È partita la raccolta di firme per il referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Un bene comune essenziale per la vita di ogni essere vivente. “La sacralità dell’acqua è da sempre sinonimo di vita” ha ribadito Alex Zanotelli, missionario comboniano e direttore di Mosaico di pace, da sempre impegnato nella battaglia contro la privatizzazione dell’acqua. “Anche in prospettiva di risorse idriche che andranno sempre più scarseggiando, è vitale intraprendere una rivoluzione culturale, etica e morale nella gestione di un bene inalienabile e comune” ha detto il missionario che avverte: “a lungo termine, di questo passo interi gruppi sociali più poveri e vulnerabili verranno privati dall’accesso all’acqua potabile, che diventerà troppo costosa e non avranno più i mezzi per comprarsela!”.
Per questo non possiamo far mancare la nostra firma e cercare il modo di contribuire a questa campagna di civiltà che mette al primo posto la salvaguardia di un diritto di tutti e non il profitto di alcuni. Ciascuno cerchi nel proprio comune dove è possibile firmare e se nessuno ha intrapreso l’iniziativa, ci si attivi. Abbiamo tre mesi di tempo per raccogliere 500mila firme. Istruzioni per l’uso:
http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/
L’acqua è pubblica. Lo afferma la Costituzione. Al via i referendum
Ylenia Di Matteo
L’acqua, come il paesaggio, l’ambiente, la salute, sono beni comuni, direttamente tutelati dalla Costituzione, e l’interesse alla conservazione e alla fruizione di tali beni non può essere di pochi per pochi.
E’ partita ieri, in tutta Italia, la raccolta firme per i 3 referendum per l’acqua pubblica, promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, costituito da numerose realtà della società civile, associazioni ambientaliste, comitati territoriali. Obbiettivo comune: fermare la privatizzazione dell’acqua.
Il Decreto Ronchi del novembre 2009 infatti prevede che la gestione dei servizi pubblici locali sia conferita "in via ordinaria" attraverso gare pubbliche e la gestione in house consentita soltanto in deroga e «per situazioni eccezionali». Questa formulazione, secondo le opposizioni, apre la strada alle privatizzazioni, non rendendo più i Comuni i soggetti pubblici territoriali responsabili dei beni comuni, ma proprietari in una logica di interessi privati.
Tre i quesiti.
Il primo propone l’abrogazione dell’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008 così come modificato dal recente Decreto che impone ai comuni la messa a gara della gestione delle risorse idriche;
il secondo l’abrogazione dell’articolo 150 del Decreto Legislativo n. 152/2006 per impedire il ricorso alla gare e all’affidamento delle gestione del servizio idrico a società di capitali favorendo la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali.
Il terzo propone l’abrogazione dell’articolo 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 limitatamente alla quota del 7% di remunerazione del capitale investito, eliminando la possibilità di fare di fare profitti sull’acqua. Che non è una merce, ma un diritto di tutti.
“Riguardo al diritto all’acqua, si deve sottolineare anche che si tratta di un diritto che ha un proprio fondamento nella dignità umana. Da questa prospettiva bisogna esaminare attentamente gli atteggiamenti di coloro che considerano e trattano l’acqua unicamente come bene economico.”
Non sono affermazioni di un esponente politico dell’opposizione o di uno dei promotori dei quesiti referendari. Il monito è di Papa Benedetto XVI…
E’ vero che la gestione pubblica dell’acqua ha mostrato negli anni numerosi limiti, strutturali, legati al difficile rapporto tra territorio e burocrazia. E’ vero circa la scarsità di investimenti e la penuria di manutenzione della rete idrica. Di qualche giorno fa la notizia della presenza, nelle tubazioni dell’acqua potabile, di sostanze tossiche tollerate dagli adulti ma pericolose per neonati e ragazzi nell’età dello sviluppo.
Consegnandola ai privati non vi è certezza che la situazione migliori, ma si corre il rischio di vedere aumentate le tariffe e diminuiti gli investimenti, una scelta pagata a caro prezzo dalle classi deboli.
L’acqua, come il paesaggio, l’ambiente, la salute, sono beni comuni, direttamente tutelati dalla Costituzione (artt. 9 e 32), e l’interesse alla conservazione e alla fruizione di tali beni non può essere di pochi per pochi.
Fonte: Articolo 21
25 aprile 2010
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L’acqua non si vende