. Costruire un pozzo cementato può costare circa un quarto di quella somma. Inoltre quest’anno i cattivi raccolti preannunciano una situazione alimentare difficile. “Il prezzo dell’unità di miglio rispetto all’anno scorso è già più che raddoppiato. Per contenere i costi alle famiglie lo Stato ha istaurato sovvenzioni, tuttavia si pone adesso il problema della reperibilità del cibo”. Sotto le tende del deserto, si aspettano tempi duri.
Fonte: http://www.misna.org/
14 Marzo 2012