La vertigine della guerra


Piero Piraccini


Premessa necessaria ancorché ormai stucchevole: Putin invadendo l’Ucraina e stracciando i principi del diritto internazionale ha compiuto un atto criminale. Corollario a questa premessa, la domanda rivolta all’allora premier D’Alema, quando Putin era vezzeggiato da chi ora lo descrive come un mostro: perché la Nato bombarda la Serbia di Milosevic per il Kosovo e non […]


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Premessa necessaria ancorché ormai stucchevole: Putin invadendo l’Ucraina e stracciando i principi del diritto internazionale ha compiuto un atto criminale.

Corollario a questa premessa, la domanda rivolta all’allora premier D’Alema, quando Putin era vezzeggiato da chi ora lo descrive come un mostro: perché la Nato bombarda la Serbia di Milosevic per il Kosovo e non proferisce parola nei confronti della Russia di Putin che bombarda la Cecenia (morti a migliaia, compresi i figli delle due donne ospitate a Cesena, i cui resti furono raccolti in un secchio)? Semplice la risposta: perché la Russia ha la bomba atomica!

Ciò premesso, a fronte della guerra in Ucraina e del moderno dottor Stranamore, il Segretario generale della Nato che ha nome Stoltenberg (e mai nome fu più indicativo) e che ha fatto proprio il sottotitolo dell’omonimo film: “come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”, è bene rammentare l’intervista rilasciata alcuni mesi fa da David Arakhamila, capodelegazione ucraino in Turchia nell’incontro con la delegazione russa, a pochi giorni dall’inizio dell’invasione: “Putin era pronto a porre fine alla guerra se avessimo concordato la neutralità e ci fossimo impegnati a non entrare nella Nato”.

La bozza dell’accordo firmato, pubblicato ora dal Ministero degli esteri USA, riporta come garanti i membri del Consiglio di Sicurezza dell‘ONU e altri stati, Italia compresa, i quali in caso di attacco “sarebbero obbligati, previa consultazione con l’Ucraina, a fornirle assistenza per ripristinarne la sicurezza”. Washington e Londra, cioè Biden e Johnson, posero il veto: la Russia doveva essere sconfitta col sostegno finanziario, militare e d’intelligence di USA, Gb, Ue e di altri Paesi occidentali. Questo veto ha trasformato una guerra di resistenza legittima a un’aggressione, ad un’alleanza di 30 Stati contro la Russia mediante il sangue degli ucraini.

Ci si chiede che fare a fronte delle bombe russe e dell’impossibilità di trattative: è bene prendere atto sia delle parole di Arakhamila sia del fatto che la strategia finora attuata (più armi all’Ucraina) è stata fallimentare e, se protratta, oltre a altri lutti non si può escludere l’estensione della guerra all’intera Europa. La presidente della Commissione Von Der Leyen ha detto che la guerra non è imminente, ma non è impossibile e che occorre spendere di più in armi e “fare come con i vaccini”, equiparando in modo blasfemo la cura della nostra vulnerabilità con le armi, indice di una società che si appresta a essere perennemente in guerra.

Eppure il trattato istitutivo dell’Europa dichiara che “Nelle sue relazioni con il resto del mondo, l’Unione contribuirà alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della terra, alla solidarietà e al mutuo rispetto tra i popoli”. Concetti buttati nella pattumiera della storia poiché fondi del Pnrr che dovevano servire per rilanciare l’economia dopo la pandemia del Covid, sono usati a favore delle industrie belliche al posto della riconversione ecologica, e poiché nessun segnale di sapienza politica è all’orizzonte se non quello di armarsi fino ai denti.

Questa, e non solo questa, è figlia di un’epoca in cui una politica assente non sa che cosa dire né cosa fare. In questo vuoto è come se non ci fosse nessuna alternativa credibile alla risorsa assolutizzata delle armi. La distruzione e l’autodistruzione, come destino cui è dolce abbandonarsi, arrendendosi a una corrente che appare l’ineluttabile corso del mondo. E chi prova a immaginare forme alternative di sostegno alle vittime, diventa fautore della resa e amico del macellaio.

Come se nella vertigine della guerra non ci fosse un’alternativa credibile alle armi, né diplomazia, né mobilitazione alcuna (Marco Revelli). Unico obiettivo: una politica in grado di rifare un’Unione Europea fedele ai suoi originali principi. Unica speranza: che siano eletti in gran numero quelli che volendo la pace preparano la pace.

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